cattedrale-interni
Il presente volume vuole documentare, in maniera scientifica, i restauri che nel corso di un secolo (da metà Ottocento a metà Novecento) si sono susseguiti sulla Cattedrale di Agrigento, nel quadro delle attività della nascente e ancor giovane tutela nazionale che si andavano svolgendo, analogamente, in tutta Italia. Restauri diversi: dai `ripari’, ai ripristini o restituzioni `nello stile dovuto’, ai consolidamenti, agli avvaloramenti ecc.., al mutare del fervido dibattito culturale sviluppato in quegli anni dal restauro filologico e storico, a quello scientifico, a quello critico.
Attraverso la storia dei restauri della Cattedrale viene fuori un Ufficio di tutela, composto da pochi elementi, ma fortemente attivo soprattutto se si pensa che la sede era Palermo, per cui la sorveglianza e D.L. venivano realizzate come ‘missione’ e con mezzi di trasporto e infrastrutture ben diverse da quelle odierne.
E’ un Restauro in forte dialogo con la Storia nei cui confronti è, a volte, braccio operativo come spesso la storiografia è solita dire, a volte guida, come testimonia l’ ingente mole documentaria rinvenuta dall’Autrice durante la sua paziente ricerca presso i vari archivi tra Roma, Palermo e Agrigento, e in parte rappresentata nel volume stesso. Ma è anche un Restauro in stretto dialogo con il Rilievo e con il Progetto, come si evince attraverso la minore, ma sia pur consistente documentazione grafica rinvenuta e, anch’essa, parzialmente allegata.
Un fare architettonico attento, scrupoloso, conscio della delicata materia su cui si andava ad operare; un intervento diretto sulla fabbrica ma, sempre, un’operazione che, grazie al contributo impegnato dell’Ispettore Onorario (figura oggi peraltro scomparsa) e ad una pubblicistica sui quotidiani, alimentava la cultura di una comunità, come ancor oggi auspichiamo che il restauro possa fare.
La Cattedrale di Agrigento, sottovalutata dai viaggiatori per la vicinanza delle più attrattive testimonianze archeologiche che, sempre, le hanno ‘rubato la scena’ è, come per tutte le altre città, siciliane e non, il monumento massimo della città, sia per qualità architettoniche che rappresentative ma, soprattutto, spirituali.
La diocesi agrigentina fu tra quelle disposte dal conte Ruggero dopo la conquista normanna (1093) e fu il vescovo Gerlando di Besancon ad edificare la chiesa consacrandolo a Maria e all’apostolo Giacomo nel 1099 dopo averlo compiuto in sei anni. E a Gerlando sarebbe stato dedicato nel 1305 dopo la rifondazione avvenuta a cura del vescovo Rainaldo. Questo asserisce nel 1955 il grande e compianto Guido Di Stefano, capostipite della storiografia post-bellica arabo-normanna, sulla base degli scritti settecenteschi dell’abate Rocco Pini, colonna portante della storiografia sulle chiese siciliane.
Di Stefano asserisce che «del Duomo di Agrigento nulla apparentemente più resta, salvo forse la torre dell’orologio adiacente al transetto e l’impianto planimetrico generale. Seppure nell’anzidetta torre non si debba piuttosto riconoscere quella fatta edificare in tre anni dal vescovo Gualterio (1127-1141)». Al Di Stefano altri studiosi seguono ma ancora su queste prime fasi non si hanno certezze precise anche perché non è stato effettuato uno studio stratigrafico delle murature e una ricognizione archeologica