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Guida di Agrigento: condizioni igienico-sanitarie nell’Ottocento

10 Marzo 2022 //  by Elio Di Bella

Mancando la città di pubblici acquedotti, i cessi delle case consistono in fossi ciechi che tramandano le pubbliche esalazioni nella casa stessa… Le acque piovane che malamente si raccolgono nelle cisterne sono impure e piene d’insetti…”.


Il medico Giuseppe Serroy proponeva di combattere le epidemie eleggendo “sagge persone di forte animo, cui destinarsi i vari quartieri, affinché avvezzassero il volgo a una migliore nettezza” (G. Serroy, Rapporto medico, in data 11 agosto 1832, Archivio di Stato di Agrigento, inv.4, fasc. 495).


Il rifornimento idrico veniva effettuato tramite barili trasportati da asini. Gli acquaioli si rifornivano d’acqua presso la fontana di Bonamorone e la vendevano di casa in casa. Molte famiglie possedevano cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. Inutile dire che molte erano le fogne a cielo aperto. Ancora nel 1858 Giuseppe Picone faceva un appello dalle pagine del giornale “Palingenesi” affinché “i cannoncini di cui si è armata la maggior parte delle case, cessino di vomitare pelle strade le lordure interne, obbligando i proprietari a costruire dei parziali condotti che si immettano in un condotto generale. Da ciò la pulitezza, la salubrità dell’aere, il fugamento delle febbri endemiche, cose tutte che costituiscono il materiale benessere di una città” (Giuseppe Picone in “Palingenesi”, Girgenti, 1858, n.6).


Alla costruzione di latrine pubbliche si provvide nel 1818, ma i cittadini continuarono ugualmente a versare in qualche casolare diruto o sotto le mura della città le deiezioni umane e degli animali. Fu necessario varare un regolamento per la pulizia delle strade. Esso tra l’altro proibiva di far “vagare i neri” (i maiali) in città. Le vie infatti erano sempre “rallegrate” dalla presenza di galline, asini, cani, maiali.
I cadaveri trovavano sepoltura per quasi tutta la prima metà dell’Ottocento solo nelle tante chiese di Girgenti e in particolare nei conventi dei Cappuccini e di San Vito. E ciò dopo che erano stati esposti per un’intera giornata dentro le Chiese, mentre si tentava anche attraverso l’incenso di attenuare il loro cattivo odore.


I Borboni tentarono nel 1817 di far funzionare l’unico Ospedale di Girgenti, che si trovava sulla strada maestra, nella via Atenea, ma molti documenti dell’epoca stanno a testimoniare che ogni sforzo si rivelava insufficiente. Pertanto gli Agrigentini preferivano invocare San Calogero piuttosto che rivolgersi ai servizi ospedalieri.

Elio Di Bella

Categoria: Guida di AgrigentoTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, girgenti, giuseppe picone, igiene, malaria, sicilia

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