“E’ ormai certo che – sostiene lo studioso agrigentino Anselmo Prado – sul finire del secondo millennio a.C., in Sicilia esistevano numerosi centri di cultura preistorica. Alla venuta degli Elleni nell’ottavo secolo a.C. l’Isola era popolata da due stirpi: Siculi e Sicani. La vita nell’età preistorica, nel territorio agrigentino, è rappresentata dall’esistenza di numerosi centri di cultura preistorica.
Infatti i copiosi villaggi, sparsi nel territorio della provincia di Agrigento, testimoniano che per lunghi anni, senza il concorso dall’esterno, si sviluppò un’intensa civiltà nei millenni II° e I° a.C., mentre, come è ormai accertato, l’immigrazione esterna, ad opera di coloni della Grecia continentale, ebbe inizio nei primi anni dell’ottavo secolo a.C.
I centri di cultura preistorica più rappresentativi nel territorio agrigentino sono: Agrigento (Rupe Atenea>, Serraferlicchio, Tempio dei Dioscuri, Cannatello e Monserrato), Raffadali (Busonè e Pietra Rossa), Ioppolo Giancaxio, Montaperto, Siculiana, Monte Sara, Caldare, Favara, Grotte, Cattolica Eraclea, Licata, Campobello di Licata, Naro, Racalmuto, Palma di Montechiaro, Cammarata, Comitini e Sant’Angelo Muxaro, dove molti insigni archeologi hanno voluto ubicare la Camico di Cocalo. Nei villaggi preistorici sopra elencati ancor oggi esistono i resti di capanne, di tombe a tholos, di santuari e di grotte” (Anselmo Prado, Agrigento. Testimonianze antiche).
Rileva lo studioso E. De Miro che nel territorio agrigentino si colgono i segni di una influenza micenea sensibile e duratura.
Nell’architettura funeraria e nella produzione artigianale si hanno forme di chiara impronta micenea. Non conosciamo, è vero, fabbriche locali di ceramiche micenee; ma per quanto riguarda l’influenza micenea sulla ceramica indigena nella tarda età del bronzo, per recenti ritrovamenti oggi conosciamo anche nel territorio agrigentino la “teiera” e la “hydria” quadriansata; esse, come è noto, sono forme di indubbia, netta derivazione micenea.
Di derivazione micenea sono i bronzi (bacili e grandi daghe di forma larga e a punta arrotondata) della tomba di Caldare (a pochi chilometri a nord di Agrigento), da collocare al termine della media età del bronzo; e i bronzi (daghe) di Cannatello, stazione della tarda età del bronzo vicinissima a quella che sarà l’area della città di Akragas: e non è senza significato che a Cannatello si sia ritrovato qualche elemento di indubbia importanza, in questo senso, come i pani di rame premonetali egeo-cretesi e un frammento di vaso miceneo.
Un diffuso gusto “miceneo” ha inciso a lungo nelle categorie artistiche locali, anche nel periodo della colonizzazione greca, in simbiosi con nuovi apporti egeo-cretesi.
PERIODO ENEOLITICO – Serraferlicchio
Il villaggio era posto su una cresta calcarea lunga circa 1 Km. e stretta poche centinaia di metri, a pochi chilometri dalla città al di sopra della stazione ferroviaria di Agrigento bassa. Gli scavi misero in luce le tracce di un villaggio di capanne ovali con battuti in pietra e focolari centrali. In un caso, all'interno della capanna, si rinvenne un cranio umano, indiziando forse la pratica della sepoltura domestica dei defunti, di ispirazione orientale. Ma, dato che la necropoli del villaggio, costituita da tombe a forno, si trova nel pendio orientale della collina, è difficile attribuire al rinvenimento del cranio nella capanna un valore preciso. Oltre alle capanne si evidenziò la presenza di una galleria naturale che conteneva numerosi frammenti ceramici dando l'idea di uno scarico naturale del villaggio.
BRONZO ANTICO – Tempio di Zeus, Rupe Atenea, Monserrato.
A circa 12 metri dall'angolo SE del tempio di <#Giove Olimpico##ar_a\giove#>, durante alcuni scavi effettuati nel 1922, apparve il fondo di una capanna preistorica, irregolarmente rotonda incavata nella roccia calcarea.
