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castelluccio di racalmuto

Il territorio agrigentino nel medioevo: i casali, i paesi, lo zolfo, le vigne

16 Agosto 2022 //  by Elio Di Bella

Il territorio

L’inventario preliminare che qui viene presentato è un primo, provvisorio risultato di una più vasta inda­gine dedicata all’insediamento medievale (dall’età bi­zantina al XV secolo) nel territorio della provincia di Agrigento. La scelta dell’area di indagine sulla base dell’attuale ripartizione amministrativa non va eviden­temente immune da una certa strumentalità. Non è comunque meno arbitraria rispetto ad altre possibilità per ricerche su vasta scala, ad esempio i fogli al 100.000 dell’istituto Geografico Militare. In Sicilia, anzi, le Soprintendenze uniche ai Beni Culturali hanno giurisdizione provinciale ed un’indagine del genere può considerarsi anche come propedeutica alla reda­zione della carta archeologica, uno fra i più rilevanti compiti istituzionali delle Soprintendenze stesse.

Al di là di ciò, comunque, la scelta del territorio agrigentino non è priva di valide motivazioni d’ordine storico. L’area conobbe un primo fattore di unità (a prescindere da un nucleo di organizzazione politica in età protostorica intorno al centro di Muxaro) nel pro­cesso di ellenizzazione delle valli del Salso, del Platani e dei fiumi minori, portato a compimento fra il VII ed il V secolo a.C. da Gela, Agrigento ed Eraclea Minoa ( 1 ). Fra Salso e Platani, inoltre, sono da fissare con molta probabilità i confini orientali ed occidentali della diocesi agrigentina in età paleocristiana e bizan­tina (2).

il territorio agrigentino nell’ultima fase del dominio musulmano

Più tardi, nell’ultima fase del dominio musul­mano, il territorio di Agrigento (con esclusione della contrada saccense) fu accorpato nella taifa di Ibn al Hawwas e quindi di Ibn Hammud, insieme alla vasta fascia centrale che da Enna e Caltanissetta giungeva ad Ovest fino a Castronovo ed a Nord fino a Ter­mini (3). I confini della taifa saranno riprodotti a parti­re dalla fine dell’XI secolo da quelli della rinata diocesi di Agrigento (4) che incorporerà anche l’area più oc­cidentale dell’attuale provincia, fino al Belice, perti­nente in età bizantina alla non più ricostituita diocesi di Triocala.

Il ricordo della taifa hammudita sembra sopravvivere anche in un’altra aggregazione territo­riale che nei documenti dal XIII al XV secolo si pre­senta non priva di una sua seppur sfumata individuali­tà: l’insieme dei «valli» di Agrigento e Castrogiovanni (Enna) e le partes di Termini. E non vi è motivo per ritenere che i confini del «vallo» bassomedievale di Agrigento differissero molto da quelli della «valle» di Girgenti in età borbonica (5) e quindi, grosso modo, dell’attuale provincia. Questa unità storica, d’altra parte, affonda radici profonde in una grande unità geomorfologica. Dal bacino del Salso al Platani si estende, giungendo, verso Nord, a lambire le Madonie; la vastissima for­mazione gessoso-solfifera: «un’immensa crosta di gesso a stratificazione variabilissima, spesso contorta ed estremamente sconvolta, solcata qua e là da pro­fonde ma strette denudazioni che scoprono le sotto­stanti argille» (6)

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Categoria: Storia ComuniTag: agrigentino, agrigento, porto empedocle, provincia di agrigento, racalmuto, sciacca

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