Nel testo di Massimo Augello e Marco Guidi “Associazionismo economico e diffusione dell’economia politica nell’Italia dell’Ottocento” pubblicato dall’editore Franco Angeli, un paio di pagine sono dedicate alla società economica agrigentina, associazione di operatori economici, ma anche di studiosi che durante il periodo borbonico hanno presentato importanti progetti per lo sviluppo economico del territorio agrigentino.
“La Società si era impegnata a fondare un orto agrario e aveva contribuito con i suoi atti a divulgare e a introdurre nuovi strumenti agrari”, si legge nel testo a testimonianza dell’attenzione verso il comparto agricolo, allora il più importante per l’economia locale.
La società sollecitò il governo a censire i beni ecclesiastici «di regio padronato» “ per evitare «le tristi conseguenze prodotte dalla concentrazione della proprietà territoriale e l’immensa estensione dei latifondi ecclesiastici e manimorte”. Sarebbe stato questo un provvedimento davvero salutare perché “ il censimento rappresentava «il solo mezzo atto a mutare le condizioni economiche di Girgenti ed a portarle allo stato di floridezza».
Il presidente della società economica agrigentina Raimondo Costa aveva auspicato “lo studio delle scienze esatte e naturali onde migliorare l’agricoltura e le arti. Il canonico Giuseppe De Castro si è particolarmente impegnato ad indicare al governo borbonico “la necessità di incoraggiare l’industria, di «richiamare a vita» le attività, di destare l’emulazione”. Filippo Sferlazza e altri si erano impegnati a descrivere “le varie applicazioni fatte dalla Società sullo zolfo, sui vari modi di bruciarlo e di liquefarlo e sugli usi benefici della rubia tintoria”.
le miniere di zolfo
Anche le miniere di zolfo in nell’Ottocento costituivano un altro settore economica di grande importanza per i comuni della Sicilia occidentale. Così ad Agrigento si discuteva delle teorie di Paul Durand, ingegnere francese, inventore di una macchina tendente a liquiferare lo zolfo con il carbon fossile.
“Dopo alcuni esperimenti e dopo l’introduzione delle macchine in alcune miniere di zolfo, frequenti erano state le discussioni sui nuovi metodi per la combustione e la fusione degli zolfi e numerosi erano stati gli scritti in cui veniva provato, «con saldi argomenti», che i nuovi metodi consentivano «il risparmio del combustibile»’’. Sottolineano gli autori del testo.
La Società economica agrigentino non era insensibile verso ciò che accadeva nelle popolazioni locali che si sollevarono più volte contro il dispotico governo borbonico.
Ma alla fine degli anni quaranta il dibattito conosce una battuta d’arresto. “Alla carenza dei soci, all’astensionismo, indice di una perdita del consenso, si aggiungeva la mancanza di locali da adibirsi come sede delle riunioni”.
La società aveva scarsi mezzi e non poteva dotarsi di ciò che le serviva come una sala per le assemblee pubbliche e una per le adunanze accademiche, una biblioteca, una sala di lettura, un magazzino in cui porre macchine adatte al miglioramento industriale, un laboratorio, un archivio, una segreteria.
Ancora nei primi anni cinquanta i soci non disponevano «d’un edificio ove riunirsi».
Si ebbe così uno scadimento dell’associazione che già nel 1848 era praticamente priva di soci.
Elio Di Bella