Il museo Archeologico nazionale, ora Regionale, di Agrigento è il maggiore dei musei archeologici della Sicilia centro-meridionale e certamente costituisce una delle espressioni migliori della moderna museologia europea. Progettato dall’architetto Minissi, venne inaugurato nel 1967. E’ collocato in un complesso di edifici eretti dietro la Chiesa di san Nicola. L’edificio del museo incorpora infatti parti superstiti dell’antico monastero, su un muro del quale si conserva una bifora medievale con ornati a zig-zag.
Si tratta comunque di una costruzione moderna , circondata da giardini e ben inserita nell’ambiente circostante.
Il Museo è completamente attrezzato con sale per conferenze, mostre temporanee, concerti (sala Lizzi), proiezioni, biblioteca (intestata a Pirro Marconi).
E’ dotato di tutti i necessari impianti di controllo e di sicurezza, ivi compreso quello di televisione a circuito chiuso. La sistemazione dei materiali, curata dalla sovrintendenza, rispecchia la vita della cultura agrigentina antica perché raccoglie reperti portati alla luce sia nella Valle dei Templi che nel territorio delle provincie di Agrigento e Caltanissetta.
Le collezioni sono distribuite nelle 19 sale secondo un criterio storico-cronologico e topografico.
La sala numero uno (Giuseppe Pancrazi) è dedicata alla topografia generale e alle fonti storico-letterarie di Agrigento;
la sala due (Biagio Pace) conserva reperti della fase indigena preellenica e della prima colonizzazione. In alcune vetrine ammiriamo corredi della necropoli di Montelusa;
la sala tre (E. Gabrici) è ricca di collezioni vascolari con pezzi esemplari rinvenuti in epoche diverse di scavo e in parte provenienti dalla collezione del barone Giudice;
la sala quattro (R. Koldewei e O. Puchstein) contiene bellissimi esemplari di scultura architettonica, diversi dei quali ritrovati presso i templi agrigentini;
la sala cinque (Duca di Serradifalco) è una vera e propria galleria dei santuari della Valle agrigentina, con terrecotte, vasi, suppellettili provenienti dai santuari ctoni;
la sala cinque bis (F. Cavallari) ci presenta il bellissimo Guerriero di Agrigento e l’Efebo e una Venere marmorea, tre splendidi esemplari di scultura greca;
la sala sei (S. Cavallari) è costituita da un grande salone esclusivamente riservato al tempio di Zeus Olimpio e offre alcune indicazioni sulle varie ipotesi ricostruttive del tempio. E’ caratterizzata soprattutto dalla presenza sulla parete di fondo del gigantesco telamone del tempio di Zeus, secondo la ricostruzione dell’artista e studioso Raffaello Politi;
la sala sette (G. Shubring) contiene testimonianze dell’abitato di Agrigento greca e romana e pertanto presenta tra l’altro reperti ritrovati durante gli scavi nel quartiere ellenistico-romano;
la sala otto (G. M. Columba) è dedicata all’epigrafia e mostra pertanto le iscrizioni rinvenute ad Agrigento;
la sala nove (A. Salinas) conserva il ricco medagliere acquisito dalla Soprintendenza e offre in particolare una preziosa raccolta numismatica;
la sala dieci (edifici pubblici) illustra i risultati delle numerose ricerche ed attività archeologiche condotte nell’ampia area dell’Agrigento greca e romana su cui sono sorti i principali edifici pubblici, come l’ekklesiasterion e il bouleterion;
la sala undici (Raffaello Politi) espone i corredi tombali che sono stati rinvenuti attraverso gli scavi nelle necropoli e pone all’attenzione del visitatore alcuni dei più bei sarcofagi ritrovati;
le sala dodici (Paolo. Orsi) e tredici (U. Zanotti Bianco) sono dedicate alla preistoria e alla protostoria, con i reperti delle stazioni di Palma di Montechiaro, Licata, Ribera, Menfi da cui provengono un gran numero di ceramiche dipinte della cultura neolitica ed eneolitica, vasi della prima età del bronzo e altri reperti di grande interesse;
la sala quattordici (G. E. Rizzo) ci riporta al periodo dell’espansionismo agrigentino verso occidente, sino alla Valle del Belice;
la sala quindici (C. e C. Navarra) è dedicata a Gela, la madrepatria, e presenta, quindi, materiale proveniente dalle necropoli di quella città, in particolare è possibile ammirare un cratere attico con figure rosse del V secolo a.C., attribuito al pittore dei Niobidi;
la sala sedici (L. Pareti) espone materiale archeologico proveniente dai comuni del territorio della Bassa Valle del Salso, in particolare dai centri di Canicattì, Licata e Ravanusa;
la sala diciassette (G. Libertini) è dedicata ai reperti che sono stati portati alla luce durante gli scavi nei centri della Media e Alta Valle del Salso (antico Himera);
la sala diciotto (F. Sinatra) conserva le collezioni dell’ex museo diocesano, che è stato chiuso a seguito dei danni subiti per la frana del 1966.
Consigliamo di visitare per intero il museo, seguendo gli itinerari proposti. Ci si troverà così dentro la bellissima sala che ospita il colossale Telamone (altezza metri 7,75), oppure dinanzi all’incantevole Efebo, in marmo pario, del quinto secolo a. C., che raffigura un giovinetto dall’espressione piuttosto matura. Una attenta visita offre in sintesi al visitatore la possibilità di conoscere la topografia e la storia dell’antica e famosa Agrigento.
Elio Di Bella