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Pirandello e i Vecchi e i Giovani: la vera storia di Mauro Mortara. L’agrigentino Gaetano Navarra, patriota nel 1848 e poi garibaldino

20 Maggio 2022 //  by Elio Di Bella

Gaetano Navarra fu un cospiratore fervidissimo, un esule volontario della repressa rivoluzione del ’48, e, benché rimasto oscuro e non menzionato da alcuno, molto ebbe a soffrire nelle avventurose peripezie del suo esilio.

Ma non ci sembra giustificato in alcun modo questo in-giusto silenzio dell’umile gregario. Quindi a riparare tale ingiustizia proponiamo oggi ceda ricorrenza quarantottesca, che un ricordo marmoreo anche modesto (come modesta fu l’eroica sua vicenda) venga posto dal Comune in fronte alla casa dove il Navarra morì.

Ciò tanto più che il suo patriottismo non si esplicò solo nel *48, giacché egli fu poi un milite sempre intrepido di tutte le battaglie garibaldine.

Gaetano Navarra nacque in Girgenti nel 1809 da umili campagnoli.

Aveva fedine bianche (baffetti), occhi celesti, colorito rosso, «basso di statura, un po’ corto, comico e feroce, con due grotte pistole ai fianchi», era un uomo di un coraggio eccezionale.

Del suo coraggio fanno fede alcune attestazioni del Generale Gerlando Bianchini, che lo ebbe accanto sempre fedele fino alla sua morte in esilio del Presidenti dei varii Comitati rivoluzionari del ’48, con i quali il Navarra fu fido compagno di cospirazione.

Una fra le tante avventure del ’48 gli aveva dato il nomignolo di monacu.

 Qandò i congiurati agrigentini si radunavano alla villa dei Ricci Gramitto, al Caos, un frate francescano ebbe la infelice ispirazione di avventurarsi fin là per la questua. Il Navarra, che faceva la guardia ai congiurati, prese il questuante per una spia e, senza tante cerimonie, lo afferrò, lo legò e lo tenne appeso a un albero per tre giorni, di notte, poi lo sciolse e lo mandò via; ma tanta era stata la paura, che il frate non potè più riaversene e ne morì poco tempo dopo. Per questo fatto era chiamato Tanu ’u monacu.

Nel 1848 Gaetano Navarra era stato fra i primi a sfidare la gendarmeria e i satelliti del dispotismo e a difendere Il Generale Bianchini minacciato di arresto.

Cimentò la vita nel concorrere a dissipare il complotto macchinato  dagli artiglieri del forte del nostro Porto Empedocle e mantenendo la pubblica tranquillità, predicò a suo modo, principi di sana morale alle masse corrotte e sfrenate alla più licenziosa anarchia.

Nella restaurazione borbonica emigrò a Malta col Generale Bianchini e coi signori Giovanni Ricci Gramitto, Francesco De Luca, Mariano e Francesco Paolo Gioeni e là continuò a sperare e a cospirare coi nostri emigranti quali Giorgio Tamajo, Giuseppe Oddo, Luigi Pellegrino,  Francesco Crispi, Leopoldo Pizzuto, Pietro Gangi ed altri.        

Nel 1852, dopo la morte del Generale Bianchini, mancatigli i mezzi di vivere, Gaetano Navarra, partì per Costantinopoli, dove dimorò un anno im-piegato da fuochista in un vapore francese, il Faramone della messaggeria imperiale, sul quale approdò per una diecina di volle in Crimea, mentre ferveva la guerra in Oriente.

Da Costantinopoli, rinunciato l’impiego di fuochista, si recò a Smirne, e da lì s’internò nell’Asia, nel comune di Scala Nuova, l’antica Efeso, ove dimorò per ben sei anni, facendo là da cacciatore e da imbalsamatore dì uccelli e di fiere, onde sostenere la sua vita raminga.

In Efeso trovò il Conte Ippolito Vicentini, Marchese Antenori, D. Pietro Magozzi, emigrati romani, deputati di quell’ex repubblica, e Giovanni Giannini, romano, poi medico dell’esercito di Garibaldi. Con essi passava i suoi giorni fra lo stento e la speranza di rivedere la patria sua, quando apprese la lietissiima novella dello sbarco di Garibaldi  a Marsala.

SI mise le ali ai piedi e in pochi giorni tornò a Malta, dove trovò Giorgio Tamajo e

Il signor Burattini, capitano del volontari di Garibaldi, i quali lo condussero con essi su una barca in Terranova (l’odierna Gela). Ivi trovò la colonna Bixio, dove fu aggregato da sergente dello abbigliamento. Lo seguì sino a Messina e da lì sbarcò a Melito (Calabria) ove fu nominato ordinanza di camera del suo nuovo generale.

Dopo il ’60 ritornò in patria e fu nominato Capo della guardia del litorale girgentino. Nel novembre dello stesso  anno venne destinato dal prodittoratore Mordini quale applicato di prima classe in Girgenti e nel 1861 pubblicò un suo cenno autobiografico, nel quale, per sommi capi, riassume le principali vicende. Nel 1862 fu ancora con Garibaldi.

Collocato in pensione passò gli ultimi suoi giorni al Caos, nella villa dei Ricci Gramltto e là si dedicò alla viticultura. Nel 1872 pubblicò sulla Face, settimanale girgentino diretto da Ippolito Onorio De Luca, alcune sue esperienze Sulla insolzolfazione delle viti.

Nel 1881, quando sulla facciata del palazzo di città venne posta una lapide con la quale ai segnalavano  all’emulazione dei posteri i nomi del suoi massimi compagni di cospirazione quali Giovanni Ricci Gramitto, Gerlando Bianchini, Francesco De Luca, Mariano Gioeni e Vincenzo Gioeni non venne fatta alcuna menzione di Gaetano Navarra, il quale, come gli esuli ricordati, repressa l’audace riscossa del ’48, preferì l’esilio in terra straniera pur di non sopportare l’odiosa tirannide borbonica.

Solo Luigi Pirandello, che più tardi da bambino alla villa del Caos conobbe il veterano delle patrie battaglie, apprese le sue drammatiche e commoventi avventure, lo rievocò prima in un suo poemetto giovanile, Pier Gudrò, e più tardi nel suo capolavoro narrativo, I vecchi e i giovani, nel personaggio di Mauro Mortara.

Il Pirandello, elevando il , Navarra a protagonista simbolico dì quella che egli considera come l’ignorata epopea del  risorgimento agrigentino e che più tardi ancora doveva culminare, integrarsi e chiudersi con le fervide rivendicazioni proletarie del popolo di Agrigento nel soffocato periodo di Fasci dei lavoratori, non dubitò di erigere all’umile ma fiero campagnolo di Agrigento un monumento più duraturo del bronzo.

A nessuno, dunque, oggi, potrà dare ombra una modesta targhetta con poche linee. Nella ricorrenza del ’48 gli Agrigentini le murassero tale targhetta sull’arco della porta dell’umile casetta in cui il patriota popolano chiuse la sua lunga esistenza su un giaciglio disteso a terra, ma pago e sempre orgoglioso del suo nobile passato, farebbero opera che li onorerebbe.

L’inaugurazione del ricordo dell’umile cospiratore potrebbe costituire un momento intimo, ma non meno interessante, nella vita interna della nostra Città, a completamento delle altre manifestazioni patriottiche che della fatidica ricorrenza, già celebrata nella nostra città.

Calogero Ravenna, il ’48 ad Agrigento. Gaetano Navarra, in Giornale di Sicilia, 1 aprile 1948

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, girgenti, luigi pirandello, porto empedocle

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