Ad essa si riferisce la necropoli scavata sui fianchi della rupe Atenea. Questa capanna (che non dovette certo essere sola, ma che sola probabilmente, e per miracolo si è conservata), è da porre in raffronto diretto con il villaggio di Cannatello; essa, infatti, costituisce un anello della catena di villaggi siculi che potremmo chiamare litoranei, sorgendo sulla estrema linea di colline prima delle rive del mare Africano. Una necropoli, sempre di questo periodo, è stata inoltre scoperta, oramai da molti decenni, lungo le pendici occidentali di Monserrato, località a pochi chilometri ad ovest da Agrigento.
TARDA ETA’ DEL BRONZO – Cannatello
Uno dei centri più importanti e meglio conosciuti della zona, si trova in località Cannatello (dall'omonimo torrente, nei pressi della foce del fiume Naro). L'archeologo Rizzo in una villa di un feudo in località Cannatello, sopra una superficie di circa 100 metri quadrati rinvenne otto capanne, che conservavano ancora armi e vasi preistorici.
In un campo poco distante un altro ricercatore, il prof. Angelo Mosso trovò nel 1907 altre capanne e una piazza circolare selciata del diametro di 60 metri. Nella stessa area vennero scoperti due vasi, una scodella e altri frammenti. Mosso scoprì inoltre una strada preistorica, incassata in grandi pietre verticali e che è una delle più antiche strade preistoriche rinvenute in Italia.
Il ritrovamento di diversi oggetti di ceramica, armi di pietra, tavole di libazione, corna votive hanno fatto pensare all'esistenza di un santuario sicano. Osserva il ricercatore Sebastiano Tusa che il villaggio era formato da varie parti, apparentemente distinte fra loro. Il nucleo più definito era uno spazio circolare perfettamente livellato e selciato con una massicciata, probabilmente circondato da una palizzata. All'interno della spianata vi erano sei capanne, fra le quali spicca quella centrale, sia per la forma che per le dimensioni.
Era, infatti, a differenza delle altre, quadrangolare, e il suo pavimento era finemente intonacato ed accuratamente preparato su uno strato di argilla giallognola. Sulla base dei bronzi ritrovati nel villaggio questo si data intorno al X-IX secolo a.C.
Ma certamente ancora più rilevanti sono state le scoperte che in località Cannatello sono state fatte di recente dalla campagna di scavi effettuata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento in collaborazione con la cattedra di Archeologia dell'Università di Messina e condotta dagli archeologi Alesandro Vanzetti, Sara Levi, Santina Sturiale. Otto anni (1990-1998) di appassionanti scavi e studi hanno portato alla luce un emporio, con molte tracce di depositi di vasi utilizzati soprattutto per contenere olio. Si tratta probabilmente del settore più importante di un villaggio del Medio bronzo, che reca evidenti tracce della presenza micenea nella zona.
E' venuta così alla luce una struttura circolare per un diametro di 80 metri, caratterizzata dalla presenza di diverse capanne circolari e rettangolari con resti di muri di pietre a secco, acciottolato e piattaforme di lavorazione. Una delle capanne era probabilmente la residenza di un dignitario, religioso o politico. In un'altra capanna si trova una fossa, adibita probabilmente a braciere e che si pensa abbia avuto funzione rituale-religiosa.
La ceramica trovata attraverso questi recenti scavi a Cannatello risale, secondo gli studiosi, ad un periodo compreso tra il XIV e il XIII secolo a.C. e sembra importato dall'isola di Cipro. Fra le forme ciproiote gli archeologi hanno segnalato in particolare tazze emisferiche, ceramica buccheroide striglata e incisa e anse di anfore con segni dell'alfabeto cipro-minoico. Tutto ciò fa pensare che i Micenei per le loro rotte nel mar Mediterraneo si siano serviti dell'emporio agrigentino. La fase coloniale vera e propria, del VI secolo a.C., dunque, è stata preceduta, per quanto riguarda il territorio di Agrigento, da una fase-precoloniale, durante la quale popolazioni di stirpe greca hanno esplorato - a fini soprattutto commerciali - questa zona della Sicilia occidentale.
Elio Di Bella