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Antichi culti religiosi degli agrigentini in un testo di Giuseppe Picone

13 Aprile 2022 //  by Elio Di Bella

Nelle varie religioni, nello allegorismo delle mitologie, nei culti disparati  è age­vole ravvisare espressi i bisogni, lo stato di incivilimento, le credenze dei varii po­poli che hanno animato la Terra. I riti, colla solennità delle loro forme, imprimen­do nella mente delle moltitudini i principi, o le verità fondamentali della religione, alimentano la reminiscenza e lo esercizio dei doveri, e delle virtù sociali; per essi si nu­tre la speranza di lietissimo avvenire, il terrore di futura punizione, e si rafferma nei confini di civile libertà lo istinto alla sfrenatezza delle passioni. La religione dun­que è uno dei più polenti fattori dello in­civilimento, e i Culti religiosi son termo­metro del maggiore o minore sviluppo del sociale progresso.

Il Politeismo dei greci, degli egizi, dei persi, degl’indiani non cessava, nell’epoca di più adulta civiltà, di richiamar gli uo­mini alla idea necessaria di una causa effi­ciente, della esistenza di un Nume primiti­vo, creatore dell’ universo, in modo che quel Politeismo riducevasi ad un puro Monoteismo, mentre le inferiori divinità non erano che manifestazioni degli attributi del o creatore di esse.

Ravvolti nelle tenebre della superstizio­ne, travidero gli antichi una religione vera e un dogma purissimo, ma lo intrigo dei sacerdoti, il buio mistero dei riti , le passioni la materializzavano, e la rendeano a vilissima sudditanza del capriccio, del bisoguo, dello istinto. Travidero infatti colla mente un Essere sovrannaturale immenso creatore, e lo dissero Giove i greci, Mitra i persi, Àmmon-Ra gli egizi, Brama gli in­diani, che lo invocano col titolo di Pourush, o Ànima vivificante dello universo; ma sconoscenti 1’attributo della immaterialità, fu crealo il Panteismo . Sentirono la im­mortalità dell’anima, la giustizia di un com­penso alla virtù, di una punizione al vizio, e surse nell’ India, per opera de’ Bramini, il dogma della Trasmigrazione, trapiantala nell’ Eliade, e nella Magna Grecia da Pita­gora, rivelata indi in Agrigento da Empe­docle, che cantava la dottrina delle Espia­zioni dello spirito, al quale era concesso ricongiungersi a Dio , di cui ritenevasi essere una emanazione. La Trasmi­grazione adunque e il Panteismo non sono a disgiungersi nelle credenze religiose degli antichi, e queste due dottrine o dogmi furon dominanti in Sicilia, per opera di Pi­tagora, ed in Agrigento, per rivelazione di Empedocle, dogmi seguiti dai dorici, e dal­la scuola pitagorica, che si diffuse nel’isola nostra, anche dopo le durate persecuzioni.

Conobbero, che qualsivoglia società ci­vile, non fusse che una estesa famiglia, e questa non potersi creare e sorreggere che col vincolo dei matrimonii, e santificarono questo nodo; e santificavano la forza mate­riale ed il senno, che son elementi di con­servazione di ogni civil comunanza, e san­tificavano la sapienza, e le virtù sociali, al benessere dell’ universalità.

Noi rassegneremo i Culti religiosi dei nostri antichi agrigentini, e con essi il gra­do di morale e civile perfezionamento , a cui eran corsi, di talché la Città nostra fu per celebrità di virtù cittadine, e per opu­lenza, e per sapere primiera fra le città greco-sicule…    

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Z pseudonimo di Giuseppe Picone, Cenno sugli antichi culti religiosi degli agrigentini, in Palingenesi dicembre 1858

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, akragas, empedocle, giuseppe picone, sicilia, valle dei templi

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