Così come l’antica Akragas, anche la medioevale Agrigento venne circondata da mura, di cui purtroppo però rimangono scarse tracce. La loro costruzione si deve alla potente famiglia dei Chiaramonte.
Federico I Chiaramonte, signore di Siculiana, prese in moglie la nobile agrigentina Marchisa Prefoglio e da quell’unione nacquero Manfredi I, Giovanni II e Federico II, i quali furono gli artefici della
maggiore signoria feudale siciliana del tempo.
Agrigento deve moltissimo a questa famiglia che fece costruire numerose chiese e conventi, ma anche ospizi, castelli e le mura che cinsero la città quasi interamente (rimase fuori dal circuito solo l’antico quartiere Rabato).
Le mura erano fornite di numerose porte di accesso alla città.
L’ingresso principale era certamente Porta di Ponte. Da questa porta le mura chiramontane declinavano sino ad una vicina torre e quindi si volgevano a sud, interrotte da altre quattro possenti torri di difesa.
La Porta cosiddetta del Marchese era ubicata sotto la seconda torre, mentre sotto la quarta s’innalzava la Porta dei Panitteri (i cui resti si conservano ancora). Questo antico ingresso aveva avuto però nei secoli passati un altro nome “Bellicaudi. Non è certo però se si tratta della corruzione di una parola araba (Bab-el-Kadi) il cui significato era “Porta del Giudice“o se sia un altro il significato del termine e cioè “parte popolata”, che meglio indicava la funzione antica della Porta che era quella di consentire l’accesso ad una delle zone più densamente popolate della città, il quartiere Ravanusella, corruzione dall’arabo Rab-nas, dimora di gente qualunque.
Dalla Porta del Marchese le mura si prolungavano lungo un declivio sino a raggiungere la torre di Notar Andrea, nei pressi dell’attuale Chiesa che sorge in piazza Ravanusella. Questa torre venne abbattuta durante i moti rivoluzionari del 1848-49 dai patrioti che ivi costruirono trincee e altre opere di ingegneria militare.
Il circuito delle mura si spostava lentamente poi verso oriente e incontrava la porta dei Pastai, poi detta dei Saccaioli-così nominata perchè si trovava nei pressi di alcuni mulini- che andò distrutta a seguito della costruzione di una piccola chiesa dedicata a Santa Lucia.
Sempre sulla stessa linea orientale delle mura si trovava la Porta di Mare, che immetteva alla lunga trazzera che conduceva al Molo.
Ad occidente poi, verso dove le mura volgevano dolcemente, era stata innalzata la porta detta di Mazzara, il cui nome però non ha nulla a che vedere con l’omonima città della Sicilia occidentale e deriverebbe invece, secondo lo storico Picone, dall’arabo El-Maha-ssar”, ossia “torchio o trappeto”: esisteva, infatti, in questa zona una piccola attività industriale. Alcuni studiosi però contestano il Picone e fanno derivare il nome da Ma’sarah” ossia “palmento, luogo dove si pigia l’uva”. I primi interventi per l’abbattimento di questa porta della città risalgono al 1873.
Le mura avanzavano poi lungo la collina, proseguendo quindi in lato sino a raggiungere la strada su cui sorge l’ex istituto Gioeni e quindi da lì arrivavano allo Steri Chiaramontano, l’attuale Seminario Vescovile, presso il quale s’innalzava un’altra porta, quella dei Cavalieri. Poi le mura riprendevano da lì a distendersi verso nord lungo la linea che dal Duomo conduceva al Castello e quindi alla Porta Bibbirria (secondo alcuni Porta dei venti). L’ultimo tratto murato andava sino all’angolo della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e scendeva ancora la collina per ricongiungersi con la Porta di Ponte, che era assai diversa da quella che oggi ammiriamo.
Elio Di Bella