Durante lo svolgimento della festa di San Calogero ad Agrigento i fedeli del Santo nero adempiono ai voti e danno vita ad alcune singolari manifestazioni di fede che si tramandano da alcuni secoli.
L’ABITO PER I BAMBINI:
oggi soprattutto i bambini, ma un tempo anche diversi adulti, vestono l’abito del Santo: gonna o calzoncino bianchi, penitenza e cappuccio neri. E’ l’antica veste dei frati di San Calogero, i popolari caluirara, e prende il nome di “votu di San Caloriu”. I bambini vengono accompagnati nel santuario per ricevere la benedizione. In tale occasione loro, o i loro genitori, portano una candela che verrà poi offerta al Santo. Sino a qualche anno fa si usava condurli in chiesa con un vestitino nuovo di cui venivano spogliati per indossare l’abito del Santo, mentre il vestito giornaliero andava consegnato caritativamente perché fosse donato ad un fanciullo povero. Il bambino parteciperà vestito con l’abitino alla processione domenicale. Un tempo si usava continuare ad indossare l’abito per tutta l’estate.
“U VIAGGIU A PIDUNI”:
Il devoto o la devota si recano presso il Santuario per un giorno o più, secondo il voto fatto, percorrendo il tragitto, da casa propria alla Chiesa del Santo, senza scarpe, ma con le sole calze o anche a piedi nudi. Alcuni promettono il cosiddetto “viaggio di andata e ritorno”. Giunti dinanzi al Simulacro del Santo gli presentano il viaggio e lo pregano di accettarlo. Durante il cammino, che viene fatto anche partendo dai centri vicini (Porto Empedocle, Siculiana, Realmonte, Favara, Aragona, in particolare) si osserva l’assoluto silenzio. Se si dice una sola parola, il voto non è valido.
“U QUATRU”:
Se il devoto ritiene di avere ottenuto per intercessione del Santo una prodigiosa guarigione o di essere scampato ad un grave pericolo, presenta una tabella votiva, cioè una tavoletta dove il pittore ha rappresentato i terribili particolari del momento del pericolo, con i fedeli in atto di disperata invocazione ed il miracoloso intervento di San Calogero. Si conservano ancora parecchi di questi “ex voto” e alcuni si possono ammirare nella sagrestia del santuario agrigentino.
“IL PANE”:
I devoti fanno preparare ai fornai durante il periodo di festa i “muffuletta cu cimuli duci” (pagnottelle col seme di finocchi) e li portano nella Chiesa di San Calogero per farli benedire, adempiono così ad un altro dei caratteristici voti legati alla venerazione dei fedeli per il Santo delle Grazie. I pani vengono poi caritativamente distribuiti di porta in porta e durante la processione . Purtroppo però – come è noto – nelle due processioni domenicali del mattino i pani vengono anche lanciati sul Simulacro del Santo. Una leggenda vuole che San Calogero durante una terribile pestilenza si recasse a visitare gli ammalati e ad assisterli, ma raccoglieva per loro anche il pane che la gente gli buttava dalle finestre e dai balconi, perché temeva, aprendogli la porta ed ospitandolo in casa, di potersi infettare, visto che il Santo era a stretto contatto con gli appestati.
“LA MULA PARATA”:
Nella prima domenica della festa si svolge la Sagra del grano e durante questa bella manifestazione su usa condurre sino in Chiesa una mula parata, tutta ornata, cioè, dalla testa alla coda, di nastrini colorati, sonagli, nappe e ogni genere di cose che possono renderne allegro e colorato l’aspetto. Ai due fianchi vengono sospese due bisacce i canestri che contengono il carico votivo, costituito soprattutto di grano e di prodotti della campagna. Anche il carico è coperto da gualdrappe di seta di mille colori e da coltri. La mula parata inizia il suo cammino dalla casa del devoto offerente che la conduce sino in Chiesa. Anche il devoto è per l’occasione vestito a festa e si fa accompagnare dai tammurinari o da una piccola banda. Giunti sul Sagrato, la mula scende la scala e si affaccia all’ingresso della Chiesa. Il sacerdote benedice l’offerta e gli offerenti. L’intero addobbo viene anch’esso lasciato in offerta. Purtroppo questa bella manifestazione da qualche anno è però in disuso.
“TAMMURINARI E PORTATORI”:
Nello
svolgimento della festa un loro posto e una grande importanza hanno i “tammurinari” (suonatori dei tamburi) e i portatori del simulacro del Santo durante le processioni. Anche
queste attività sono legate promesse al Santo.
Il tamburo comincia a suonare sin dal venerdì che precede la prima domenica della festa per annunciare alla città che il festino diAgrigento è cominciato. Per il periodo della festa tutte le strade della città verranno battute dalle squadre dei tammurinari che si producono nel loro inconfondibile “brabbiti-brabbiti-
brabbitiba”.
Lo spettacolo più esaltante a cui danno vita i tammurinari di San Calò è la Diana: riuniti in gran cerchio, sotto la dipendenza di un capo, che si pone al centro, tutti i tammurinari danno vita ad una cascata di suoni in crescendo con un gran finale che si conclude con una sentita ovazione dei presenti.
Devoto portatore è chi per una “prumisa” chiede di sostenere, almeno per un tratto, il pesante simulacro del Santo, quando lascia la Chiesa pervenire condotto in processione. E’ un voto che in alcuni casi si tramanda anche di padre in figlio.
Naturalmente poiché i portatori sono tanti, spesso scoppiano furibondi contrasti nel tentativo di guadagnare un posto sotto la vara e offrire la propria spalla per sostenere il Santo. I portatori durante il tragitto fanno “ballare” il Santo, gli asciugano il sudore con i fazzoletti dei devoti, che così credono di portare a casa un panno che avrà poteri taumaturgici, avendo toccato il volto di San Calogero.
Il simulacro in tal modo viene condotto con passione ed energia e spesso urta addirittura contro un muro o un basso balcone. I devoti portatori, coperto il capo con un fazzoletto sgargiante, manifestano come possono il loro affetto al Santo e aiutano i fedeli che intendono presentare al Santo il proprio bambino. Così i pargoli vengono sollevati perché bacino il simulacro o gli accostino la guancia.
Intanto i devoti invitano i portatori a rifocillarsi dalla fatica e porgono loro soprattutto vino oggi, ma un tempo anche pasta asciutta e carne. E così la processione prosegue al rullo dei tamburi e al grido del popolo: Viva San Calò.
Elio Di Bella
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