San Leone, il lido di Agrigento, è oggi una rinomata località turistica, ma in pochi conoscono la sua affascinante storia.
Infatti, già dalla biografia di San Gregorio di Agrigento, scritta da Leonzio, monaco ed abate del monastero di Santa Saba a Roma, vissuto pare nel VII sec. d C, risulta che presso l’emporio di Agrigento, nel periodo bizantino, erano presenti un monastero maschile e una chiesa, entrambi dedicati alla Madre di Dio, appartenenti forse ai basiliani.
Nella versione latina del Morcelli (1791), ristampata dal Migne nel 1860, si legge: ” beatus Gregorius salute episcopo et fratribus dieta, Panormum reliquit, et secundo usus vento, intra biduum ad flumen quod Agrigenti suburbia alluìt Emporium appellata, hora diei octava pervenit (…). E monasterio igitur laudandae Dei Matris obviam exiit praefectus cum fratribus et omni populo, qui in suburbiis erat, et beatum Gregorium e navi descendentem acceperunt supplicantes et canentes Sanctus Deus (…). Inde agmen ad monasterium perrexit psalmos concinens, et in tempio dominae nostrae lau-dandae Dei Matris preces fudit ” (3. P. Migne, Patrologiae Grecae XCVIII, Paris. 1860. ristampa Turnholti, Belgium, 1979, coli. 630-31).
Gregorio, nato nel 559 d.C. in un villaggio nei pressi di Agrigento di nome Praetoria, veniva qui ricevuto dopo essere stato eletto vescovo di Agrigento.
Dall’epistolario di San Gregorio Magno Papa risulta che Gregorio doveva essere già vescovo di Agrigento nell’agosto del 591 d.C.
Se si considera che è concorde l’opinione degli studiosi nel porre l’emporio di Agrigento del periodo antico e alto medievale alla foce dell’odierno fiume San Leone, non ci sono dubbi ad ubicare presso tale area il monastero e la chiesa sopradetta (Catullo Mercurelli, Agrigento Paleocristiana, in Memorie della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, III. 8, Roma 1948. pp. 28-29).
Di notevole interesse si pone l’individuazione, nel 1974, dei resti di una basilica cristiana, nei pressi della foce del San Leone.
Importanti resti archeologici venivano portati alla luce da Ettore Gabrici e da Pietro Griffo ed Ernesto De Miro nel 1955, presso la zona orientale della foce del San Leone. Gli scavi rivolti a far luce sul porto di Agrigento nel periodo antico rivelavano testimonianze dal periodo imperiale romano a quello bizantino ed arabo.
I ruderi scoperti dal Gabrici nel 1920. in un fondo rustico, confinante a sud con l’odierna chiesetta di San Leone, erano formati da vasti ambienti di pianta rettangolare.
Nel terreno di scavo affiorarono numerosissimi cocci di anfore e recipienti di uso domestico riferibili alla tarda età romana ed al periodo arabo. Vennero trovate anche sepolture a sarcofago monolitico, tutte della tarda età romana poverissime o addirittura prive di qualsiasi corredo (Ettore Gabrici, Girgenti. Scavi e scoperte archeologiche dal 1916 al 1924, in Notizie degli scavi di antichità, Anno 1925, Roma, pp. 423-25).
Gabrici ci dice: “Le esposte considerazioni inducono in me il convincimento, che i ruderi (…) appartengono a costruzioni della tarda età romana e del periodo bizantino ed arabo, e sono probabilmente residui di grandi magazzini di de-posito, che sorgevano presso lo emporion di Agrigento” (E. Gabrici, op. cit., p. 425).
Saggi di scavo, eseguiti da Pietro Griffo ed Ernesto De Miro nel 1955, sempre nella zona orientale della foce del San Leone, e in prossimità dell’area indagata dal Gabrici, rivelavano costruzioni pertinenti a magazzini, e la presenza di sepolture, in un rapporto stratigrafico-cronologico di chiaro significato.
