da un manoscritto del Canonico Angelo Noto, una breve storia del culto alla Madonna nella Diocesi di Agrigento
Introduzione
Le origini della Diocesi di Agrigento, i cui confini rispondono anche oggi esattamente ai confini dell’omonima provincia, si perdono nella prima metà del primo millennio cristiano.
La tradizione locale, purtroppo non sufficientemente suffragata da documenti inoppugnabilmente storici, ci parla di vari Vescovi, anche molto prima della pace costantiniana e fa anche il nome di S.Libertino, proto – vescovo e martire agrigentino, che sarebbe stato inviato dallo stesso Apostolo S. Pietro (Si conserva ancora in Cattedrale una tela che rappresenta S. Pietro seduto in Cattedra che porge la bolla di nomina a S. Libertino).
ciò che del resto è suggerito dall’importanza della città e dalle antiche tradizioni agrigentine.).
Che la diocesi sia precostantiniana nella sua origine è ammesso senza dubbio dallo stesso Harnack autore protestante, erudito espositore della storia della Chiesa nei primi tre secoli.
Entriamo in piena luce di storia nel secolo VI; l’epistolario di Gregorio Magno infatti (590-694) ci parla di Eusanio (vissuto al tempo di Papa Pelagio (578-590) e di Gregorio di Agrigento, contemporaneo del Grande Pontefice ed in varie circostanze in relazione con lui (Epist. I, 70; III. 12: IV. 36; V. 12; XIII. 22).
Il culto mariano alle origini
Tutte le testimonianze non parlando di una diocesi di recente istituzione, ma di una sede antica; ciò che del resto è suggerito dall’importanza della città e dalle antiche tradizioni agrigentine.
Il primo accenno storico all’amore di Agrigento verso Maria lo troviamo nella presenza dei suoi vescovi in momenti importanti per il culto verso Maria SS.ma.
Felice Agrigentino è presente al Concilio Romano del 649 sotto Papa Martino e proprio in tale fausta circostanza si definì la perpetua verginità della Madonna ante partum e post partum (Mansi F. coll. 865 s., 1163 s.).
Giorgio Agrigentino è presente al Concilio Lateranense del 680 sotto Papa Agatone (Mansi, XI p. 170) e Costantipolitano III (ecumenico VI) del 680 -681; concili nei quali, così delicatamente e perspicuamente si parlò della Vergine Genitrice di Dio.
È logico pensare che i Vescovi di Agrigento, tornando dalle assise in cui era difesa ed esaltata la dignità della Madonna, trasfondessero il loro entusiasmo anche nel popolo ad essi affidato.
Le indagini dell’archeologia
Un accenno ancora più specifico sul culto mariano ad Agrigento, accettato anche da Catullo Mercurelli, il più recente ed informato studioso di Agrigento paleocristiana, si trova nella biografia di S. Gregorio Agrigentino, scritta dal monaco basiliano Leonzio e pubblicata anche dal Migne (PG XCVIII, col. 741-1182);
al capo 48 si legge che all’Emporio di Agrigento (l’odierna frazione di S. Leone), presso la foce del fiume Akragas, sorgevano un monastero maschile e una chiesa, entrambi dedicati alla Madre di Dio, cioè alla Theotòcos (Agrigento – Paleocristiana, Estratto dalle “ Memorie della Pontificia Accademia Romana d’Archeologia „, Seria III – 1948.).
Sull’antica acropoli un’altra Chiesa cristiana, oggi chiamata S. Maria dei Greci anche dedicata a Maria, fu innalzata nell’interno d’un tempio, classico, quello di Athena, sfruttando in modo notevole le strutture antiche come si osserva in modo evidente nel Tempio della Concordia e più chiaramente nell’Athenaion di Siracusa, trasformato nella odierna Cattedrale.
L’antichità del piccolo santuario agrigentino è garantita dalla sostituzione del culto ad Athena la Vergine con quello della Vergine Maria: cosa assai frequente nell’epoca paleo – cristiana ed il cui maggior esempio è costituito dal Partenone.
Il Mercurelli tuttavia non si dice pienamente sicuro della datazione paleocristiana del santuario mariano agrigentino, potendosene riferire la trasformazione anche all’epoca normanna (o.c.p. 43).
