La mancanza dell’obbligo scolastico nella concezione legislativa del regno borbonico e nella prima fase del periodo unitario, la miseria economica, tanto diffusa nell’agrigentino e in Sicilia, oltre che la secolare arretratezza delle classi infime e lavoratrici, non consentivano certamente alla stragrande maggioranza della popolazione di usufruire generalmente dell’importante beneficio dell’istruzione.
Oltre tutto anche le donne, secondo una mentalità diffusa, venivano tenute lontane dai libri. I fanciulli erano avviati al lavoro sin dalla più tenera età nei campi e nelle miniere; neppure tra le classi abbienti si sentiva il bisogno dell’istruzione e sussisteva ancora la vacua boria di mascherare l’analfabetismo, come si vede leggendo diversi atti pubblici dove spesso compare la formula: “non firma perché nobile”.
Qualche scuola era alloggiata in casa del maestro ed ogni iniziativa legata all’istruzione pubblica era a carico delle amministrazioni comunali, che sono state sempre senza mezzi. Il Comune provvedeva attraverso una Deputazione scolastica costituita in genere da un soprintendente, da un rappresentante del Comune, dall’arciprete e da qualche altro maggiorente del luogo. Ad Agrigento esisteva da lungo tempo uno “stabilimento Gioenino” per l’educazione dei fanciulli orfani, fondato e dotato da monsignor Lorenzo Gioeni alla fine del XVIII secolo.
Poco distante da esso si trovava il Seminario vescovile fondato nel secolo XVI dal vescovo Marullo.
Si cominciò a parlare di scuole primarie nell’aprile del 1840, allorché Il Real Ministero si degnava di chiedere “lo stato attuale delle scuole, degli alunni che le frequentano, degli ostacoli che si sperimentano nell’istruzione e nell’educazione dei giovinetti ed i mezzi che saranno opportuni di adottare per avere un sistema d’istruzione, il quale di buon’ora gli avvii pel sentiero della religione e della virtù” (Giornale dell’Intendenza, aprile 1840, p.11).
In quello stesso anno a Girgenti v’erano solo due maestri (e così è stato ancora a lungo): un maestro di calligrafia e un direttore.
Il real Decreto del 10 gennaio 1843 affidava l’istruzione primaria al Vescovo, il quale era autorizzato a “destinare i maestri e le maestre delle scuole primarie, e a sospenderli e a rimuoverli” (Giornale dell’Intendenza, gennaio 1843, p.5) secondo le mancanze che commettevano nell’adempimento dei loro doveri.
La spesa annuale (per il personale insegnante, i locali, le suppellettili e l’arredamento e il compenso per l’unico inserviente) era di ducati 472, una miseria! Secondo statistiche dell’epoca il numero degli analfabeti era il seguente: 850 uomini su 1000 e 988 donne su 1000).
Elio Di Bella