“La scoperta del teatro sarebbe per noi archeologi anche la conferma che la città di Akragas (poi Agrigentum in epoca romana), era particolarmente florida nel periodo ellenistico-romano, ed era aperta agli scambi anche culturali con i maggiori centri del Mediterraneo”.
Maria Serena Rizzo, 53 anni, agrigentina, archeologa laureata a Palermo e specializzata a Siracusa, dal 2005 archeologa della sovrintendenza di Agrigento, con tante pubblicazioni nel suo curriculum vitae, molto apprezzate e che hanno gettato nuova luce sul medioevo nel territorio agrigentino. E’ tra le protagoniste della campagna di scavi iniziati ieri e che fa tanto ben sperare sulla possibilità che di fronte la Chiesa di San Nicola, nella zona a sud-est dell’Agorà, emerga l’antico teatro di Akragas.
L’archeologa Maria Serena ci racconta come vivevano gli agrigentini nell’età in cui sarebbe stato edificata la struttura circolare scoperta di recente e che potrebbe costituire le prime tracce della cavea teatrale che si spera venga alla luce . “Il periodo sarebbe più esattamente quello compreso tra la fine del terzo secolo a.C. e l’inizio del secondo secolo a.C” spiega Serena Rizzo. E aggiunge: “Siamo a cavallo della conquista romana della città. Akragas è stata ripopolata da Timoleonte ed ha probabilmente vissuto un nuovo periodo di floridezza sotto Finzia; dalla fine del III secolo vive una fase importante di monumentalizzazione, che l’avvicina alle città ellenistiche dell’Asia minore, città monumentali con un impianto urbanistico scenografico. Una città, Akragas, che comunque anche dopo la conquista romana mantiene fortemente il suo legame con l’ellenismo, cioè con le sue radici”.
Quali i rapporti con gli altri centri del Mediterraneo ?
“L’ellenismo si caratterizza proprio per la nascita di una koinè, con un comune linguaggio in tutto il Mediterraneo, che è percorso da scambi commerciali e culturali che creano anche una comunanza culturale.
Agrigento aveva una produzione importante di vino e di olio, quest’ultimo in età classica esportato anche a Cartagine, e riceveva soprattutto in piena età romana prodotti di pregio che provenivano dall’oriente e dell’Africa, come tessuti spezie, ceramica. Poi in età romana importantissima sarà la produzione di grano, mentre verranno importate conserve di pesce, vino ed olio da molte parti, come sappiamo dalle anfore. Una parte importante delle produzioni agrigentine prende la via di Roma dopo la conquista romana”.
Da chi era governata in questo periodo e come viene sviluppandosi l’Akragas del periodo ellenistico-romano ?
“Conosciamo il tiranno Finzia che probabilmente rilanciò una città che per alcuni anni dopo la distruzione da parte dei Cartaginesi aveva vissuto un periodo di contrazione ed impoverimento. L’area pubblica, come sta emergendo dalle ricerche recenti, ci dice che c’è una fase di ristrutturazione che porta ad avere un complesso che abbraccia un’area molto grande, organizzandosi su terrazze diverse, con una serie di importanti edifici pubblici dal forte valore scenografico, come il bouleuterion (che esisteva già), la piazza porticata con il tempietto noto come oratorio di Falaride e il cosiddeto Iseion, più probabilmente un santuario legato a un culto pubblico romano. In questo si inserisce quello che noi speriamo sia il teatro”.
Il modo di vivere degli agrigentini diventa sempre più simile a quello dei romani in questo periodo ?
“Conosciamo le case degli agrigentini del tempo che ci parlano di una persistenza delle tradizioni ellenistiche, ma anche dell’inserimento di elementi che sono più vicine agli ambienti romani ed italici. È una città in evoluzione da tanti punti di vista. In cui si incontrano culture nuove e tradizioni diverse che danno vita anche ad un modo originale di concepire la città. Rimane la tradizione della casa a peristilio e quella della costruzione tradizionale con l’uso dei blocchi di pietra, ma comincia anche l’inserimento di tipi edilizi più tipicamente romani. Anche la costruzione delle terme rappresenta la comparsa di un tipo di edificio che più di altri rappresenta il modo di vivere romano”.
Di cosa era fatto il banchetto degli agrigentini in quel periodo ?
“Di certo di dieta mediterranea; tanto grano, olio e vino e in un periodo più tardo resti rinvenuti nelle tombe ci dicono che mangiavano tanto pesce. Molto ci dice una discarica che abbiamo scoperto nell’area del foro e appena finito lo scavo questo immondezzaio ci rivelerà molto. Dicono alcuni studiosi che noi siamo quello che buttiamo”.
Cosa sappiamo sulla religiosità ?
“Vengono inseriti nella vita cittadina i culti romani, ma nel primo secolo le Verrine di Cicerone ci ricordano il tentativo del governatore Verre di rubare una antica statua di Ercole carissima agli agrigentini nel tempio dedicato a questo dio e questo vuol dire che culti più antichi erano ancora vivi”.
Il mondo dei sepolcri agrigentini cosa ci rivela ?
“Ci sono monumenti sepolcrali importanti, la testimonianza più nota è la cosiddetta tomba di Terone, che potrebbe essere tardo-ellenistico o di età romana.
Non conosciamo molto delle necropoli ellenistiche, c’è una notevole continuità con il passato. In età romana si sviluppa la necropoli a sud delle mura, quella cosiddetta di San Gregorio e la necropoli Giambertoni. Le tombe si avvicinano di più alla città”.
Elio Di Bella