Molti autori, anche di chiara fama, citati dal Mercurelli (o.c.p. 43 n. 48) parlano anche della trasformazione dell’heroon sepolcrale, detto comunemente Oratorio Falaride, in chiesa, dedicata a N. S. della Misericordia, come immediata conseguenza del Concilio Efesino del 431, il primo grande Concilio mariano.
Non sembra tuttavia sufficientemente dimostrata l’asserzione e la trasformazione potrebbe essersi verificata anche al tempo dei normanni.
L’incertezza dei dati storici si spiega per quella vandalica distruzione d’ogni traccia cristiana operata per due secoli dalla dominazione araba in Sicilia.
Notizie storicamente più certe s’incontrano invece al primo sbocciare del secondo millennio cristiano.
San Gerlando e la Madonna
S. Gerlando, proto – vescovo agrigentino, dopo l’espulsione degli arabi anche dall’estremo lembo della Sicilia, vissuto in Agrigento dal 1092 al 1104, è il restauratore della vita cristiana nella vasta diocesi, quasi imbarbarita dalla lunga dominazione mussulmana. Insieme alle tante altre opere, che la necessità esigeva, eresse dalle fondamenta la nuova
Cattedrale sull’alto del colle, dove si estende la moderna città e la volle dedicata alla Vergine SS. Assunta in cielo, oltre che a S. Giacomo ed a tutti gli Apostoli.
Sono ormai otto secoli che la Cattedrale di Agrigento canta la devozione alla Madonna e la venerazione alla verità dell’Assunzione, ergendosi certamente tra le primissime Cattedrali di Sicilia e di Italia, come annunziatrice della definizione dogmatica del 1950.
Riferendosi appunto a questo particolare S.S. Pio XII si è degnato elevare al grado ed alla dignità di Basilica Minore la vetusta Cattedrale agrigentina, decorandola con il titolo di Basilica dell’Assunta il 14 novembre 1951.
La storia della diocesi dal tempo di S. Gerlando si svolge attorno a questa Cattedrale, superbo monumento di arte arabo – normanna, che misura m. 82 per 35, adorna di 13 magnifici affreschi del sec. XIII, recentemente restaurati e valorizzati, di un preziosissimo soffitto a capriate scoperte dipinte del sec. XV e di tante altre opere d’arte, a cui gli ottanta vescovi di Agrigento hanno dedicato lungo il corso di tutto il II0 millennio le cure più attente e amorose.
Per almeno due secoli la Cattedrale rimase il monumento mariano per antonomasia dell’allora vastissima diocesi agrigentina e solo nel 1392 al culto della Madonna si associò liturgicamente il culto di S. Gerlando fondatore ed anche con le sue reliquie preziose, gloria insigne del Duomo.
Nel 1392 infatti il vescovo Agatone, nel riedificare la Cattedrale, la volle consacrata a S. Gerlando, abbinando così il culto del Patrono a quello della Santa Madre di Dio, a Sancta Maria, come allora comunemente dicevasi.
Il culto mariano in Cattedrale
La Madonna, e l’Assunta in particolare, rimase però il centro del culto divino in Cattedrale; cosi Mons. Francesco Gisulfo (1658-1664) nel dedicarsi alla decorazione del Sacro tempio (purtroppo deformato dallo stile barocco del tempo) volle che nel catino dell’abside centrale fosse dipinta dal Blasco la glorificazione di Maria, Regina del cielo e della terra;
sotto il cornicione s’intravede un grande affresco effigiante l’Assunzione, alla base poi di questo poema pittorico sta il sepolcro marmoreo dello stesso Gisulfo, che ha come principale ornamento una devota statua marmorea dell’immacolata.
In tal modo nella mente del Gisulfo i tre privilegi mariani più caratteristici (Immacolata, Assunta, Regina) vengono collocati in un ordine ascensionale d’insieme, in modo che il fedele con un solo colpo d’occhio possa in compagnia della Vergine salire dalla terra al cielo.
Più tardi Mons. Ramirez (1697- 1715) magnifica tempra di lottatore e di organizzatore, volle ornate con stucchi barocchi le cappelle del Sacramento e della Vergine detta privilegiata, adorna questa ultima di una statua marmorea di scuola gaginesca, anche oggi centro di viva pietà mariana;
il Ramirez è l’eroico vescovo, il quale, lanciato l’interdetto sulla diocesi per usurpazioni in materia religiosa da parte di Amedeo II di Savoia, per breve tempo anche Re di Sicilia, dovette esulare insieme a molti del suo clero e chiuse i suoi giorni a Roma all’ombra della Basilica domenicana e mariana di S. Maria sopra Minerva.
