Nell’area dove si estende l’ekklesiasterion, nella Valle dei Templi, ad Agrigento, in posizione dominante, si trova il cosiddetto oratorio di Falaride piccolo edificio, in forma di quadrilatero, vuoto. La sua attribuzione ad uno dei più celebri tiranni di Akragas è chiaramente erronea e deriva soprattutto da un’antica leggenda che diceva esservi nel sito, in cui il monumento sorge, l’antico Palazzo in cui Falaride nascose prima della tragica morte il proprio immenso tesoro.
Per diversi secoli è stato presentato come tempio greco del IV o III secolo a.c. e persino individuato come tempietto dedicato ad Apollo, in considerazione del fatto che certamente nell’antica Akragas un culto speciale venne tributato a questo dio, come è evidente anche dalle molte monete rinvenute che recano l’immagine di quel nume. Ciò verrebbe confermato anche da Cicerone che nelle Verrine dice “domestico” agli Agrigentini il culto del dio Apollo. Ancora nel secolo scorso il Politi, un erudito e artista che studiò a fondo i templi agrigentini, lo riteneva di stile dorico e l’architetto M. Donaldson era convinto si trattasse di una Porta dell’antica città.
Finalmente nella prima metà del nostro secolo, grazie agli studi condotti dall’archeologo Pirro Marconi (1925) e da altri è stato possibile indicare una datazione più precisa e concludere che il cosiddetto Oratorio di Falaride è un heroon romano del I secolo a.C.
Durante gli scavi, alcuni reperti (in particolare due testine di terracotta) hanno fornito agli studiosi più precise indicazioni cronologiche almeno post quem e il ritrovamento di una mutila iscrizione dedicatoria ha fornito nuova luce sulla destinazione dell’edificio: si tratta di un sepolcro costruito per una matrona romana.
Sembra che i Goti siano poi intervenuti sulla costruzione aprendo l’arco a sesto acuto e realizzando all’interno una volta a crociera. Secondo un’antica tradizione, quando la religione cristiana tornò a diffondersi anche nella medievale Girgenti, dopo la definitiva sconfitta degli Arabi che avevano occupato la città per oltre due secoli, gli Agrigentini vollero innalzare un santuario nella Valle dei Templi alla Madre di Dio e pertanto adattarono a questo scopo l’antico oratorio di Falaride.
Sono ancora visibili le trasformazioni operate all’interno e all’esterno per realizzare una nuova apertura, creare un’abside, ristrutturare il soffitto e far assumere al tempio le caratteristiche proprie dell’architettura religiosa del tempo.
L’oratorio di Falaride – nonostante i numerosi interventi di restauro – è riconoscibile quale edificio prostilo-tetrastilo, cioè presenta nella facciata che volge ad oriente un caratteristico portico con quattro colonne ioniche che sorreggono una trabeazione dorica. E’ costituito fondamentalmente da due elementi: un podio rettangolare (m.12,40 X 8,85; alto m.1,57) e un tempietto soprastante (m 10,90 X 7,40; alto 7,03).
Il podio, che ospita all’interno una camera sepolcrale, insiste su un basamento ed è caratterizzato da cornici sagomate. Al naos si arriva attraverso una scalinata (di dieci gradini) con balaustra laterale e il suo ingresso è caratterizzato da una cornice di stile dorico. L’intera costruzione è stata realizzata con conci squadrati, in opera isodoma.
Elio Di Bella