Un testo dell’ingegnere Teotista Panzeca Liborio Panzeca e dell’architetto, intitolato Strutture ferite di una cattedrale viva. Natura e motivazioni di interventi di rinforzo strutturale per la cattedrale di Agrigento, a cura dell’Arcidiocesi di Agrigento, illustra gli interventi realizzati per mettere in sicurezza il duomo agrigentino e nello stesso tempo costituisce un piccolo saggio di grande interesse sulla storia di un edificio delle cui origini in realtà rimangono poche tracce perché più volte rimaneggiato.
I due autori ci aiutano pertanto a rileggere la prima fabbrica/cattedrale di Agrigento attraverso le vicende storico-ecclesiastiche della diocesi ed anche alla luce dei nuovi ritrovamenti durante il recente restauro.
Dopo la rifondazione della Diocesi agrigentina, avvenuta inizia il 25 luglio 1086, quando Ruggero d’Altavilla, il Gran Conte di Sicilia, conquistò la città, prima sotto il dominio musulmano dell’emiro Hamud, vennero definiti dal re normanno i confini , concesso ogni diritto di decima.
Primo vescovo dalla conquista normanna fu Gerlando di Besancon. Il papa Urbano II confermò tutto cinque anni dopo. Nel Libellus de successione Pontificum (ca. 1240) venne costruita la cattedrale, secondo un modello di chiesa fortificata in una terra di crociati.
“Il primo nucleo architettonico era verosimilmente costituito da una pianta a tre navate, non molto sviluppata in lunghezza, in linea con i modelli architettonici del periodo comitale; con tre altari dedicati a Santa Maria, all’apostolo Giacomo e al SS. Sacramento”, leggiamo nel testo (da adesso il testo di Teotista Panzeca e Liborio Panzeca viene riportato tra parentesi)
Il corpo di San Gerlando, il 20 marzo 1159, durante il Regno di Guglielmo I, il vescovo Gentile (1154-1171) venne traslato tra due altari, quello del Santissimo e della Madonna, “trasformando cosi la chiesa cattedrale in un santuario, custode delle reliquie del santo”.
A seguito delle continua incursioni nemiche il vescovo Gualtiero (1128–1141 fece costruire, a sue spese, una nuova torre di difesa “ per salvaguardare la cattedrale e la città. “Costruita in tre anni, con grandi blocchi di pietre squadrate, trasportate dall’antica città greca posta a valle (lapides magnos de civitate veteri), con l’ausilio di molti bufali”.
Nel 1220 i musulmani occuparono la cattedrale, il campanile, il Palazzo vescovile e l’anno seguente catturano il vescovo Ursone. Il nuovo vescovo, Rainaldo D’Acquaviva (1240-1264) trovò la cattedrale e l’episcopio crollati e la ricostruì.
Delle opere realizzate da Rainaldo D’Acquaviva “sono riconoscibili sono alcuni interventi.
La struttura che per primo svetta liberamente è la torre sita nell’angolo orientale del transetto sud, oggi inglobata da strutture posticce, comunemente conosciuta come torre
dell’orologio”. La porzione superiore della facciata meridionale conserva, il paramento murario in blocchi ben squadrati di medio formato, lungo la faccia meridionale. “Su di esso si aprono due monofore, con cornice di conci sagomati a tutto sesto e una feritoia con coronamento trilobato”.
La struttura, all’interno, presenta chiare trasformazioni.
“Nel piede della torre è stata realizzata una cappella inizialmente molto più ampia dell’attuale dimensione, caratterizzata da un massiccio arco a sesto acuto con cornice multiple a bâtons brisés tipica dell’età chiaramontana, sorreggente una volticella a botte e una feritoria oggi ostruita da fabbricati successiva.
Successiva risulta la parete est che, occludendo un passaggio verso gli ambienti retrostanti, e coprendo impropriamente il margine dell’arcone, ha accolto una raffinata affrescatura nella seconda metà del Trecento”.
Il basamento dell’attuale massiccio torrione occidentale è stato “modificato nel quattrocento dal canonico Giovanni Montaperto, oggi conosciuta come la torre campanaria dei Montaperto. La presenza nell’attuale torre di blocchi di reimpiego e la bassa porta archiacuta lungo il lato nord, hanno spinto la critica a riconoscere, almeno nella zona inferiore, l’opera di difesa voluta da Gualtiero”.
Lo storico agrigentino Lauricella in merito all’antica torre di Gualtiero, documenta che nel 1823 è stata abbattuta per iniziativa del vescovo D’Agostino perché ritenuta una minaccia per la Cattedrale e sono stati costruiti due contrafforti, oggi ancora presenti.
