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molo di grigenti progetto

Agrigento e il mare: origine e sviluppi di Porto Empedocle

20 Dicembre 2022 //  by Elio Di Bella

L’attività marinara degli agrigentini non si lasciò cogliere alla sprovvista dal decreto del 1819, perché alla data di abolizione dei Caricatori Regi era già in efficienza il molo del nostro Porto da ben cinquantasei anni.

La costruzione del molo, cominciata nel 1749 per iniziativa del Vescovo di Agrigento Mons. Lorenzo Gioeni durante il regno di Carlo III di Borbone e su progetto dell’ingegnere Savalza, fu ultimata nel 1763.

Su quella costruzione corse per tanto tempo una diceria che se fosse vera offuscherebbe il merito del grande vescovo Gioeni, quella cioè di avere impiegato per il costruendo molo il materiale del tempio di Giove. A sfatare quella diceria noi riportiamo un brano del prof. Marullo su tale argomento dalla sua opera storica da noi altre volte citata:

“Manca la possibilità di controllare la verità, ma non nascondo che la cosa mi pare incredibile, dal fatto che non riesco a conciliare l’interesse addimostrato dal nuovo re Carlo di Borbone per le antichità (Pompei si cominciò a disseppellire per sua espressa volontà nel 1748) con lo scempio che si lasciava compiere su le rovine d’Agrigento, Comunque, piuttosto che farci vincere dallo spirito straniero deridente la brama del Vescovo Gioeni di fare apprendere ai popoli l’archeologia, quanto non sarebbe più encomiabile che dai possibili errori del passato ricavassimo maggiore attaccamento ai nostri tesori artistici.

E’ interessante, al fine di precisare come sorse il Molo, quanto scrisse, il Picone su tale argomento nelle sue famose Memorie Agrigentine (Mem. VI, parte 2a) :

“Gioeni, col suo sguardo penetrante e con vedute ampie, si avvide che Girgenti poteva divenire un grande emporio di tutti i generi di esportazione. Il Caricatore coi suoi immensi magazzini era stato menomato dall’apertura di tre altri caricatori in Siculiana, Monterosso e Montechiaro.

Bisognava richiamare la vitalità al suo centro,   procurare a Girgenti e alla intiera diocesi una facilità di sbocco a tutte le derrate; sostituendo allo sbarcatorio  un Molo ed egli divisò di costruirlo “a sue spese. E qui avvenne una gara inimitabile tra il Gioeni e Carlo III. Pregava il primo il suo re perché glie ne permettesse la edificazione, e questo rispondeva non esser quella opera da privati, ma appartenersene ai sovrani il disegno e l’esecuzione che a sé riserbava. E Carlo attenne …

A questo punto torna opportunissima un’acuta osservazione del Marullo : “ Perché – l’interessamento del re (Borbone) non abbia a generare troppo false credenze_è bene ricordare che la Corona percepiva dai proventi del nostro porto più duecentomila ducati all’anno ».

Ora tornando a quella diceria sul conto del Vescovo Gioeni io credo che non ci sia nulla di fondato. Al Gioeni spetta il merito dell’iniziativa per la costruzione del Molo; ma se fu la casa Reale ad avocare a se l’opera di costruzione, che c’entra il Vescovo col materiale impiegato per la detta costruzione ? E poi — si sa — in questa ed altre imprese del genere tutta la responsabilità è dell’ingegnere direttore dei lavori, dalla cui onestà o meno dispende il modo di ricavare e d’impiegare il materiale occorrente.

Quella diceria dovette esser messa su dallo spirito settario degli anticlericali d’allora; ne abbiamo una prova nel fatto che gli storici imparziali innalzarono alle stelle la grande figura di quel Vescovo. Ecco, per esempio, le parole di uno storico spregiudicato, il Picone, il quale non odorava affatto di sagrestia, a proposito dei due vescovi Gioeni e Lucchesi Palli: “ Furono i Vescovi, furono quelle spiccate individualità che diedero fra noi le prime spinte al vero progresso, fondato sulla moralità dell’idea e sulla perpetuità della rendita ».

Ma torniamo al molo.

Il porto si compone di tre parti : un molo centrale e due laterali; la sua costruzione è tale da renderlo sicuro dall’azione dei venti di traversia. Ma la costruzione originaria, che pur aveva dato grande impulso alla marina nostra, non fu tale da resistere a lungo all’urto dei marosi; infatti dopo una quindicina d’anni, che i lavori erano stati ultimati, si cominciò a notare un, progressivo interramento che menomava terribilmente l’efficienza del molo.

il re di Napoli s’interessò del caso e nel 1780 diede disposizioni categoriche per l’espurgo del molo. Ma purtroppo i lavori, benché iniziati immediatamente, e perché la direzione dei lavori non era all’altezza del compito o per l’insufficienza numerica dei lavoratori, durarono molto a lungo, e cioè fino a quando cessò la dominazione borbonica in Sicilia.

Dopo il 1862 la storia del nostro Molo è legata al nome di un valoroso colonnello garibaldino, Luigi La Porta, che per un trentennio circa fu Deputato al Parlamento.

Come abbiamo visto in precedenza, lo spirito marinaro della nostra provincia si manteneva acceso in diversi punti ed era naturale che diverse città della nostra costa facessero a gara per avere un molo proprio.

Da ciò conseguì un fatto antipatico: la interruzione dei lavori del molo empedoclino perché un ispettore del Genio Civile, esagerando la menomata situazione di questo molo, fece in modo che il Menabrea, allora Ministro dei Lavori pubblici venisse nella determinazione di far abbandonare il porto di Porto Empedocle per costruirne uno a Licata (notiamo di scorcio che con decreto del 4 gennaio 1863 la denominazione del Molo di Girgenti fu cambiata in quella di molo di Porto Empedocle).

 Il deputato La Porta lottò ardentemente contro il minacciato provvedimento e in quella circostanza fu ammirevole la fervida concordia dei Consigli Comunali di Girgenti e di Porto Empedocle nel fare unico fronte per la difesa del molo empedoclino fino a deliberare di assumere l’impegno di tutta la spesa occorrente.

L’ardore degli agrigentini e degli empedoclini valse più degl’intrighi del parlamentarismo di quei tempi e con legge del 12 luglio 1864 fi decretata la costruzione di un nuovo braccio nella marina di Porto Empedocle. Anche questa volta proverbiali “ incerti del mestiere “ provocarono una interruzione dei lavori nel 1875, ma dopo tante peripezie essi furono ultimati nel 1885

Ci dispensiamo dal riferire su altri particolari e sulle vicende del nostro Molo nel periodo successivo e rimandiamo i lettori alle pubblicazioni da noi, altra volta citate.

 Sentiamo però il dovere di concludere questa serie di articoli con una parola di speranza:  la speranza che la tradizione marinara della nostra provincia sia mantenuta in alto e valorizzata al massimo ; e tale speranza non può non essere certezza dopo che abbiamo visto con quanta rapidità il Ministero fascista dell’Educazione nazionale definì la pratica relativa alla istituzione della scuola marinara a Porto Empedocle, scuola che fin dall’inizio ha dato segni forieri di un rapido sviluppo, indice più che sicuro della tenace permanenza della tradizione marinara in provincia di Agrigento.

Antonino Brucculeri

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento storia, porto empedocle, sicilia

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