Crocevia di arte e di storia, Agrigento è una tappa tra le più interessanti per chi visita la Sicilia. Non c’è stagione particolare per conoscerla ed apprezzarne le sue attrattive. E bella in tutte le stagioni, in primavera e in estate, ma anche in autunno e in inverno. In quest’ultima stagione, quando in tutte le regioni d ’Italia e d ’Europa imperversa l’inverno con i suoi giorni tediosi, il freddo e la neve, qui fioriscono i mandorli ed «esplode» anzitempo la primavera.
Una visita in questo periodo assume particolare interesse perchè coincide con uno dei più tradisionali appuntamenti turistici che la città offre (la Sagra del Mandorlo in Fiore), ma – come dicevamo – una visita ad Agrigento è da consigliare in qualsiasi periodo dell’anno perchè non è soltanto un ’occasione turistica come tante, ma una suggestiva corsa all’indietro verso il passato.
La città ha, infatti, sulle sue antiche spalle duemilacinquecento anni di storia, una storia grandiosa che ha conosciuto momenti di gloria suprema e di rabbiose distruzioni. Fondata col nome di Akragas nel 582 da un gruppo di greci proveniente da Gela e ingranditasi rapidamente, la città partecipò alla vita civile e letteraria della Magna Grecia, dando i natali ad artisti ed uomini insigni, tra cui il filosofo Empedocle. Quindi combattè contro Cartagine e Siracusa.
Nel 210 d.C. cadde in mano agli arabi che la rifondarono con il nome di Kerkent, trasferendola sulla collina. A partire dal 1086 si avvicendarono nel suo possesso i Berberi, gli Svevi, gli Spagnoli ed infine, nel 1734, i Borboni. Dominazioni e tirannie, da cui la città ne usciva sempre con un ritorno all’opulenza, che hanno lasciato, tuttavia, segni, costruzioni ed opere d ’arte che ancora si possono ammirare in ogni parte della città, anche se il patrimonio culturale ed artistico più «vivo» e più conservato lo hanno lasciato i greci.
I grandiosi resti dei templi dorici sono, infatti, una delle maggiori attrattive archeologicoturistiche, dal pittoresco e suggestivo Tempio di Giunone e Lacinia, al maestoso Tempio della Concordia (tra i meglio conservati di tutti i templi greci d ’Italia), al Tempio di Ercole (il più antico dei templi agrigentini), al Tempio di Giove Olimpico (il più grandioso complesso della Magna Grecia), al Tempio dei Dioscuri (di cui rimangono quattro colonne angolari doriche).
Tutti i templi sono autentiche meraviglie e sono incastonati nella famosa Valle dei Templi che è chiusa a nord da una collina sulla quale si estende la città, anch’essa ricca di molti monumenti medioevali.
Tra i più importanti il Duomo che, eretto nel secolo XI e rimaneggiato nel ’700, ha un grandioso campanile incompiuto del ’300, dalle finestre gotiche, e che custodisce, tra l’altro, un prezioso tesoro, con stoffe ricamate d ’oro, d ’argento e di coralli.
Vi si conserva pure un famoso sarcofago con le storie di Fedra, copia romana di un originale di età ellenistica. Ancora nel centro storico il Monastero di S. Spirito, che è uno dei più belli della Sicilia (fondato nel 1290), la Chiesa di S. Maria dei Greci, che sorge su un tempio dorico del V secolo a.C., la Chiesa di San Biagio e, al confine tra la città medioevale e la zona archeologica, la duecentesca Chiesa di S. Nicola. Attiguo a questa chiesa, il Museo Archeologico Nazionale che è fra i più moderni ed importanti d ’Europa. Le sue vetrine mettono in risalto preziosi reperti che consentono di ricostruire la vita e la storia di Agrigento, dalla preistoria all’età greco-romana.
Particolare attenzione merita la sala detta dei Telamoni, realizzata su due piani, che presenta le diverse ricostruzioni del Tempio di Giove e propone al visitatore la suggestiva presenza di uno degli originali telamoni, alto 7 metri e 60, che, situati in mezzo alle semicolonne del tempio, ne sostenevano la sua pesante trabeazione.
Agrigento è inoltre la patria di Pirandello, che vi nacque nel 1867, in una contrada chiamata Caos, sulla statale che conduce a Porto Empedocle, a tre chilometri dalla Valle dei Templi. Qui è la sua casa, trasformata oggi in museo.
Il luogo è molto suggestivo, denso di pace e di ricordi del grande drammaturgo e narratore, al quale nel 1934 venne conferito il Premio Nobel. Nelle stanze alcuni cimeli dello scrittore (morto nel 1936), il diploma di laurea, il collare del Premio Nobel e, in tutte le edizioni, libri delle sue opere. Nello spiazzale antistante la casa, ogni anno, tra luglio ed agosto, ha luogo una stagione teatrale all’aperto ormai impostasi a livello nazionale, con la quale il grande drammaturgo viene ricordato e celebrato.
Un viottolo attiguo alla casa porta al maestoso pino solitario, sotto il quale è custodita, nell’incavo di una roccia, un’urna contenente le ceneri dello scrittore. Oltre ai templi e alle varie testimonianze del passato che, per ragioni di spazio, abbiamo ridotto all’essenziale, Agrigento sollecita il turista con varie occasioni di interesse culturale ed artistico. In ogni periodo dell’anno, infatti, il visitatore può assistere a spettacoli di prosa e di teatro, ma anche di folklore e di tradizioni popolari.
Tra quest’ultimi la ormai famosa «Sagra del Mandorlo in Fiore» che si svolge nei primi di febbraio ed alla quale prendono parte gruppi folkloristici tra i più accreditati provenienti da tutto il mondo, e, nei primi di luglio, la «festa di San Calogero» che affonda le sue radici in tempi remoti e su alcune credenze popolari che ne fanno oggi dei «gustosi» numeri di grosso richiamo turistico-religioso.
Ma non mancano, come abbiamo detto, occasioni ed intrattenimenti di alto livello artistico e teatrale, come, a partire da quest’anno, le prestigiose «Panatenee» che, in un anfiteatro appositamente realizzato in piena zona archeologica ed unico nel suo genere, presentano tra la fine di agosto e i primi di settembre i più celebri nomi della musica e della danza.
Ma una pur sommaria descrizione di Agrigento, «la più bella città dei mortali» come la definì Pindaro, non può ignorare il suo artigianato, che ha radici profonde nelle tradizioni, la sua cucina, che sin dai tempi antichi è frutto di un gioco inventivo in cui si realizzano sintesi di alimenti, di aromi e di colori, i suoi dolci di mandorla sofisticati e gustosi, i suoi immediati dintorni ricchi di storia e di antichità, le sue spiagge sabbiose, il suo mare ancora limpido e azzurro.
Tutti motivi che ne fanno complessivamente una città ancora a misura d ’uomo, antica e moderna, di cui abbiamo inteso fornire una sintesi, omettendo tanti particolari altrettanto interessanti che, scoperti direttamente, possono dare il gusto della sorpresa. In definitiva una sintesi che ha il solo significato di un invito a conoscerla ed a visitarla.
Umberto Trupiano, in Lumie di Sicilia, anno I numero 1, novembre 1988