Griffo e De Miro ci dicono: ” accanto ad una zona cemeteriale sicuramente tardo-romana e bizantina, corre una fascia di edifici, cui appartengono anche i magazzini scavati dal Gabrici. Su di essi, la necropoli estese il suo dominio, fissando qualche volta le sue tombe tra le loro strutture o addirittura sovrapponendole.
L’abitato sarebbe cronologicamente più antico e andrebbe datato tra il I e il IV sec. dell’Impero (…)” (P. Griffo – E. De Miro. Quartiere Ellenistico-romano presso San Nicola e zona dll’Emporium in Fasti Archaelogici, 1955. n. 4267).
Un importante ritrovamento veniva alla luce prima degli scavi del Gabrici nel 1903.
Si tratta di un ripostiglio di monete scoperto presso la foce del San Leone e contenente numerose monete del periodo arabo.
Appartengono a diversi califfi d’Oriente, Idrisiti, Ommiadi di Spagna, e presentano una datazione che va dall’ 80° (699-700 dC.) al 212° anno (827-828 d.C.) dell’Egira (Bartolomeo Lagumina, Ripostiglio di monete arabe rinvenuto in Girgenti, in Archivio Storico Siciliano, n.s. XXIX 1904, pp. 80-90).
Importante si pone la testimonianza di Tommaso Fazello del 1558 che ci parla di rovine di presunti portici ed altri edifici presso la foce del San Leone, ai suoi tempi chiamato Drago: “Questo luogo è rovinato, e si vedono solamente le rovine dei portichi, e d’altri edifici; su per il lido, abbondante, come sogliono essere gli altri monti, di sassi, come questi” (Tommaso Fazello, Della storia di Sicilia, Deche Due, trad. it. a cura di R. Fiorentino, Palermo 1817, vol.l, p. 332). Secondo le annotazioni di Guglielmo
Toniazzo, avanzi di antiche costruzioni erano ancora visibili nel tardo Ottocento presso la foce, specialmente durante la bassa marea (Giulio Schubring, Topografia storica di Agrigento, Ed. it. con note a cura di G. Toniazzo, Torino, 1887, p. 32, nota 1).
Delle rovine presenti alla foce del San Leone, nel corso dei secoli, né il Fazello né il Toniazzo ci forniscono elementi per una chiara identificazione storica.
A darci qualche illuminazione è la ricerca archeologica dei citati Gabrici. Griffo e De Miro.
E’ probabile che soltanto una vasta campagna di scavi avrebbe potuto fare vera luce sulle testimonianze archeologiche presenti presso la foce del San Leone che oggi versa in stato di profondo abbandono.
E molto spiacevole oggi constatare che nessuno scavo archeologico sia seguito a quello di De Miro del 1974, in un’area di estrema importanza per la storia di Agrigento antica e medievale.
Si consideri che oggi la zona si presenta completamente occupata da abitazioni civili in buona parte abusive.
di Filippo Sciara
Di recente
Sorprendente scoperta archeologica all’interno di una proprietà privata a San Leone. Durante gli scavi per interrare una vasca, sono emersi dal terreno due scheletri custoditi da quasi tre millenni in una zona residenziale della città. Che il sottosuolo di Agrigento sia pieno di reperti archeologici di diverse epoche è risaputo, ma nessuno avrebbe immaginato che, sotto il terreno sabbioso di una residenza di viale Viareggio, si nascondesse un tesoro prezioso.
In termini di storia e archeologia si tratta di reperti che risalirebbero all’epoca tra il I e il II secolo d. C. Secondo le prime indiscrezioni, gli scheletri rinvenuti a circa due metri di profondità, custoditi dentro anfore di terracotta, apparterrebbero ad una mamma e un bambino. La scoperta è stata fatta durante gli scavi per la sistemazione di una vasca per l’acqua. Gli operai a circa un metro e mezzo di profondità hanno trovato delle grosse anfore di terracotta con all’interno crani e ossa quasi del tutto intatte e ben conservate. Sul posto sono subito giunti i tecnici della Soprintendenza che stanno ora effettuando ricerche più approfondite.