Agrigento è ricca anche di tradizioni marinare, è possibile ricostruire la storia del nostro capoluogo anche attraverso le tante vicende legate al ruolo che la città ha avuto da quando si è dotata di un porto e di una marineria.
Il nostro tuffo nel passato del mare agrigentino inizia nel V° secolo a.C. quando il filosofo Empedocle definiva il porto di Akragas « augustissimo » e la flotta di uno dei tiranni della città sconfiggeva i Cartaginesi. Lo storico Tucidide celebrava invece l’importanza strategico-militare di questa parte della Sicilia occidentale.
Ancora in auge era Akragas nel III secolo a.C. con Sosistrato uno dei maggiori organizzatori e condottieri di battaglie navali dell’epoca.
Le tradizioni marinare agrigentine decadono poi sotto i Romani, ma nonostante ciò lo spirito del marinaio agrigentino era ancora in grado di fornire navigli in gran numero ai dominatori. Cicerone nel noverare i furti del pretore romano Verre accenna alla copiosa quantità di frumenti esportata dall’emporio agrigentino, insieme a sale e zolfo. Quando poi Sesto, figlio di Pompeo, fu sconfitto da Ottaviano, nel 35 a.C. la nostra città cambiò padrone e restò nella condizione di serva, perdendo anche la sua importanza marittima. Si trattò pur sempre di una decadenza relativa, se è vero che anche al tempo delle invasioni barbariche, secondo una testimonianza di Procopio, mentre Totila si apprestava a riacquistare i perduti domini, le navi di Agrigentum fornivano al Papa Virgilio abbondante quantità di frumento, uomini e legni da carico.
Divenuta nel IX secolo capitale dei Berberi, Agrigento venne a trovarsi in discordia con Palermo e le navi da guerra della nostra città destarono grande preoccupazione presso l’esercito palermitano che decise di ritirarsi subito dalla lotta. Poco più tardi in una battaglia navale tra Normanni e Siciliani presso il porto di Siracusa, i nostri agrigentini si distinsero per il loro grande valore, in una di queste battaglie però Ibn-al-wend, che era stato uno degli strenui difensori della città durante i primi assalti normanni, perì.
Divenuta città demaniale, Girgenti strinse importanti rapporti commerciali nel XII secolo con Senesi e Amalfitani che giunsero nella nostra provincia per esercitarvi i loro commerci e i loro traffici e parecchi di loro rimasero nei nostri centri urbani. Arrivato il tempo delle Crociate, non mancò il contributo dei cristiani di Girgenti, ma nel 1194 proprio durante le Crociate i tedeschi trovarono un pretesto per impadronirsi della nostra città e del suo porto. Dopo la Sicilia passò sotto il potere degli Angioini e vennero gli anni cruenti della guerra del Vespro. Le galee degli Aragonesi si trovarono così spesso nei nostri mari insieme a quelle che partivano da Licata, da Sciacca, da Girgenti. Sono gli anni in cui si distinguono il barone Luigi Mughos da Licata, che capitanava una galea che partecipò a molte battaglie e Federico ed Enrico Incisa di Sciacea, che ebbero parte nella difesa della loro città dagli assedi del tempo.
Per lunghi secoli la pirateria dei Barbareschi fece il bello e il cattivo tempo. La città di Licata fu assalita nel 1533 dal corsaro Dragut e quasi rasa al suolo, mentre la più antica incursione barbaresca alla marina di Girgenti ricordata sino ad oggi dagli storici avvenne il 5 maggio 1599. Qualche anno dopo, nel 1615, al largo di Girgenti si scontrarono le galee dell’ordine di Malta e quelle Turche. La situazione mutò al meglio dal 1763 con la costruzione del Molo di Girgenti che diede notevole impulso al commercio locale.
Sotto i Borboni però il porto agrigentino non venne sempre ben valorizzato e a dire il vero neppure dopo il 1860, anzi nel 1863 il ministro Menabrea voleva chiudere Porto Empedocle e valorizzare quello di Licata. Il deputato La Porta, del nostro collegio, lottò tenacemente contro il provvedimento e alla fine la spuntò. Nel 1864 iniziarono i lavori per la costruzione di un nuovo braccio. Il grande impulso venuto con l’estrazione dello zolfo cambiò lo scenario della costa sino alla fine del primo dopoguerra. Sotto il fascismo nacque la scuola marinara di Porto Empedocle e a San Leone negli stessi anni cominciò a diffondersi il turismo balneare con la nascita delle prime strutture che accoglievano i bagnanti e con le carrozze che andavano su e giù per portare « ai bagni » i nostri nonni. Il resto è storia di questi anni: dalle prime stazioni balneari in legno all’invasione del cemento, dall’erosione della costa all’inquinamento. Il futuro dipenderà da tutti noi.
Elio Di Bella