Sono molte le Chiese che la comunità cristiana agrigentina nei vari secoli ha dedicato a Maria, la madre di Gesù Cristo. Secondo la tradizione la prima cappella mariana è stata collocata nell’oratorio di Falaride. Non può stupirci dunque il fatto che probabilmente anche la prima Cattedrale della città di Agrigento abbia portato il nome di Santa Maria dei Greci. La singolare denominazione comunque deriva dal fatto che questa bella basilica incastonata tra le case del centro storico è stata per molti secoli la Chiesa Madre del clero greco.
E’ noto che una comunità di lingua greca ha continuato per molto tempo a crescere e a svilupparsi ad Agrigento conservando anche le tradizioni e il culto delle chiese d’Oriente.
Le origini della costruzione della chiesetta appaiono piuttosto incerte.
Secondo alcuni studiosi la basilica agrigentina risalirebbe ad un’epoca compresa fra il XII e il XIII secolo, altri ritengono che la primitiva pianta sia più remota.
E’ stata innalzata incorporando i ruderi di un tempio dorico periptero (di metri 34,70 per 15,10) del IV o V secolo a. C. allo stilobate (con 6 per 13 colonne). Il tempio era probabilmente dedicato ad Atenea.
Tali avanzi si possono visitare scendendo per una scaletta, accompagnati da una guida, sin dentro uno stretto e buio corridoio sotterraneo. Delle colonne del tempio è possibile soprattutto vedere alcuni tamburi. Le pareti delle due navatelle e l’abside sono state innalzate proprio lungo lo stilobate del tempio.
La chiesa si presenta a pianta basilicale a tre navate, con absidi terminali, senza transetto. Il soffitto ligneo a capriate dipinte della navata di mezzo è del XVI secolo. Un’altra parte del soffitto ligneo è stata più recentemente restaurata.
Assai elegante è il portale ad arco ogivale acuto della facciata, uno dei più belli tra quelli che ancora oggi si conservano nel centro storico della città e che ben s’inserisce nel complessivo carattere architettonico della basilica che è indubbiamente medievale.
Subito a destra, appena entrati nella basilica, il visitatore scorge una tomba marmorea del 1570, che sappiamo contiene i resti dei nobili palermitani Bartolomeo Caputi e Isabella Termini, morti ad Agrigento quattro secoli fa. In una cappella ammiriamo un crocifisso in legno e in un’altra una statua della Madonna con Bambino di pregevole fattura.
Nelle pareti rimangono tracce di dipinti di artisti della scuola siciliana del Trecento. Una di queste opere raffigura la Vergine Maria con il Bambino Gesù, assisa in trono. Attorno al riquadro vi erano poste sette scene che raffiguravano soprattutto alcuni momenti della vita della Santa Vergine.
Due di esse ci sono rimaste (anche se non interamente) e rappresentano “La Presentazione al Tempio” e “La Visione di San Gioacchino”.
Alla base del riquadro compare una ieratica figura, probabilmente un monaco basiliano. Il vegliardo regge una tortuosa radice, forse la prima parte di un albero genealogico che allunga i suoi rami intorno all’affresco facendo da corona al ciclo della vita di Maria Vergine.
Verso alle fine del 1700, per motivi ignoti, la Chiesa venne chiusa al culto. A questo periodo risale molto probabilmente il portale di accesso al cortile. Successivamente è stata riaperta ma più recentemente è rimasta a lungo chiusa a causa dell’evento franoso del luglio del 1966.
Oggi è meta dei numerosi turisti che oltre ai templi dorici salgono per le scale del centro storico per raggiungere il Duomo e i vicini palazzi, ricchi di storia e di bellezze artistiche.
Un circostanziato progetto di recupero ha valorizzato questa bella chiesa, eliminando le sovrapposizioni e mettendo in migliore luce un antico torrione.
Elio Di Bella