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“Se la mia terra chiama, sarò felice di cantare per lei”, ha detto più volte ai cronisti che lo hanno intervistato. La sua terra è Favara (in provincia di Agrigento) e questo suo figlio che brama di cantare in Sicilia è Giuseppe Todaro, uno dei più celebri tenori della nostra epoca.
Giuseppe Todaro, emigrò da Favara per mancanza di lavoro e si recò in Francia, dove erano i suoi fratelli, a diciotto anni, per lavorare come modesto elettricista all’officina “wendel” di Metz.
A Metz, al suo lavoro di operaio, abbina la sua innata passione per il canto, e con il validissimo aiuto del suo indimenticabile maestro George Genin, tenore dell’Opéra di Parigi, riesce ad ottenere i primi successi. Alla fine del corso consegue la medaglia d’oro, come primo classificato al conservatorio musicale di Metz.
A Parigi, Lione, Vichy e del teatro reale di Bruxelles, affronta la critica di un pubblico e di una stampa ben qualificati che le decreta il successo.
Nel 1962 lo troviamo al teatro di Mulhouse come artista del coro e tra anni dopo debuttò al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles nel ruolo di Rodolfo ne La Bohème di Puccini.
Seguirono molte altre interpretazioni. Dopo il battesimo del palco, per il tenore favarese fu una escalation di successi che continuano sino ad oggi. “Nel 1971 il compositore Francis Lopez gli chiese di interpretare Gipsy al Teatro Sebastopol di Lilla e successivamente al Théâtre du Châtelet di Parigi. Questa operetta ottenne grande successo ed ebbe 600 repliche al Théâtre du Châtelet. Nello stesso teatro e con successo simile, interpretò nel 1976, un’altra operetta di Lopez, Volga. Dopo un anno riprese la sua attività di cantante d’opera, proseguendo nel contempo la carriera nell’operetta interpretando opere scritte da Francis Lopez per Luis Mariano, La belle de Cadix, Le Chanteur de Mexico e Le Prince de Madrid.
Nel 1980 venne scritturato presso l’Opéra di Parigi facendo il suo debutto con il ruolo di Raflafla nella rassegna “Vive Offenbach” (Théâtre national de l’Opéra-Comique). Al Palais Garnier interpreta, tra gli altri, Stewa in Jenůfa di Janácek, Alfredo ne La Traviata di Giuseppe Verdi, un cantante italiano ne Il cavaliere della rosa di Richard Strauss, Beppe ne I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, Pong in Turandot di Puccini e Rodriguez in Don Chisciotte di Massenet. Il suo contratto presso l’Opera non gli impedisce di calcare altre scene come quelle del Grand Théâtre di Reims nel 1980, del Teatro dell’Opera di Nizza nel 1981, del Teatro Capitole di Tolosa nel 1982 e l’Opéra di Marsiglia nel 1985”. (fonte Wikipedia)
“Sono uscito dal Teatro du Chatelet dopo aver trascorso 8 anni ed aver realizzato due creazioni, una che è durata 3 anni e l’altra creazione che si chiamava Volga e che è durata solo un anno. Allora e lo ricordo benissimo, avevo ben 32 opere nel mio repertorio. Il direttore dell’Opera di Parigi era molto dispiaciuto nell’apprendere che lasciavo il Teatro. Il primo contratto doveva durare tre anni. Alla fine sono rimasto 11 anni”, ha raccontato in una intervista
Dopo aver lasciato il teatro dell’Opera di Parigi, José Todaro si esibì spesso in Canada in numerose operette di Francis Lopez, tra cui La belle de Cadiz e al Teatro Mogador di Parigi nel 1995 per il cinquantesimo anniversario della sua creazione. In parallelo fu protagonista di un tour in tutta Europa per interpretare l'”Inno delle Nazioni ” di Verdi. Nel 1998 fondò la sua società di produzione Todarte, con la quale produce concerti dal suo repertorio di oltre 300 brani di opere, operette, canzoni napoletane, melodie spagnole ed altro. È sposato con il mezzo-soprano brasiliana Maria Helena de Oliveira e suo fratello minore, col nome d’arte di Carlo Di Angelo, ha intrapreso una carriera di tenore nell’operetta, soprattutto nei paesi francofoni. José Todaro ha realizzato diverse dischi per la CBS, Decca e BMG”. (fonte wikipedia).
Tornato a Favara nel 1966, fu accolto con molto entusiasmo nel suo paese natale.
“Se la mia terra chiama, sarò felice di cantare per lei”, ha detto più volte ai cronisti che lo hanno intervistato.
“Il mio sogno è stato sempre quello di ritrovare la mia famiglia, di ritrovare i miei amici, il mio paese e quello di toccare i più grandi teatri del mondo. Ad un certo momento della mia vita ho preso la decisione di acquistare una casa qui. Volevo da tempo conoscere e riscoprire Favara. Probabilmente non sarò invitato per uno spettacolo. Qui a Favara manca la tradizione e la cultura dell’opera. Sono pochi qui gli amanti di questo genere. Ma via non sono triste, in fondo ho fatto tanto, ho dato tanto, e anche se non canterò a Favara vivrò lo stesso…”, ha detto in una intervista a siciliaonpress.