Ad Agrigento: arrogante esercizio del potere discrezionale, spregio della condotta democratica
Questo dossier ricostruisce la storia del drammatico evento che sconvolse Agrigento: la frana del Luglio del 1966. Si tratta di una raccolta dei dibattiti alla Camera dei deputati, degli altri atti parlamentari e dei documenti conservati dalla Biblioteca “Nilde Iotti”.
“La frana ha inizio intorno alle 7 del 19 luglio 1966 con alcuni segni premonitori che consentono alla popolazione di allontanarsi e mettersi in salvo. Coinvolge prima il rione Addolorata quindi un’area di circa mezzo chilometro quadrato, lasciando senza casa circa 8.000 persone.
L’evento ha animato un vivace dibattito pubblico.
Nei giorni successivi arrivano ad Agrigento il ministro dei Lavori pubblici Giacomo Mancini, il presidente del Consiglio Aldo Moro e il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, per assicurare il sollecito intervento dello Stato.
Il Consiglio dei ministri approva, nella seduta del 29-30 luglio, un decreto-legge con provvedimenti urgenti per la gestione dell’emergenza: il provvedimento viene convertito in legge nella giornata del 4 agosto.
Frana di Agrigento: le commssioni d’inchiesta
Il ministro Mancini in quella sede dichiara “la ferma decisione di individuare in modo rapido e sotto il controllo dell’opinione pubblica le cause che hanno determinato l’angosciosa situazione” e nomina a tal fine due commissioni:
una per gli accertamenti tecnici, presieduta dall’ingegner Giorgio Grappelli, presidente di sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici e neo- provveditore alle opere pubbliche per la Sicilia;
l’altra, guidata dal direttore generale dell’Urbanistica al Ministero dei lavori pubblici, Michele Martuscelli, incaricata di un’indagine urbanistico-edilizia.
Dopo la frana, la legge-ponte Mancini del 6 agosto 1967, n. 765, il decreto interministeriale del 2 aprile 1968, n. 1444 e la legge “Bucalossi” del 28 gennaio 1977, n. 10, definiscono un regime urbanistico vincolante. È inoltre introdotto un nuovo regime sanzionatorio dell’abusivismo edilizio che tuttavia non si arresta.
Sotto il profilo delle responsabilità si accerta che: “Gli uomini, in Agrigento, hanno errato, fortemente e pervicacemente, sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori.
Il danno di questa condotta, intessuta di colpe coscientemente volute, di atti di prevaricazione compiuti e subiti, di arrogante esercizio del potere discrezionale, di spregio della condotta democratica, è incalcolabile per la città di Agrigento.
Frana di Agrigento: dissesto territoriale
Enorme nella sua stessa consistenza fisica e ben difficilmente valutabile in termini economici, diventa incommensurabile sotto l’aspetto sociale, civile ed umano”.
La relazione sarà integralmente pubblicata sulla rivista dell’Istituto nazionale di urbanistica, con un editoriale del direttore Giovanni Astengo, membro della Commissione Martuscelli, nel quale si pone in evidenza “la stretta connessione fra le carenze di pianificazione e i recenti dissesti territoriali”.
L’imposizione dei vincoli urbanistici non pacifica tuttavia la città e il dibattito continua negli anni seguenti. La tensione tra città moderna e città antica, tra gli imponenti resti greci e i palazzi nuovi, tra l’Agrigento dei templi e l’Agrigento degli agrigentini non si sopisce.
“Non è in queste due specie che ha senso dividere le città” scrive Calvino in Le città invisibili “ma in altre due:
quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.
Allegati al dossier, immagini, documenti e una bibliografia essenziale, tratti dalle collezioni della Biblioteca della Camera dei deputati “Nilde Iotti”.
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