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valle dei templi di agrigento

Agrigento e il mare: trionfi e sconfitte in epoca romana

16 Dicembre 2022 //  by Elio Di Bella

Dopo l’occupazione di Agrigento la parte del console Levino la nostra città visse una vita di riflesso: non ebbe più vita propria per parecchi secoli.

Eppure, in tale dura situazione, qualche traccia di attività marinara a quando a quando si ritrova, sebbene un po’ raramente. Scrive il Picone nelle sue Memorie Storiche agrigentine che Levio nel 209 a C. andava arruolando i Siciliani, «presidiava quella parte dell’isola che fu provincia Cartaginese, e distribuiva la flotta di settanta navi intorno alla costa;

coi cavalli di Mutine correva pei nostri campi per lunghe guerre, animando l’agricoltura, dal rifiorir della quale certo sarebbe tornata prosperità ai nostri e grande utilità in Roma».

Comunque la speranza di Agrigento nel ritorno alla prosperità ed alla grandezza primiera non fu che una semplice speranza e ciò per molti secoli.

Affidata poi la Sicilia al console Scipione Emiliano, egli nel 205 a. C. giungeva nell’Isola, ne ordinava il regime interno, ed alla città di Agrigento dettava leggi molto opportune.

Quando Scipione “raccolse tutte le forze in Lilibeo per tradurle di repente nella prossima costa africana, gli Agrigentini concorsero a fornirgli i legni da carico (Livio, XXIX, 24).

E non è questa una prova smagliante del tenace spirito marinaro agrigentino, se questo popolo caduco nella dura condizione delle « terre occupate» era ancora in grado ii fornire navigli al dominatore che l’aveva sottomesso ?

Le guerre puniche, intanto, determinavano nel popolo romano la necessità di sfruttare le terre occupate; dal quale sfruttamento non poteva essere risparmiata la nostra città.

Ma gli Agrigentini, e con essi tutti i Siciliani, trovarono un grande elemento di compenso equilibratorio nella frugalità ed in quelle virtù che li approssimava alla disciplina degli antichi Romani; «la calma del servaggio li rendeva utili all’agricoltura, al commercio, operosità della vita industriale per cui nei sessant’anni successivi alla distruzione di Cartagine riuscirono ad accumulare molte ricchezze.

Però Agrigento, per la nequizia Però Agrigento dei Pretori che erano altrettanti piccoli despoti, soggiacque alla depredazione da parte di costoro, nonostante il Senato di Roma cercasse di frenare l’avidità.

Le lotte fra Mario e Siila, la ribellione animata da Spartaco e le guerre servili furono altrettante cause di danno per la  Sicilia e quindi anche per Agrigento ché, tra l’altro, ebbe a soffrirne le depredazioni di Verre, rimaste famose nella storia.

A nulla valsero le proteste di Agrigento, che si affidò alla difesa dell’agrigentino Sofocle il quale si recò sino a Roma e si presentò al console Gneo Pompeo; soltanto l’eloquenza e la perizia di Cicerone poterono più tardi fruttare qualche cosa, poiché ai Siciliani furono restituiti 750 mila sesterzi in tutto; della qual somma si pensi quanto sia stata irrisoria la parte rimborsata ad Agrigento in compenso delle ruberie sofferte!

Poiché abbiamo accennato a Cicerone, torna opportuno rilevare che’ Finziade (oggi Licata) è ricordata da quell’oratore come porto molto considerevole (In Verrem III,83)

 Ed è Cicerone che nel noverare i furti del pletore Verre accenna alla copiosa quantità di frumenti esportata dall’Emporio agrigentino; il che fa supporre che il traffico marittimo non poteva in quel tempo mancare, anche perché si esportava sale e si esportava zolfo;

e se per l’esportazione del frumento si può pensare ad un traffico soltanto terrestre ove fosse diretto verso il continente, per il sale e per lo zolfo si deve immancabilmente supporre il traffico marittimo diretto verso tutte le coste mediterranee. Vero è che nelle storie di quell’epoca non troviamo accenni alle miniere di zolfo, ma poiché Plinio afferma (lib. XXXV, 39) che esse ai suoi tempi esistevano e dato che le miniere non s’improvvisano in pochi giorni si deve necessariamente supporre ad una esistenza di esse in tempo anteriore.

E’ opportuna, poi, la constatazione della tenacia con cui il traffico marittimo per l’esportazione dello zolfo continui tuttora a costituire una preminente attività del porlo di Agrigento, cioè di Porto Empedocle che, secondo me, fu l’unico scalo marittimo di Acragante e di Agrigentum, come lo è stato nel- tempo di Girgenti e dell’attuale Agrigento.

Non poco infauste per Agrigento e per la Sicilia in genere furono le guerre civili fra Cesare e Pompeo.

Dopo la disfatta di Filippi (42 a. C.), Sesto figlio di Pompeo sbarcava in Sicilia, ma respinto dal pretore Pompeo Bitinico cominciò a scorrazzare lungo le coste e ad affliggere Agrigento e le città marittime, e più tardi, sbarazzotosi di Bitinico, occupò Agrigento.

Quando Sesto fu vinto da Ottaviano nel 35 a. C., la nostra città cambiò padrone, ma restò sempre nella condizione di serva, poiché, come dice il Picone nella Memoria Quarta, « dopo la battaglia di Azio (31 a. C.) Ottaviano cingevasi la corona del mondo; ed Agrigento, dal dispotismo dei Pretori, cadeva quello dei Cesari».

Da quel tempo si apre una lunghissima parentesi storica per l’attività marinara di Agrigento.

Antonino Brucculeri

CONTINUA

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento storia, akragas, periodo romano, sicilia

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