“Le dinamiche dell’islamizzazione nel mediterraneo centrale e in sicilia: nuove proposte e scoperte recenti” a cura di Annliese Nef, Fabiola Ardizzone è un testo di grande interesse per approfondire una pagina della storia agrigentina poco conosciuta: quella del periodo arabo e della persistenza di una comunità cristiana in quel periodo.
Lo studio parte dalle considerazioni dello storico Domenico Gaspare Lancia di Brolo, che nel 1884, nella sua pubblicazione “Storia della chiesa in Sicilia nei primi dieci secoli del cristianesimo”, sottolineava che nel vallo di Mazara « abbondavano più che altrove i musulmani», ma non erano del tutto scomparsi i cristiani. Gli autori del saggio che qui riassumiamo hanno studiato “i pochi dati archeologici disponibili e alcune fonti scritte per vedere quali informazioni si possono ricavare sulla popolazione di fede cristiana della Sicilia occidentale, restringendo l’indagine a due contesti urbani, Palermo e Agrigento”.
In questo studio si mette in rilievo che la presenza cristiana ad Agrigento in età islamica è testimoniata da alcune fonti scritte ed è rintracciabile, nell’area della Valle dei Templi, dove, nella tarda età bizantina, era fiorito il monachesimo di rito greco, che ebbe un punto di riferimento nell’abbazia di San Gregorio.
Le aree oggetto dell’indagine di F. Ardizzone, che cura la parte del saggio riguardante Agrigento, sono:
– il temenos di età greca classica, ovvero la collina dei templi e in particolare il Tempio della Concordia ;
– l’area del Ginnasio romano, detta anche agorà bassa;
– il foro e l’area pubblica della città romana, individuata a Nord dei templi, sotto l’attuale Museo Archeologico della città, nei pressi del quartiere abitativo “ellenistico-romano”
- Il quartiere rupestre Balatizzo.
La città in età islamica venne arroccata sulla collina dell’acropoli e che la Valle fu ruralizzata.
La presenza monastica nella Valle è caratterizzata dal cenobio di San Gregorio e dalle cosiddette “grotte sacre” presso la chiesa medievale di San Nicola, ma obliterate dalla costruzione del Museo Archeologico. Delle molte grotte è rimasta una sola testimonianza: una grotta dotata di altare sormontato da una lunetta con tracce di pittura, di un sedile e di un grande ingresso sormontato da un arco a tutto sesto. Essa secondo De Miro era parte di un monastero rupestre bizantino, precedente la costruzione del cenobio medievale di San Nicola. Ma sul fatto che si tratta di un cenobio non vi sarebbero conferme abbastanza sicure ed è piuttosto plausibile “che le grotte siano state scavate dopo l’abbandono dell’area pubblica prospiciente e prima della costruzione del monastero cistercense del XII secolo”. E nel testo di Ardizzone si sottolinea che “l’ipotesi della relazione di questo cimitero con le grotte rupestri renderebbe poco plausibile l’uso di quest’ultimo come cenobio. Infatti, le tombe si trovano sparse qua e là su una vasta area che va dalla chiesa rupestre fino all’insula III del quartiere insediativo e sembrano, sulla base delle foto dei vecchi scavi e dei dati che stanno emergendo dalle nuove indagini archeologiche nell’area, avere al loro interno deposizioni multiple, elemento quest’ultimo che farebbe pensare più a tombe familiari che a sepolture di monaci”.
Che si tratti invece di un abitato della tarda età bizantina ? Possibile e vi poteva essere presente un edificio di culto rupestre e tombe tra le case. Potrebbe trattarsi del cosiddetto Praetorium, villaggio nell’hinterland agrigentino, citato nel bios di San Gregorio e ricordato dal monaco Leonzio. Ma anche questa è un’ipotesi.
Difficile anche sapere se quest’insediamento sopravvisse durante l’età islamica.
Una tomba recentemente scoperta nei pressi del tempio della Concordia in parte scavata nella roccia, foderata da lastrine di pietra e del tutto simile per tipologia a quelle descritte del quartiere ellenistico-romano ha suscitato l’interesse dei nostri studiosi Annliese Nef e Fabiola Ardizzone.
“Agrigento nell’827 venne presa d’assalto e occupata dalle truppe aglabidi. L’anno successivo, a seguito della controffensiva dello stratega Teodoto, gli Arabo-musulmani fuggirono dalla città dopo averla devastata. Tra la fine del IX e gli inizi del X secolo, Agrigento appare nel racconto di al-Dawūdī e Ibn al-Athīr ricorda le tensioni politiche tra Palermo ed Agrigento intorno al 900, prima dell’arrivo dei Fatimidi. Questo implicherebbe un qualche ruolo della città e la presenza di élites urbane”. Negli ultimi anni del IX secolo Agrigento ebbe una nuova fioritura grazie alla rinascita dei rapporti commerciali con l’Africa
Nel primo ventennio del X secolo la città compare nuovamente quale sede vescovile e Catullo Mercurelli e Alessandro Carlino ipotizzano che il vescovo abbia avuto la propria sede nel tempio della Concordia e nell’abbazia Sancti Gregorio, ma al momento non è dimostrabile sulla base di dati certi.
