Non esisteva una amministrazione locale autonoma nelle città del Regno delle due Sicile, fu sempre il Governo il principio di ogni amministrazione.
L’Intendente era la prima autorità della provincia, con poteri simili a quelli degli attuali prefetti.
Il Consiglio Provinciale era composto dal presidente, nominato ogni anno direttamente dal re e dai consiglieri, nominati con decreto reale su proposta dei consigli decurionali. Si riuniva una volta all’anno per non più di venti giorni, durante i quali doveva formare lo stato discusso, cioè il bilancio di previsione delle spese della provincia.
Il Comune era la base dell’amministrazione pubblica.
Il godimento dei diritti politici era subordinato ad alcuni requisiti: età (21 anni), sesso, cittadinanza, domicilio nel Comune da almeno 5 anni, censo (12 ducati annui per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti e 24 ducati annui per i comuni maggiori) o, in alternativa, esercizio di una libera professione o l’essere agricoltori per conto proprio benchè su terreno altrui).
Erano ineleggibili gli ecclesiastici, i domestici ed operai, gli interdetti dai pubblici uffici, mentre potevano essere eletti anche gli analfabeti.
Le liste degli eleggibili si formavano ogni quattro anni. Gli amministratori erano scelti da tale lista e indicati dall’intendente al sovrano.
Organi dell’amministrazione comunale erano il sindaco (nella duplice veste di capo dell’amministrazione comunale ed ufficiale di governo), due eletti (Napoli, però ne aveva 12), il decurionato (tre decurioni ogni mille abitanti, fino ad un massimo di trenta).
Gli uffici erano gratuiti e tutti gli amministratori avevano l’obbligo di residenza nel comune, né se ne potevano allontanare senza autorizzazione del sottintendente; erano inoltre responsabili di qualunque danno che il comune potesse subire per colpa loro e potevano anche essere multati o ammoniti.
Le cariche ricoperte costituivano veri e propri doveri civici più che diritti e chi se ne sottraeva senza valido motivo poteva essere multato anche in maniera pesante.
Elio Di Bella