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l'agrigentina sophia

Vi presento Sophia: una agrigentina di seimila anni fa

8 Ottobre 2019 //  by Elio Di Bella

ricostruzione del volto di una donna agrigentina di seimila anni fa
ricostruzione del volto di una ragazza agrigentina di seimila anni fa fonte https://palermo.repubblica.it

Ad appena dieci chilometri da Agrigento riemerge una straordinaria storia di seimila anni fa.

E’ venuta alla luce una necropoli preistorica in contrada Scintilia un teschio che ha portato gli studiosi alla ricostruzione del volto di una donna, a cui è stato dato il nome di “Sofia”, sepolta in una delle tombe di una necropoli agrigentina

Gli scavi e gli studi  hanno portato alla luce  alcuni aspetti della vita degli uomini e delle donne sepolti nella necropoli in caratteristiche tombe familiari.  Uno spaccato affascinante della  vita quotidiana, delle condizioni di  salute, della fatica del lavoro e della  dieta alimentare di uomini primitivi,    dediti all’agricoltura  e alla caccia  

Tutto è nato quasi casualmente, come ci racconta la sovrintendente dei beni archeologici di Agrigento Gabriella Costantino: “Nel 2008 durante i lavori per il   riammodernamento della strada statale Agrigento -Caltanissetta sono stati fatti dei saggi a campionatura lungo il percorso e in contrada Scintilia è stata rinvenuta la necropoli, poi scavata nel 2012 e nel 2013 – dice la sovrintendente Costantino – Le ricerche ci hanno permesso di scoprire che si tratta di uno dei siti più importanti della preistoria siciliana che possiamo collocare tra la fine dell’eneolitico e l’inizio dell’età del bronzo”.

Gli scavi condotti sul fianco di  un vasto costone roccioso hanno presto svelato un gruppo di tombe collettive familiari a cella ipogeica, precedute da pozzetto verticale, databili all’età del rame che custodivano i resti di un gruppo di uomini e di donne che in quel territorio avevano vissuto.  Il  rito funebre era semplice e consisteva nella nuova disposizione delle ossa più vecchie secondo un ordine preciso: spostando le ossa più lunghe ai margini della tomba, una accanto all’altra. In tal modo si realizzavano sepolture collettive e familiari. Così i corpi di genitori, figli e fratelli tornavano ad essere vicini, in una sorta di cappella funeraria preistorica familiare che ci dice anche quanto fosse forte il legame di sangue.

“Abbiamo capito dallo studio dei resti degli scheletri che i corpi di quegli uomini erano sottoposti a fatiche stressanti. Le donne erano spesso inginocchiate per pulire il grano  e avevano dolori alle ginocchia. Mantenevano una postura accovacciata necessaria alla macinatura dei cereali con macina e pestelli di pietra. Ma presentavano anche traumi    al petto perché portavano i bambini al collo – aggiunge la sovrintendente Gabriella Costantino.

Analizzando i reperti ossei di una decina di individui sepolti con le più avanzate tecniche di indagine – in modo da scoprire quanto più possibile lo spaccato di vita quotidiana ed anche  le cause della morte – si è appurato che   gli arti degli uomini erano sottoposti a notevoli stress meccanici per i lavori ripetitivi, gli sforzi intensi  e pesanti che nel tempo hanno logorato il fisico, perché anche i gesti più usuali costavano fatica e dolore. Traumi, malattie, alimentazione, lasciano sulle ossa dei segni che possono essere studiati e interpretati.  

“Grazie alla collaborazione con l’Istituto di Antropologia forense dell’Arcadia University di Philadelphia, è stata realizzata la ricostruzione cranio­facciale di un individuo femminile sepolto in una delle tombe, battezzata idealmente al momento della scoperta con il nome di Sofia – dice la sovrintendente Costantino –   Grazie a dei modelli tridimensionali ottenuti da TAC volumetrica gli esperti americani hanno  creato il modello fisico in 3D ed è stato ricostruito il volto che si può ammirare visitando la mostra. Presenta zigomi alti e mascella squadrata, ma lineamenti molto eleganti. I capelli sono folti e sono stati  adornati da conchiglie al momento della sepoltura.”.   

Importanti anche gli studi bioarcheologici indispensabili per la ricostruzione del paleoambiente.

“Completate le analisi paleonutrizionali abbiamo scoperto vasi finemente prodotti e decorati contenti una serie di piante e di pesci che sono stati consumati e che quindi erano presenti nella dieta – aggiunge la sovrintendente – Molto importanti sono gli studi che si stanno facendo sul DNA di cui aspettiamo i risultati, che potranno darci persino il colore degli occhi degli abitanti del villaggio e il colore dei capelli di Sofia, ad esempio”.

fonte

Elio Di Bella

Categoria: Cultura, In 5 Minuti, Scienze Umane, Scienze VarieTag: agrigentina, agrigento, favara, preistoria

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