Alle ore dieci del 20 febbraio 1875 il Cav. Antonino Celauro, dalla sua campagna in Racabbo, territorio di Girgenti, facendo ritorno in propria casa con un suo servitore, arrivava ad un punto distante due chilometri da Girgenti. Ivi giunto fu aggredito da alquanti malfattori armati, i quali fattagli la minacciosa ingiunzione di buttarsi a faci a terra, lo frugavano nella persona togliendogli il portafogli ed il porta moneta contenente da 60 lire a lire 100 circa, dopo di che passarono la sequestro della di lui persona e del suo servitore e li costrinsero a seguirli a cavallo, bendati.
Stette il Celauro gran parte della notte in viaggio, finalmente venne tradotto e riposto dentro una grotta ove, fu mantenuto dai malfattori sino alla sera del 24 febbraio detto, quando dietro promessa di far loro arrivare alquante somme, delle quali non si desume l’ammontare e se poi fossero state spedite, fu lasciato libero. Si ritiene abbia pagato otto mila onze. La famiglia e gli amici del Cavaliere negarono di avere avuto richiesta di riscatto e lasciarono le autorità all’oscuro su tutto.
Ritornato a casa, il barone Celauro rifiutò di esporre i fatti alle autorità. “Non ho niente a che fare con la polizia”, disse.
Vennero catturati successivamente i malfattori Filippo Argento e Filippo Piro che confessarono.
Salvatore Gentiluomo di Filippo di Porto Empedocle colpevole di grassazione e sequestro di persona e mancata estorsione venne condannato a quindici anni di lavori forzati e dopo avere espiato tale pena lo si assoggettava alla sorveglianza speciale della PS per anni dieci