Circa l’dentificazione della dell’antica torre di Gualtiero di recente abbiamo varie ipotesi: chi vuole che si tratta della torre dell’orologio e chi colloca la torre di Gualtiero “sul fronte orientale, davanti la facciata, pressochè in asse con l’attuale torre dei Montaperto”; e chi la identifica nell’area settentrionale.
In merito alla torre dell’Orologio si riconosce una sopravvivenza della cattedrale sveva da alcuni e da altri “la qualità del parato lapideo, cosi come la presenza in facciata di una feritoria con terminazione trilobate, orienterebbero
verso una cronologia ben più matura, non anteriore agli ultimi decenni del XII secolo. Pertanto viene identificata come una sopravvivenza del periodo federiciano, riprendendo simmetricamente quella costruita sul fianco settentrionale e oggi crollata, attribuendo alla torre di Gualtiero la torretta edificata nel transetto nord”.
Durante gli ultimi interventi del 2018-2019 sulla parete nord “si sono ritrovati all’interno della muratura i resti di una struttura muraria esattamente simmetrica alla torre dell’Orologio, costituita da pietre analoghe come qualità, dimensione, con conci squadrati e con disposizione a giunti verticali sfalsati”.
Si sono trovati i resti di mezzo arco identico nella disposizione dei conci, e “nello spessore del muro, rispetto a quelli che perimetrano la scala della torre dell’orologio”. Ciò porta a nuovi interrogativi.
Da un disegno su carta datata 1802-1804 realizzato dal viaggiatore inglese Sir Robert Smirke il giovane (1781-1867) risulta già abbattuta tra il 1802-1804, “pertanto si è portati ad escludere che la torre rinvenuta potesse essere quella di Gualtiero, abbattuta nel 1823, come attestato dal Lauricella”.
Il disegno ottocentesco riporta un altro importante indizio. “Lungo il fronte settentrionale, in prossimità della facciata, la presenta una torre nell’area compresa tra l’ingresso laterale quattrocentesco della cattedrale, oggi tamponato, e il contrafforte, aggiunto a seguito dell’abbattimento della torre”.
All’inizio del 1800, il Vescovo Pietro Maria D’Agostino (1823-1835), fece abbattere l’antica torre che minacciava rovina e rischiava di danneggiare anche la chiesa, e a fianco della facciata “innalzò un potente contrafforte, che si vede tutt’oggi; Fece demolire la torre prospiciente il ciglio della scarpata e realizzò il contrafforte.
Pertanto il disegno ottocentesco “rende plausibile che la torre di Gualtiero abbattuta fosse quest’ultima”.
Da tali ricerche è piccola la ricostruzione in pianta che ricostruisce il posizionamento delle due torri “perfettamente simmetriche rispetto all’attuale asse della cattedrale est/ovest”. Abbiamo quindi nuova lettura del primo nucleo
architettonico. “La presenza di due torri di avvistamento gemelle, poste a chiudere il transetto, sembrano essere parte di un unico progetto iniziale, marcano il carattere di fortilizio, e ribadiscono una soluzione tipologica di ecclesia munita già applicata nell’architettura ecclesiastica normanna di Sicilia ”.
Importanti documenti sulla storia della cattedrale
Documenti, custoditi presso l’Archivio storico diocesano di Agrigento, (dal 1547 al 1582) , attestano la presenza delle due torrette, e s ne chiariscono la destinazione d’uso.
“La torre ubicata nel transetto sud, nel Cinquecento è denominata “torre dell’orlogio” per l’ avvenuto inserimento sulla facciata meridionale di un orologio in marmo bianco di carrara, tutt’oggi presente.
La torre sita nel transetto nord viene denominata “torretta” e viene destinata a carcere vescovile, unitamente al carcere collocato nel vicino castello”.
Viene inoltre descritta la presenza di una terza torre ovvero torre campanaria o dei Montaperto.
Dal 1582 i registri dell’archivio non citano più la presenza a della torretta/carcere posta nel transetto nord, crollata probabilmente con la disastrosa frana del 1583 che distrusse parte della cattedrale: “una lavanca mossa era per tirasi meza chiesa cathedrali…si apri de la porta grandi e tira fino a la tribona di Nostra Donna la Grattia (anticamente posta a nord) rompendo il pavimento e tutta l’ala di tramontana con gran violenza…”, leggiamo in un documento dell’epoca.
Elio Di Bella