Il memorabile assedio di Akragas del 406 a. C., che terminò miserevolmente con la rovina della grande città, ci è diffusamente narrato e descritto da Diodoro Siculo e ne troviamo un cenno parziale negli Stratagemmi di Frontino e di Polieno.
Secondo il racconto di Diodoro Siculo, i Cartaginesi, trasportato l’esercito in Sicilia, si accinsero all’assedio di Agrigento, piantando in diversi luoghi due accampamenti, uno in alcune colline, dove posero Ispani ed Africani, in numero di 40 mila, l’altro non lungi dalla città, cingendoli entrambi di profonda fossa c di argine.
Prima di porre l’assedio alla città, i Cartaginesi mandarono proponendo agli Agrigentini un’alleanza offensiva e difensiva, o, quando meno, una neutralità amica durante la guerra di conquista che intraprendevano nell’isola.
Avendo gli Agrigentini rifiutato l’uno e l’altro partito, iniziarono le opere dello assedio .
Annibale ed Imilcone, capitani dei Cartaginesi (il secondo come luogotenente), collocarono due torri di fronte alle mura contro una parte che offriva un facile attacco e cominciarono la oppugnazione; ma gli assediati poterono incendiare le macchine in una sortita, sicché Annibale, volendo attaccare la città da altre parti, ordinò che coi materiali tratti dalla demolizione dei sepolcri si formassero tali rialzamenti di terra da pareggiare l’altezza delle mura. Però il lavoro fu sospeso per i superstiziosi terrori dell’esercito
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