Mons. Lorenzo Gioeni (1730 – 1754), volendo provvedere al bene spirituale degli abitanti delle campagne agrigentine, pensò all’istituzione di una Congregazione diocesana intitolata dei Padri di S. Gerlando ed oblati di Maria.
Lo stesso Gioeni nella fondazione di un Istituto di arti e mestieri per i figli del popolo, volle che fosse posto sotto la protezione dell’immacolata Concezione, di Maria sempre vergine, destinandolo ad accogliere 72 giovinetti poveri, in memoria dei 72 discepoli.
Arriviamo così alla metà, tanto tempestosa, del sec. XIX; mentre Pio IX si trovava esule a Gaeta, Mons. Domenico Lo Jacono (1844 – 1860) si reca a visitarlo e si riempie di quell’entusiasmo mariano, che si diffuse nel mondo per la preparazione prima e per la proclamazione poi del dogma dell’immacolata Concezione.
Il Lo Jacono, infatti, fece pubblicare a Girgenti la bolla Ineffabilis ed ordinò una magnifica tela dell’Immacolata che s’innalza sul globo,
avendo ai piedi la testa del serpente e tutta circondata intorno dai simboli delle litanie, (attualmente venerata nel coretto della Cattedrale).
Giungiamo finalmente ai nostri giorni, nei quali la città e la diocesi di Agrigento sono state felicemente immerse in un’atmosfera squisitamente mariana.
Congressi Eucaristico Mariani, celebrazioni mariane, incoronazioni di venerate immagini della Madonna si sono succeduti senza posa in questo ultimo ventennio,
trasformando la diocesi dal Belice al Salso, dal Cammarata al mare in un rogo di amore a Maria.
Dieci solenni incoronazioni di simulacri mariani, venerati in vari paesi della diocesi, hanno spesso assunto la solennità di veri e propri congressi mariani.
Nel 1935 s’incorona l’aureo diadema della Vergine SS.ma delle Grazie di Montevago; nel 1936 la Madonna dei malati di Raffadali; nel 1938 la Madonna del Monte a Racalmuto, con congresso mariano di plaga;
nel 1939 ad Alessandria la Madonna della Rocca con congresso Eucaristico-Mariano; nel 1949 la Madonna SS. Immacolata ad Agrigento con congresso diocesano-mariano e la partecipazione del Card. Lavitrano tra grande entusiasmo di popolo; dopo la parentesi dolorosa della guerra, nel 1947 la Madonna dell’Aiuto a Campobello di Licata; nel 1949, dopo la trionfale «Peregrinatio Mariae » per tutta la diocesi, ad Agrigento la Madonna di Fatima;
nel maggio 1950 ad Aragona altro simulacro della Madonna di Fatima con l’intervento del Cardinale Ernesto Ruffini e congresso Eucaristico – Mariano di plaga; nel settembre 1950 la Madonna Ausiliatrice a Cammarata;
nel gennaio 1951 si celebrano ad Agrigento le grandi solennità dell’Assunzione, che coincisero con la Messa d’oro del Vescovo Diocesano;
nell’aprile del 1951 solenne congresso Eucaristico-Mariano a Licata con la partecipazione di personalità Ecclesiastiche e laiche e l’incoronazione della Madonna di Fatima, benedetta da S. Pio XII, per le mani del Card. Ruffini; due altre incoronazioni della Madonna di Fatima si sono avute nel 1951 a Castrofilippo,
nel 1952 ad Agrigento, in occasione delle feste del XX di episcopato agrigentino di S. E. Mons. Giov. B. Peruzzo e della sua nomina ad Arcivescovo, si ebbe alla presenza del Card. E. Ruffini, l’incoronazione del venerato simulacro di Maria SS. Addolorata;
nel maggio 1953 a Ribera, con la partecipazione di S. Ecc. il Card. E. Ruffini e di altissime personalità laiche nazionali e regionali, si è proceduto all’incoronazione della Madonna di Fatima, anche essa benedetta da S. S. Pio XII.
di Angelo Noto