I primi documenti che segnalano la presenza dei frati francescani ad Agrigento risalgono alla fine del XIII secolo.
Lo storico Giuseppe Picone sostiene che esisteva già allora un borgo San Francesco fuori le mura. Quindi molto probabilmente in questa località esisteva già una chiesa dedicata al Santo di Assisi e ciò non può non farci considerare che una comunità francescana deve essersi stabilita ad Agrigento almeno qualche anno prima. Probabilmente i francescani cominciarono a diffondersi anche ad Agrigento con il loro arrivo in Sicilia, che risale alla prima metà del XIII secolo.
Altri documenti notarili del XIV secolo confermano l’esistenza della chiesa francescana. Si tratta di disposizioni testamentarie di esponenti della nobile famiglia Chiaramonte. Vi sono pure alcune richieste di sepolture dentro la chiesa e il convento. Ma in tali atti si indica già la “nova” chiesa di San Francesco. Nel secolo XIV dunque l’antica chiesetta era stata rinnovata. Da allora si moltiplicano i legati e gli altri atti notarili che indicano la particolare predilezione delle famiglie nobili per l’ordine dei frati minori di Agrigento.
Nel 1561 il barone Francesco Isfares de Corillas donò molti suoi beni (ed erano davvero tanti ) al convento e ai suoi ospiti. All’inizio del nostro secolo si è rinvenuta una tavoletta votiva del 1700 con un dipinto della Chiesa. Così la descrive Alessandro Giuliana Alaimo: la tavoletta “presenta la facciata della Chiesa medievale, quale era ancora al principio di quel secolo: era un prospetto, che si direbbe a stile romanico, con l’alto vertice a due spioventi, con un solo ingresso centrale e con relativo portale a sesto acuto.
Una righinetta divideva il primo dal secondo ordine del prospetto e, al di sopra di questa, a decorare la muraglia frontale sporgevano le scorniciature di quattro finestre cieche a modo di quattro nicchie per affreschi di Santi, i cui quattro archetti ogivali erano uniti fra di loro. In alto, nell’ultimo scomparto della facciata, cioè al posto del consueto rosone, vi era un semplice occhio.
In questi dipinto votivo eseguito alla meglio da un qualche dilettante è evidente una cura tutta particolare di riprodurre una anomalia veramente notevole, che a quei tempi doveva dare nell’occhio a chiunque guardasse la facciata della Chiesa.
Mentre questa è rappresentata nello stile medievale ed è dipinta con una tinta bigia, con cui pare si sia voluto riprodurre quel tono, che nei nostri edifizi medievali prende la pietra bianca invecchiata, al lato destro di essa facciata è dipinto un solo campanile, il quale è rappresentato in tutto uguale ai due campanili, che oggi sorgono ai due lati del prospetto nuovo, sia nelle proporzioni, sia nello stile barocco e sinanco nel colore biondo del tufo arenario, onde questi ultimi sono costruiti. Al lato sinistro della facciata, poi, era l’ingresso esterno del nuovo convento.
Concludendo, questa tavoletta fa sorgere l’idea che nel 1700 i Frati abbiano cominciato con l’aggiungere alla vecchia Chiesa un campanile nuovo e dello stile del tempo, e che poi abbiano finito col demolire la sola chiesa (meno il nuovo campanile) e col ricostruirla tutta sempre nello stile allora corrente e con l’attuale facciata fiancheggiata non più da uno, ma da due campanili; fatta di tufo arenario, colore dell’oro vecchio, sull’alto della quale biancheggia entro una nicchia del 1788 la grande e candida statua in marmo del Poverello di Assisi in atto di stringersi al petto il Crocifisso”.
La Chiesa di San Francesco ad Agrigento che oggi ammiriamo venne dunque realizzata presumibilmente nel secolo XVIII. Essa si sviluppa su una pianta rettangolare ad unica navata con abside. L’interno è di aspetto molto semplice ed è caratterizzato da una serie di nicchie con diversi altari e statue dedicati a Santi. Più di recente nuove opere d’arte sono state collocate nella basilica su iniziativa del rettore don Michele Sclafani. Vi troviamo così una immagine della Madonna di Pompei del secolo scorso, un gruppo scultoreo che rappresenta la Deposizione, un Crocifisso del secolo XVIII.
Di grande interesse i lavori di Domenico Provenzani, in particolare quelli che raffigurano alcuni momenti dell’infanzia di Gesù (la circoncisione, la fuga in Egitto, Gesù e i dottori della legge) e della sua passione (la Deposizione, la Pietà). Catturano l’attenzione dei visitatori una bella statua della Madonna della Catena in stile gaginesco del XV o XVI secolo e un’altra statua della Vergine che schiaccia il serpente.
Non mancano naturalmente una statua di San Francesco e un ciclo pittorico (in alto, sui due lati lunghi della navata) raffigurante i momenti più significativi della vita del Poverello di Assisi. Accanto all’ingresso della Chiesa si trova un monumento funebre di Monsignor Peruzzo, Vescovo della Diocesi di Agrigento dal 1931 al 1963.
L’esterno è fortemente caratterizzato dalla presenza di due alti campanili. La Chiesa di San Francesco è stata dichiarata da Pio XII Basilica dell’Immacolata. Il parroco monsignor Michele Sclafani si adoperò per restaurare la basilica dopo i danni che questa subì a seguito del bombardamento aereo del luglio del 1943. Questo attivo monsignore ha fatto molto per la diffusione in città del culto dell’Immacolata e ottenne anche di consacrare il capoluogo alla Vergine. Oggi la festa dell’Immacolata ad Agrigento è tra le più attese e seguite.
Addossati alla Chiesa si conservano ancora i resti di uno dei più antichi conventi della città, quello chiaramontano dedicato al Santo di Assisi.
Oggi resta molto poco di questo edificio, ma è pur sempre ancora possibile ammirare un vecchio portale affiancato da due splendide finestre bifore, tutti e tre i vani ornati da intagli su pietra bianca. Al di sopra di essi, sul resto della parete, stanno tre finestre circolari.
Il portale è notevole per le sue belle decorazioni e le sue equilibrate dimensioni. Ad esso sono associati elementi gotici distribuiti sopra un arco che è diviso, invece che in tre, in due piani addentranti.
L’imposta poggia sugli artistici capitelli di due colonnine esili e tonde incastrate sul fronte di ciascuno dei piedritti ed è anch’essa divisa in due parti, seguendo, in maniera assai plastica, i due ordini della decorazione dell’arco.
Il vano di porta e tutto il portale sono di dimensioni assai proporzionate, per cui non pare davvero che questo fosse l’ingresso di un gran palazzo, ma piuttosto l’accogliente atrio dell’umile casa del Signore.
Rimane del convento in particolare una cappella in stile chiaramontano. Essa presenta due grandi pilastri ad archi ogivali. Si tratta di uno degli edifici più tipici e meglio conservati del medioevo agrigentino. E’ largo metri 4,85 e lunga metri 9,10.
Anche il convento ha subito gravissimi danni per un bombardamento aereo nella seconda guerra mondiale.
Elio Di Bella