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chiesa san nicola e convento ad agrigento primi del novecento

Vita e miracoli del Venerabile frate Egidio da Girgenti

8 Agosto 2022 //  by Elio Di Bella

Vita del Ven, F,

EGIDIO DA GIRGENTI.

Riforma” .

Il Ven. F. Egidio da Girgenti fu figlio d’un certo Antonio muratore, e nel battesimo si chiamò Andrea, e seben il padre per alcun tempo lo mandò alla scuola imparò solamente a leggere, e poi lo pose alla sua professione. Da giovanetto cominciò à frequentare i Sagramenti, fuggiva le tentazioni vane, e coll’occasione di star alla professione faceva quasi vita solitaria, essercitavasi nell’orazione,  particolarmente in meditare la Passione di Cristo Signor Nostro spargendo molte 1acrime, ed il pane che aveva da mangiar lui lo faceva impastare colle mandorle amare.

Da tutti era stimato per huomo di singolare bontà, nella quale bramava maggiormente inoltrarsi determinò lasciar’ il Mondo, entrò tra nostri Riformati in Sicilia, essendo d’anni trenta, e gli fu posto nome F. Egidio. Se bene nel Noviziato diede saggio a Frati del profitto, che era per fare nella perfezione, nondimeno fatto professione diede assai più alla penitenza. Non mangiava mai carne, di rado beveva vino, faceva tutte le quaresime del P.S. Francesco, e negl’altri giorni pigliava pochissimo cibo, la debolezza lo fece svenir, e cader’ in terra, onde fu d’ uopo aprirgli la bocca con un ferro per ristorarlo, dormiva sopra un letto fatto di pietre, e gesso, cuoprendosi con una mantellina vecchia, oppure riposava sedendo . Portava il cilizio, si disciplinava spesso a sangue con una disciplina di tredici rotelle molto pungenti.

Per lo spazio di venticinque anni sopportò un’ infermità in una giuba senza mai applicarvi medicamento per sanarla. continuava le notti intiere in orare e contemplare, per ordinario dopo matutino restava in Coro, o in Chiesa sino a giorno, accompagnava l’orazione co molte lagrime, il che faceva anco nel secolo.    Una volta tornando dalla Città al Convento fu incontrato da Frati con un Crocifisso in mano meditando, e piangendo dirottissimamente e diceva ogni giorno l’ufficio della Madonna, quello de’ morti, i sette Salmi penitenziali, ed altre divozioni oltre il suo ufficio d’obbligo .

Custodiva tutti i suoi sensi particolarmente gli occhi con rigorosa modestia in tutte le sue azioni, mai guardò donna veruna sul  viso, ancorchè molte andassero a visitarlo per confessarsi con lui, e raccommandarsi alle sue orazioni. Padre F.Buonaventura della Marca, suo Padre Spirituale per alcun tempo affermò con giuramento non aver trovato mai in lui materia di assoluzione, ed avergli detto in luogo di confusione generale, che non gli riprende sua la coscienza d’ aver commesso mai peccato grave in tutta la sua vita , ed altri attestarono, che morì Vergine. Era oltremodo vago, della solitudine, e del silenzio, onde teneva

una cella fuora del dormitorio commune, rarissime volte andava alla Città costretto dall’obbedienza, essendo vecchio non usciva mai di cella se non per andar’ alla Chiesa fuggendo a tutto potere anco le conversazioni di Frati. Fu da Superiori eletto Guardiano del Convento della sua Patria, dove sempre dimorò, e morì, e governò con tanto spirito, volendo essere più tosto suddito di tutti, che superiore. Voleva mangiare sempre i pezzeti di pane avanzati a Frati, come anco de’ cibi; in tutte le sue azioni si mostrava umilissimo, e zelantissimo della povertà, in se, e negl‘altri.

Tollerava con indicibile pazienza l’infermità, e contrarietà. Una volta per aver mostrato ad un frate un minimo segno d’impazienza, ò moto, che nè’meno arrivò a peccato veniale, con una fune al collo, e colle lagrime se gli inginocchiò davanti, egli dimandò perdono con gran sentimento, ed edificazione di tutti, si riputava sempre Novizio per mantenersi umile, desiderando esser tenuto da niente da ognuno. Compativa l’imperfezioni de’ prossimi,  sovvenivali nelle necessità, li consolava, amavali come se stesso. Trasferendosi qualche Frate da quel Convento ove lui dimorava per andar’ ad abitar’ in un altro, piangeva direttamente per l’amore che li portava. Aveva tanto zelo dell’obbedienza, che non faceva cosa veruna nè spirituale nè manuale senza licenza del Padre spirituale, o del Superiore.  Vecchio di settant’ anni faceva i soliti digiuni, e pure le quaresime del P.S. Francesca gareggiando cogl’altri nella penitenza, e nell’umiliarsi, onde meritò che il Signore gli concedette lo spirito profetico, come nei seguenti casi si vidde.

Trovandosi il P .Buonaventura della Marta del Convento di Girgenti , e considerando un giorno fra se stesso, che è molto difficil’ all’ huomo acquistare la santità per la grande ripugnanza del senso allo spirito, e della parte inferior’ alla superiore, e per la debolezza caduta sopra la nostra natura per il peccato d’Adamo. In quel mentre arrivò F. Egidio dal suddetto Padre, e gli disse non è così difficultoso l’esser uno perfetto, e Santo, anzi è facilissimo, del che restò il Padre stupefatto. 

