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Guida di Agrigento: finisce l’epoca della Tirannide e comincia la democrazia

Il governo di Trasideo venne abbattuto dagli stessi Agrigentini che siglarono la pace con Siracusa. Si concluse così l’epoca dei tiranni

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Monumento-ad-Agrigento-Statua-Empedocle

2 Marzo 2022 //  by Elio Di Bella

Il governo di Trasideo venne abbattuto dagli stessi Agrigentini che siglarono la pace con Siracusa. Si concluse così l’epoca dei tiranni: un governo democratico – fortemente condizionato dai Siracusani – governò la città. Seguirono anni particolarmente difficili per la storia politica agrigentina. Nel 450 a.C. un tentativo di colpo di stato promosso da una fazione oligarchica venne sventato dal filosofo Empedocle e dal partito popolare, fautore dell’uguaglianza sociale.


Dopo questo episodio venne istituita un’assemblea di mille membri, scelti tra i più abbienti, di durata triennale. Ma pochi anni dopo il partito popolare e lo stesso Empedocle imposero una nuova costituzione, redatta dallo stesso filosofo, che introdusse il suffragio universale popolare ed ammise alle cariche pubbliche qualunque ceto.


La democrazia temperata voluta da Empedocle e dal suo partito si mantenne a lungo, ma gli storici sostengono che nello stesso tempo i costumi dei cittadini andarono modellandosi su quelli di Sibari nell’infiacchirsi fra gli agi e nel dolersi delle scomodità.


Si contavano diverse famiglie ricche. Celebri furono in particolare gli Agrigentini Antistene e Gellia. Il primo organizzò per le nozze della figlia una festa passata alla storia: invitò tutti i cittadini e la sposa venne accompagnata da un corteo di circa 800 bighe e da una folla di cavalieri. Per l’intera notte le vie di Akragas vennero illuminate nel miglior modo. In tutti gli altari e per tutte le strade vennero poste fascine secche e, quando venne dato il segnale, da una fiammata in cima alla Rupe Atenea si accesero contemporaneamente tutti i falò.


Assai più ricco di Antistene era Gellia, passato alla storia come uno dei personaggi più magnanimi.
“Nella sue cantine possedeva trecento botti tagliate nella viva roccia della capacità di 100 anfore vinarie ognuna, ed a fianco della cantina stava una vasca in muratura della capacità di 1000 anfore dalla quale il vino scendeva nei vasi, cioè, 31.000 vinarie (anfora romana litri 26,26) per un totale di litri 814.060.000, pari a 1.453 attuali botti della capacità di litri 560 ognuna.


Si calcola che in base alla capacità di questa cantina, la dimensione territoriale dell’Azienda si aggirasse su 145 ettari, con 75 unità lavorative impiegate a tempo pieno” (Giuseppe Di Giovanni, Akragas, Agrigento, 1981, p. 11).


Ma Gellia è soprattutto famoso per quel che racconta Diodoro Siculo: il Nostro disponeva i suoi servi alle porte di Akragas per invitare i forestieri a prendere alloggio nelle case del padrone, veri alberghi per gli stranieri. Un giorno giunsero in città ben cinquecento cavalieri sorpresi dal cattivo tempo. Nello spazio di poche ore tutti furono degnamente accolti e Gellia stesso regalò a ciascuno nuovi abiti, tra cui un himation e un chitone, tra gli abiti greci più importanti.


Successivamente il partito popolare di Empedocle perse il favore della maggioranza dei cittadini e lo stesso filosofo agrigentino dovette recarsi in esilio.

Elio Di Bella

Categoria: guida di agrigentoTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, akragas, democrazia, empedocle, gellia, sicilia, tirannide, valle dei templi

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