Nel 316 a.C. Dionisio II aveva approfittato dell’anarchia che regnava in quel periodo in Sicilia per impadronirsi nuovamente del potere a Siracusa. Era stato cacciato da quella città dieci anni prima da Dione, ma aveva sempre atteso l’occasione propizia per ritornare in patria.
Molti Siracusani che avevano parteggiato per Dione, dopo il ritorno di Dionisio II si erano rifugiati a Lentini, ponendosi sotto la protezione di Iceta, che regnava in quella città ed era stato partigiano di Dione.
La spedizione Timoleonte a nacque dalla richiesta di aiuti che Iceta, signore di Lentini, e i Siracusani rivolsero alla città di Corinto per liberare Siracusa dal dispotismo di Dionisio II, ma assunse successivamente un significato anticartaginese e aprì la strada ad una nuova colonizzazione della Sicilia.
Timoleonte era partito all’inizio della primavera del 344, nel mentre però i Cartaginesi, approfittando dei contrasti fra le città siciliane, avevano inviato in Sicilia una spedizione e Iceta si era accordato con loro per andare alla conquista di Siracusa e impedire la spedizione di Timoleonte che prima aveva insistentemente richiesto.
Venne riferito pertanto a Timoleonte di non sbarcare in Sicilia e di invertire la marcia per far ritorno in patria. Ma il comandante corinzio beffando i nemici arrivò nell’Isola e sconfisse ad Adrano l’esercito di Iceta. Si formò quindi una lega di città greche di Sicilia (guidate da Timoleonte) decise a fermare l’avanzata cartaginese, mentre da Corinto giungevano altri rinforzi. Messina venne riconquistata e la marcia di Timoleonte sembrava inarrestabile, tanto che i Cartaginesi richiamarono in patria i due comandanti Magone e Annone, abbandonando Iceta alla sua sorte. Quest’ultimo quindi lasciò Siracusa e tornò a rifugiarsi nella sua Lentini. Ripresa Siracusa, Timoleonte punì Iceta conquistando anche Lentini e poi Entella e altre città greche che erano soggette ai Cartaginesi.
I Punici nella primavera del 399 a.C. sbarcarono in Sicilia con ben 70 mila fanti, 10 mila cavalieri e numerosi carri da guerra, trasportati da più di 1000 navi da trasporto e appoggiati da 200 navi da guerra. Erano al comando i migliori ufficiali cartaginesi di quel tempo: Amilcare e Asdrubale.
Timoleonte riuscì a mettere insieme un esercito di 12 mila uomini, ma volle giocare sul tempo e decise di prendere l’iniziativa puntando con una marcia di otto giorni sul territorio agrigentino e avanzando sin verso il fiume Belice. Attaccò quindi i Cartaginesi mentre questi stavano attraversando il fiume e approfittando di un violento temporale che ingrossò il fiume e rese difficili gli spostamenti ai nemici. Timoleonte riuscì vittorioso a Crimiso (da identificarsi molto probabilmente con l’odierno Belice) e conquistò un ingente bottino. Dopo questa vittoria il generale corinzio poté dedicarsi allo scopo principale della sua missione militare: la nuova colonizzazione della Sicilia. Venne presto diffuso un bando in Grecia e nuovi coloni arrivarono in varie parti della Sicilia.
I Cartaginesi ripresero le ostilità affidando a Gescone, il figlio di Annone, il comando della nuova spedizione. Il generale punico evitò scontri diretti e preferì inferire sulla Sicilia orientale. Timoleonte si affrettò a siglare con Cartagine un trattato che garantiva la libertà alle città greche e con cui i punici si impegnavano ad abbandonare la Sicilia orientale per limitare la loro presenza nel territorio al di là del fiume Lykos (l’odierno Platani). Pertanto le città di Eraclea Minoa, Selinunte ed Imera rimanevano cartaginesi, mentre tutte le altre città mantenevano la propria autonomia; ma solo formalmente perché in realtà vennero poste sotto l’egemonia di Siracusa. Più tardi Agrigento e altre città cercheranno di recuperare interamente la propria autonomia, perché mal si adattavano alla tirannide siracusana.
Elio Bella