La Biblioteca Lucchesiana, fortunosamente recuperata, dopo i guasti e l’abbandono subiti nel periodo della frana di Agrigento, continua a rivelarsi come un ricchissimo scrigno di tesori, non solo librari, ma anche di carattere documentale e storico.
Tra le vecchie «carte», nei primissimi anni del secolo appena trascorso, il prof. Sebastiano Crinó ebbe la ventura di rinvenire un manoscritto di circa 200 pagine, riguardante le coste del Mediterraneo descritte ad uso nautico: un «Portolano» pregevolissimo, di cui però non è stato possibile rilevare né il nome dell’autore, né il luogo ove fu compilato. Ma si ricava, per i vari riferimenti intorno ai viaggi da lui fatti, che si doveva trattare di una persona dotata di perizia nell’arte del navigare in tutto il Mediterraneo, da Genova ad Algeri, dalla Sicilia a Marsiglia, da Lipari ad Orano, da Tripoli a Girgenti.
Il nostro pilota doveva essere abbastanza giovane quando incominciò a scrivere il portolano, ma, dalle sue descrizioni, si comprende appunto che doveva essere un uomo di grande esperienza marinaresca e di molta conoscenza dei luoghi e dei fatti storici che li riguardavano, dato che ci sono dei precisi riferimenti ad avvenimenti, con date. Dai primi elementi risultanti dal manoscritto, si può arguire che i rilevamenti dei porti siano iniziati quando aveva 30 anni, mentre, quando completò il «Portolano», doveva trovarsi tra 60 e 70 anni di età e cioè all’inizio del 1700.
portolano del gorglione
Sembra inoltre che l’autore dovesse essere siciliano e, molto probabilmente, messinese e che inoltre, da un insieme di elementi, si può dedurre che molto probabilmente il suddetto manoscritto possa essere portato a Girgenti dallo stesso Vescovo Lucchesi Palli, messinese e fondatore della Biblioteca.
Peraltro quello era il periodo in cui veniva realizzato il molo alla Marina, completato nel 1763, dopo quattordici anni di lavori. Così, mentre il porto di Messina decadeva, come scrive il Picone, «in quel novello asilo di navigli,unico nella riviera meridionale dell’Isola, si videro sventolare le bandiere di tutte le Nazioni». In tal modo, Girgenti diveniva, come sottolinea il prof. Crino, il centro della navigazione nel Mediterraneo.
L’uso dei portolani risaliva ad un editto, emanato nel 1359 da Pietro IV il Cerimonioso, Re di Aragona e di Sicilia (1336-1387), allo scopo di agevolare i naviganti nei loro viaggi.
Esistono infatti nella biblioteca comunale di Palermo diversi portolani, in italiano ed anche in lingua spagnola e, tra questi, molto interessante è quello di Filippo Geraci. Un altro portolano a stampa è quello di Sebastiano Gorgoglione Genovese del 1703.
Nella «Descritione della Sicilia», tra l’altro, viene attentamente descritto il litorale agrigentino ed infatti, dopo «lo forte di Castelvetrano», l’autore illustra la Torre di Porto Palo (“sotto di lei dalla parte di levante vé una punta di secco, dove si può scorgere – ancorare ndr – con bastimenti piccoli latini”), poi Capo San Marco a miglia tre da Sciacca (“città abbondantissima caricatore di frumenti”), a miglia otto la punta del Verdura (“quale dalla parte di ponente nell’estade fa riparo con li levante”), a miglia cinque la Secca Grande, a miglia quattro Capo Bianco e poi via via, la Torre di Siculiana, Capo Bianco, monte Rossello e quindi la «fortezza con il caricatore della città di Girgenti, che tiene buonissima artiglieria…a magazzini dove ripostono i fromenti.. .e dove si ormeggiano bastimenti latini di salme 300 e pure di 400, basta che si possono servire di palmi 9 di fondo, con haver poca zavorra.. .
La città di Girgenti è distante dalla marina miglia 4, quale è abbondantissima di ogni cibo, perciò detta città del sorgitore…». La dettagliata descrizione continua con la fiumara di Naro, Punta Bianca, il «caricatore della terra di Palma e quindi Santo Nicolò e la Licata (“… v’è uno scaro bonissimo, dove ci possono tirare quattro caichi grandi con facilità e la città tiene una buonissima fortezza fabbricata sopra le rocche e sotto della medesima vi è riparo con li estati e con li ponenti con 5 o 6 bastimenti grandi…”.
Probabilmente qualcuno sorriderà leggendo queste indicazioni, che sembrano elementari, ma a parte il fatto che venivano date anche delle informazioni sul modo di ormeggiare e sulle possibilità di effettuare rifornimenti di acqua e di vettovaglie, bisogna considerare che i portolani sono stati usati fino a non molti anni fa. Oggi, invece, la navigazione è molto facilitata perché i comandanti ed i piloti dispongono di sofisticate apparecchiature elettroniche e satellitari, che consentono la disponibilità di una massa enorme di dati, per calcolare la posizione della nave e persino la profondità dei fondali. Anche i fari, che con la loro luce sciabolante facevano da guida ai naviganti, sono oggi elettronici e funzionano automatica- mente, per cui la figura del farista è in via di estinzione, mentre ha costituito per secoli un personaggio romantico, su cui gli scrittori si sono sbizzarriti. Persino le carte nautiche oggi hanno dei supporti moderni, anche se la loro funzione è sempre indispensabile.
Tornando al “Portolano” inedito custodito alla Biblioteca Lucchesiana di Agrigento, non si può fare a meno di sottolineare l’importanza di questa istituzione culturale, che andrebbe valorizzata e resa più fruibile.