“La presenza cristiana nella valle dei templi di Agrigento durante l’età islamica d’altronde è attestata dal grande pluteo marmoreo con albero della vita e cervi affrontati, recuperato a Sud del quartiere ellenistico-romano, nell’area dell’Hotel Villa Athena, insieme ad un pilastrino di marmo proconnesio…
Secondo il De Miro questi arredi avrebbero fatto parte della cattedrale paleocristiana della città che avrebbe preceduto la trasformazione del tempio della Concordia stando al racconto della vita di Gregorio”.
Secondo Ardizzone invece è opportuno rivedere questa cronologia e integrare, all’interno delle attestazioni cristiane della Valle in età islamica, anche questo elemento architettonico.
Una frazione di dirham coniata da Ibrāhīm II (874-902), trovata nello scavo di tre fornaci per la lavorazione della ceramica, individuate nella Valle dei Templi a poche decine di metri dal Tempio della Concordia e datate all’XI secolo 94 è un altro generico dato sulla frequentazione dell’area in questo periodo, Per queste fornaci la datazione proposta è tra la metà dell’XI e la metà del XII secolo, ma deve essere rivista perché le produzioni ceramiche siciliane di età islamica riecheggiano quelle circolanti nella Sicilia occidentale e nel Maghreb tra il X e l’XI secolo
La qual cosa attesterebbe la continuità di vita dell’abbazia di san Gregorio anche in età islamica
Con “fondo San Gregorio” si definiva l’intera contrada. Era una grande proprietà agricola (fundus) che prendeva il nome dalla chiesa dedicata a San Gregorio, il cui culto nel tempio della Concordia si conservava fino alla fine del XVIII secolo secondo Catullo Mercurelli questa chiesa di San gregorio e il suo monastero sopravvissero, durante il periodo della dominazione islamica, e «furono punto di riferimento per i pochi cristiani che vivevano nei dintorni» come si può pensare dalla lettura del privilegio di fondazione della diocesi di Agrigento del 1098 e del Libellus de successione pontificum Agrigenti del 1233. “Quest’ultimo ricorda la donazione all’abbazia di San Gregorio da parte del conte Ruggero, «di molte terre con i villani ivi residenti i cui confini si estendevano dentro la città vecchia e al di fuori sino al fiume Naro ed al Casale Gebilaterus». Secondo documenti medievali risulta nel medioevo di pertinenza dell’Abbazia di San Gregorio un’attività produttiva di ceramica abbastanza consistente.
Alla prima età islamica rimandano anche le lucerne a piattello e cupoletta , le olle e alcuni catini acromi a profilo carenato per i quali è stato proposto di recente un rialzamento della datazione alla fine del IX-inizi X secolo. Pertanto si può ipotizzare la continuità di vita della produzione di questa bottega dall’età islamica (X secolo) alla prima età normanna (inizi XII secolo).
“Da sottovalutare pertanto l’ipotesi di lavoro che l’areale di distribuzione delle anfore di San Gregorio possa coincidere con quello degli insediamenti in relazione con l’abbazia greca…
Un ulteriore elemento coerente con questa, che è e resta al momento semplicemente un’ipotesi, è relativo al contenuto di queste anfore che per dimensioni e per forma richiamano i contenitori coevi atti al trasporto del vino. D’altronde, la coltivazione della vite nella valle dei templi nel periodo compreso tra l’età bizantina e quella normanna sembra attestata dalla presenza di un torchio proprio nell’area del Ginnasio in prossimità di una delle fornaci”
Da tutto ciò sembra probabile l’ipotesi di Mercurelli e di Carlino secondo cui l’abbazia di San Gregorio si trovava nei pressi del tempio della Concordia e che il tempio stesso fosse stato la chiesa abbaziale di questo monastero. “Non abbiamo elementi per affermare che questa fosse la sede vescovile in età islamica, anche se la sua posizione periferica e al di fuori delle mura trova un parallelo nella Palermo dello stesso periodo .
Ci sembra ragionevole concludere, almeno finché nuovi elementi non rimettano in discussione questa ipotesi, che nella riorganizzazione della città islamica vi sia stato spazio per una comunità cristiana, seppure confinata in un’area periferica come doveva essere la valle”, conclude Ardizzone
Elio Di Bella
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