Accusati di avere sostenuto i Borboni, i redentoristi vennero cacciati da Agrigento
Il 17 giugno del 2010 ricorre il centocinquantesimo della soppressione della Congregazione del SS. Redentore in Sicilia. Il decreto garibaldino assegna come causa della soppressione il sostegno dato dai Redentoristi al dispotismo dei Borboni dopo la caduta della Repubblica siciliana (1848-1849).
In realtà la ragione fu ben altra, cioè quella che si ricava, leggendo il seguente brano tratto dal saggio di Paolo Bottalla, gesuita, Histoire de la Révolution de 1860 en Sicilie:
«Questi infaticabili operai nella vigna del Signore facevano con le loro missioni un bene immenso nelle città e nelle campagne, estirpando i vizi, riformando i costumi del popolo e spargendo dovunque il seme delle virtù, che sono il vero fondamento della prosperità sociale.
Per sette o otto mesi dell’anno essi predicavano missioni secondo le regole del loro Istituto; e le fatiche e i prodigi del loro zelo erano tali da suscitare l’ammirazione di tutte le autorità e anche delle popolazioni. I vescovi gioivano dei loro successi nell’Istruzione del popolo e del loro contributo alla formazione dei giovani chierici ch’essi preparavano al sacerdozio.
L’edificazione della loro vita, il distacco da ogni ambizione, il manifesto disinteresse e lo zelo sincero di cui offrivano spettacolo, avevano guadagnato la stima, il rispetto, l’amore e la fiducia dei Siciliani. Si è mai sentito dire che un Padre di questa venerabile Congregazione si sia immischiato in affari spettanti all’amministrazione civile, o che abbia brigato per ingerirsi in questioni che non fossero di stretta pertinenza del bene delle anime?
Ma ciò che in essi dava ombra ai rigeneratori d’Italia, ciò che attirava sui Redentoristi la sentenza di soppressione e d’esilio, era precisamente che si voleva formare il popolo ad una scuola totalmente differente da quella del Vangelo. Per cui, a giustificare dinanzi ai Siciliani una persecuzione così ingiusta, si volle loro addebitare un’accusa del tutto calunniosa, d’essere stati assieme con i Gesuiti i sostenitori della tirannide. E in quanto tali il decreto di Garibaldi li raggiungeva e li cacciava dall’infelice Isola, che non potrà mai dimenticare il loro ardente zelo e le loro esemplari virtù».
Questo lavoro tratterà la sola soppressione della casa di Girgenti, partendo dal 1848 per arrivare al 1860. A conclusione sarà presentato il verbale di requisizione.
La rivoluzione del 1848 e la soppressione dei Redentoristi in Sicilia
In una annotazione per la morte del fratello coadiutore Pasquale Tarantino, venuto in Sicilia nel 1804 con i padri Nicola Mansione e Biagio Panzuti e fratelli studenti Raffaele Barba e Pasquale Del Buono6, si legge: «Per corona di sue virtù soffrì con tutta rassegnazione l’espulsione dal Parlamento nel 2 agosto 1848»7. È un accenno alla triste soppressione subita dai Redentoristi in Sicilia nella rivoluzione del 1848.
La rivoluzione in Sicilia parte da lontano, cioè dal 1820, quando i Borboni iniziarono la Restaurazione, che cancellò ciò che aveva apportato di nuovo la Rivoluzione francese e il periodo napoleonico. In contrapposizione a questa Restaurazione le nuove forze politiche e sociali emergenti incominciarono a vivere un lungo travaglio di idee, che sfociò nell’incendio della grande rivoluzione europea del 1848, di cui la Sicilia scrisse anche le sue pagine.
La Sicilia prima del 1820 era un Regno costituzionale con un parlamento feudale, che esercitava un’ampia autonomia negli affari interni dell’isola. La titolarità del regno era rappresentata da un vicerè, ma chi padroneggiava la vita economica, sociale e politica isolana era il baronaggio.
Nel 1812 ci fu la rivoluzione parlamentare, che abolì la feudalità, disponendo la separazione del Regno di Sicilia dal Regno di Napoli, che allora era occupato dai francesi, e adottò una costituzione liberale sul modello inglese e così nacquero i partiti politici.
Questo salto di qualità fu fatto più per il sostegno degli inglesi, che avevano un certo controllo in Sicilia, che per vera convinzione della famiglia dei Borboni, che regnava. Caduto Napoleone e cessato l’intervento inglese, la Sicilia perse tutto sia quello che aveva conquistato che quello che aveva posseduto, divenendo una provincia del Regno delle Due Sicilie, cosa che lasciò negli animi di alcuni un grande rancore verso i Borboni, che erano stati accolti e mantenuti con ricche assegnazioni durante il periodo napoleonico.
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