Essendo nel nostro Convento di Naro, un giorno vidde nel Chiostro un Cavaliere qual’esso non conosceva , ma conobbe ben’allora la sua necessità e   prese cinque pani, e glieli portò segretamente dicendoli, andate Signore, e mangiate co’vostri figliuoli, mi dispiace non aver altro da darle. Restò colui non poco stupito, che  se bene si trovava confuso in quel giorno per non avere nè lui, nè la sua famiglia da cibarsi, non l’aveva conferito con nessuno, e ringraziò il Signore, che l’ avesse rivelato a quel suo Servo, acciò lo sovvenise.

 L’ aveva dotato Iddio d’ una mirabile grazia nel parlare di Spirito quantumque fosse laico e senza lettere, non sapendo che legger’ un poco, quando discorreva di pcrfezione con secolari, e con Frati pareva non si potessero partire dalla sua santa, e dolce conversazione . Sapeva a mente quasi tutto il testamento vecchio, e nuovo , e ne parlava con tanta eloquenza , che ognuno ne restava meravigliato, discorreva con tanta energia, che molti invecchiati ne’ peccati per le sue parole si conuertivano, e lasciavano la mala vita. Abborriua fuor di modo l’ozio, che però quando nó era dall’ubbedienzaoccupato, arava, ò curava l’orto, ò piantava alberi nel bosco, ò faceva corone, quali poi coglieva de’ Superiori dava a divoti, ò a Frati, ò a poveri. Mai fù visto uscirli dalla bocca una minima parola oziosa, sempre parlava di cose spirituali, per le quali si dimenticava d’ogn‘altracosa.

Un giorno zappando nella Selva, ed aiutandolo unNovizio detto per nome F. Benedetto da Girgerti laico di molto spirito, venuta l’ora di compieta sposero a sedere insieme sotto un’ albero, e F. Egidio cominciò un ragionamento spirituale, e proseguì con tal’eccesso, che suonò Compieta, poi la mensa per la colazione de’ Frati, appresso il silenzio, e finalmente le trè ore di notte senza che  Egidio se n’ avvedesse, tanto era astratto . Il Novizio per la riverenza, che gli portava, per la dolcezza, che sentiva del ragionamento non ebbe ardire d’avvisarlo della tardanza . Passate le tre ore di notte come tornasse in se s’accorse dell’indugio, e disse, Giesù Maria, è notte, e le porte del Convento sono serrate , orsù  abbiamo pazienza , egli si ritirò sotto un albero, e se ne restarono ivi sin’alla mattina .

Miranèo il demonio, che ogni giorno sormontava grado di perfezione più alto concepì verso di lui odio implacabil’,e cercava à tutto potere in varie guise impedirlo .

Una volta gli diede tante, e si fiere percosse, che gli ne lasciò i segni osservati da frati. Un’altra volta gli compare in forma di bellissima Donzella incitandolo à peccare ma ricorrendo egli all’orazione sparve l’inimico. Un’ altra finta per ingannarlo gli apparve in sembianza de la Beatissima Vergine, il che vedendo F.Egidio cominciò “ad umiliarsi nell’ esterno, e nell’interno stimandosi indegno di tanta grazia  e benchè l’astuto si forzasse accenderli una vana compiacenza nel cuore, egli umiliandosi, ed avvilendosi sempre più forzò l‘iniquo à fuggirsene confuso, avvedendosi il servo di Dio dell’inganno. All’incontro poi ogni sorte di Gente lo riverivano, e gl’avevano grandissima divozione ricorrendo a lui nelle loro necessarie tribolazioni, gli portavano infermi sin al Convento, molti de’quali mediante la sua intercessione guarivano, Giovanni Orosco Vescouo di Girgenti,  Prelato di molta prudenza, e dottrina ne fece gran conto,  ognuno desiderava la sua conuersazione, e procurava aver qualche cosa da lui usata,  

anco le pezze adoprate nella gamba inferma – considerandole come Reliquie. Finalmente infermatosi di febre nel Convento di S.Nicolò di Girgenti, ed andato à curarsi nell’infermaria antica aggravandosegli il male prese i sagramenti, e con grandissima divozione diede l’anima al Creatore ad  Decemb. 1602. di sua età settantacinque, e di Religione trentanove in circa. Saputosi il suo passaggio i po—poli di Girgenti, terre convicine concorsero in gran numero per baciarli le mani, e pigliar un poco del suo abito, Dopo la sua morte come in vita operò il Signore per li suoi

meriti molti miracoli, essendo portata agl’infermi alcuna delle cose da lui usate ottennero sanità, e per negligenza se n’è perduta la memoria suo corpo fu posto nella sepoltura  sotto una pianta. In luogo separato, ed a capo dell’anno fu riveduto intiero, espirante un soavissimo odore, nel qual modo continuò per molti anni sin’ al giono, che i secolari cercando in quel Convento per trovar il tesoro del Rè Falari, entrando frà l’altro in quella sepoltura furono occasione, che si disfacesse il dettto corpo secondo si rapporta nella prima parte della Cronica de’ nostri Riformati di Sicilia .

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, chiesa di agrigento, chiesa di san nicola, francescani, girgenti

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