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Agrigento e il Mediterraneo

12 Luglio 2020 //  by Elio Di Bella

porto empedocle in una immagine d’epoca

Valeria Scavone, Professore Associato in Urbanistica , nel Dipartimento di “Architettura, dell’Università degli Studi di Palermo, ha pubblicato un saggio sui rapporti di Agrigento con il Mediterraneo nel corso della storia.

Fin dall’antichità più remota, i porti fluviali dei dintorni di Àkragas svolsero, ad esempio, un’importantissima funzione per i traffici marittimi e per il sorgere di città e il rapporto  con l’elemento acqua è stato fondamentale per Akragas: è una delle considerazioni della studiosa.

Akragas, “Il nome del fiume sulle cui rive sorse definiva proprio un sito senza granchi, bonificato dall’uomo che lo aveva scelto per insediarvisi, approdo sicuro in una costa alta e frastagliata. L’effige a forma di granchio sulle antiche monete agrigentine è infatti simbolo del Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi”, si sottolinea nello studio che qui presentiamo

Guardando poi al territorio: “La scelta del sito per la fondazione di Àkragas fu particolarmente felice tant’è che Polibio ne decanta le lodi in quanto vicina al mare “così che partecipa di tutti i vantaggi, che dallo stesso provengono.

Una piattaforma, delimitata da alti costoni rocciosi, degradante da nord a sud in direzione mare, abbracciata dai fiumi Àkragas (San Biagio) e Hypsas (Sant’Anna) confluenti a meridione nell’attuale San Leone”.

Ad Akragas si è arrivati per molto tempo via mare: “Le imbarcazioni erano generalmente ricoverate presso gli estuari dei fiumi o sulla spiaggia, come affermato da diversi storici; due delle più importanti colonie – Gela e Àkragas (Finley M.I., 1979, 28) – furono proprio in questo tratto di costa dove sono buone spiagge, ma mancano veri e propri porti. Ciò non impedì ad Àkragas di distinguersi, al suo apogeo, per l’esportazione di prodotti agricoli per mare; Diodoro e Timeo ne attribuiscono ricchezza e magnificenza soprattutto al commercio con Cartagine. Per molto più di un millennio esistette, infatti, alla confluenza dei fiumi succitati, l’approdo marittimo in un’area presumibilmente sita tra la contrada Maddalusa e San Leone, più arretrata rispetto all’attuale linea di costa, modificata dal trasporto solido della corrente costiera”.

Non dimentichiamo poi il legame della città con Porto Empedocle. E Valeria Scavone sottoline che “Quando cominciò la decadenza dell’Emporium di epoca romana, venne invece utilizzata una spiaggia qualche chilometro a ponente, dove sarebbe poi sorto il porto dell’attuale Porto Empedocle. I motivi che determinarono tale spostamento sono stati variamente prospettati dagli storici. Tra i più accreditati, la distruzione della vecchia Àkragas e il sorgere di Gergent, già a partire dal VII secolo d.C., in posizione sopraelevata sulla collina, più vicina a Porto Empedocle grazie ad una trazzera di tre miglia che, partendo dal Ràbato, conduceva alla Marina con pendio non troppo pesante.

Tra le parecchie cause che concorsero al lento e progressivo abbandono del vecchio scalo anche l’aumento delle dimensioni delle imbarcazioni che avevano bisogno di fondali meno bassi e le modestissime dimensioni dell’estuario del fiume che lo resero insufficiente a sostenere un traffico di una certa entità”.

Nacque situazioni il Caricatore del Molo di Girgenti

“Dall’affermazione di Amari: “quando, finita la dominazione araba, i Normanni stabilirono la nuova sistemazione amministrativa della Sicilia, la città di Girgenti fu elevata a Sede Vescovile solo per l’importanza del suo porto”, si evince che tale porto a quel tempo dovesse essere il più importante della costa meridionale siciliana. Durante il periodo arabo, infatti, venivano esportati in nord Africa grano, cereali, vino, pelli ed cuoi, legname e, soprattutto, sale minerale – osserva Scavone-

Tra i “caricatori” (punti della costa in cui venivano effettuate operazioni di imbarco e sbarco di merci) sparsi su tutto il litorale siciliano, quello di Girgenti fu sede – fin dal XIII secolo – di grandi traffici marittimi e svolse un ruolo di primo piano nei collegamenti con tutti i Paesi del Mediterraneo. A quel tempo lo spostamento delle merci avveniva quasi esclusivamente via mare perché le strade spesso non consentivano il facile passaggio dei carri.

Nel XVI sec, a causa della crescente minaccia barbaresca e dello sviluppo delle armi da fuoco, nell’ambito di un programma di difesa dell’isola, il Vicerè Pignatelli affidò all’ingegnere Ferramolino il compito della costruzione di una torre di avvistamento che, poi denominata di Carlo V, è tuttora visibile anche se degradata.

In quel secolo due gravi epidemie di peste, una carestia, diversi terremoti ed il timore di continue invasioni barbaresche contribuirono a devastare il territorio”.

Si alternarono periodi di crisi con periodi di lenta ripresa e di splendore

“Una certa rinascita si ebbe con l’amministrazione austriaca e nel 1726 furono effettuati lavori di ripristino del Caricatore. Il risveglio economico cominciò nel 1735, con l’inizio la dinastia dei Borbone: Gioeni, vescovo della diocesi agrigentina, si fece portavoce del bisogno di dare nuovo impulso all’attività del porto con l’ampliamento dello scalo.

Nel 1830, con l’accentuarsi del traffico solfifero, il porto ebbe uno sviluppo ed un incremento tale da dare al nascente paese una diversa fisionomia. Nel 1864 Marina di Girgenti, ormai città autonoma (denominata poi Molo ed infine Porto Empedocle), ottenne l’autorizzazione per la costruzione di un nuovo braccio del porto e nel 1875 fu aggiunto il braccio di ponente. Il tutto nonostante già nel 1842 Afan De Rivera scriveva del progressivo interramento causato dai venti che favorivano “il deposito nell’aia del porto” di sabbia, fenomeno che ancora oggi si riscontra.

La presenza nel costone marnoso che delimitava a nord la spiaggia di grandi fosse dovute a fenomeni di erosione carsica contribuì alla fortuna dello scalo. Utilizzate fin dai tempi degli Arabi, queste “buche da grano” (Afan De Rivera C., 1842, 204) costituivano magazzini naturali per il frumento”.

Lo studio di Valeria Scavone non dimentica la borgata marinara di San Leone: “Questa, nata spontaneamente con poche case di pescatori, solo in seguito, con la scoperta delle proprietà terapeutiche dell’acqua marina intorno alla metà del XVIII secolo, divenne piccolo centro balneare.

Le prime notizie del litorale, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, narrano di un luogo dove gli agrigentini accorrevano in periodo estivo, attratti anche dalle comodità offerte dallo stabilimento balneare attrezzato. Di questo, situato proprio al centro dell’attuale lungomare, non resta però alcuna traccia perché costruito su palafitte di legno”.

Categoria: Senza categoriaTag: agrigento, porto empedocle, san leone

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