I dati diffusi dall’Istat sull’inflazione mensile sollevano spesso critiche e dibattiti e non convincono le categorie dei consumatori, che sostengono che le percentuali sono in realtà più alte. Comunque, l’inflazione provoca seri problemi, ma non spinge ad assalti ai forni di manzoniana memoria. Non così fu qualche decennio fa, quando per la prima volta l’Italia moderna fece seriamente i conti con l’inflazione. Fu nel biennio successivo alla fine del primo conflitto mondiale (1918-20). Il cosiddetto biennio rosso. L’aumento dei prezzi fu così notevole che provocò quasi ovunque aperte rivolte popolari contro le istituzioni, i commercianti, le classi agiate.
Ciò che avvenne una sera d’agosto del 1920 nel piccolo centro minerario di Racalmuto è solo un esempio di quanto che si verificò in altri centri dell’agrigentino e in centinaia di paesi italiani.
La sera del 7 agosto 1920 tanta gente era raccolta in piazza, a Racalmuto, per la festa della Madonna del Carmelo e molti ascoltavano volentieri le note di una banda musicale che svolgeva serenamente il suo programma. Ma gli animi di alcuni non erano affatto in festa: non riuscivano ad allontanare dalla mente la preoccupazione per il caro vita, per la farina che mancava, per le paghe ridotte a molti zolfatari .
Erano circa le venti, quando improvvisamente partì una fitta sassaiola contro i musicisti. I malcapitati si sciolsero e cercarono una via di fuga. Cosa era accaduto ? Si era sparsa la notizia che nella vicina cittadina di Grotte si stavano assaltando i negozi per protestare contro il caro vita. A Racalmuto qualcuno non voleva essere da meno.
Venne subito improvvisato un corteo di protesta che si avviò lungo il corso principale. In testa decine di ragazzi schiamazzavano. Tutti insieme puntarono verso la sede del circolo dei civili, denominato Unione. In quel momento alcuni soci si trovavano seduti dinanzi la porta del circolo e avvistata la folla inferocita abbandonarono precipitosamente la sedia per rifugiarsi dentro la sede del circolo. I manifestanti cominciarono a lanciare contro la porta le sedie abbandonate sulla piazza.
Fu a quel punto che comparve il vice commissario di Pubblica Sicurezza Filippo Cordova. Era accorso coraggiosamente, da solo, per placare gli animi, ma non ebbe il tempo di fiatare che venne colpito in testa da una sedia (ne avrà per otto giorni ci dicono gli atti del processo). Non riuscendo ad entrare nel circolo dell’Unione, alcuni scalmanati cominciarono ad incitare la folla contro il Sindaco, la forza pubblica e le persone agiate, dicendo che queste che avevano i magazzini pieni di grano. Nel mentre decine di ragazzini lanciavano pietre contro le imposte delle case e i lumi delle strade.
Ma ecco finalmente giungere la forza pubblica a riportare l’ordine. Il documento dell’Archivio di Stato ( inv. 9, f. 55, sentenza n. 405 del 29 settembre 1921) ci fa saper che fu stilato regolare verbale e vennero denunziati cinque dimostranti che dovettero rispondere di violenza privata, danneggiamento di beni del Comune (i fanali destinati a pubblica illuminazione) e uno di loro per le lesioni personali colpose in offesa del vice commissario del paese. Tutti dichiararono di essere assolutamente innocenti e di non aver preso parte alla violenta dimostrazione. Ma le prove di tanti testimoni inchiodarono i cinque denunziati alle loro responsabilità. Furono condannati a pene diverse (ma a non meno di tre mesi di reclusione), a pesanti multe e al pagamento delle spese processuali.
Elio Di Bella