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Una, nessuna e centomila tombe di Pirandello

7 Novembre 2019 //  by Elio Di Bella

L'attrice Marta Abba nella casa natale di Luigi Purandello dinanzi al vaso greco che consevava le ceneri del drammaturgo
L’attrice Marta Abba nella casa natale di Luigi Purandello dinanzi al vaso greco che consevava le ceneri del drammaturgo

“Niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me” scrisse nel suo testamento il drammaturgo agrigentino Luigi Pirandello. Ad ottantatrè anni dalla sua morte spunta invece la storia di un molare dell’autore de “Il fu Mattia Pascal” sopravvissuto persino all’incenerimento dei suoi resti mortali,  ma rimasto per decenni in una tomba assai diversa da quella che si trova presso la casa natale del Premio Nobel.

“ E’ la prima volta che ne parlo, in questi anni sono stato dibattuto, ma  era giusto che rivelassi questa storia fatta anche sulla mia pelle”,  ha raccontato in questi giorni  ai suoi amici di facebook, in un post,  l’archeologo, ex direttore del museo archeologico di Agrigento Giuseppe Castellana.

Sembrava tutto noto sull’uscita di scena di Pirandello, invece quando si tratta di Pirandello nulla è mai  semplice.

E’ noto che le ceneri pirandelliane sono rimaste  per dieci anni nel cimitero del Verano, a Roma, e nel 1947  sono arrivate  ad Agrigento e sono rimaste custodite in un vaso greco del V sec. a.C.  per qualche tempo ospitato nella casa natale di Pirandello. Nel 1962 infine le ceneri vennero  trasferite in un cilindro metallico che venne inserito in  monumento funebre, un grande masso, presso la Casa al Caos, dove ancora oggi si trovano.

La vicenda sembrava concludersi qui ed invece  l’ex sovrintendente Giuseppe Castellana fa una rivelazione straordinaria.

Nel 1973 il vaso greco in cui erano state poste le ceneri del Premio Nobel venne ritirato dalla casa natale  e portato al Museo Archeologico per ragioni di sicurezza.

“Comincia ora il giallo di cui il sottoscritto è stato protagonista,  quando nel 1999 divenne direttore del museo archeologico di Agrigento”, scrive l’archeologo Giuseppe Castellana.

Durate un sopralluogo in un caveau del museo agrigentino, Castellana notò un bel vaso attico a figure rosse e scoprì che si trattava dell‘urna cineraria di Luigi Pirandello. “Sobbalzai per l’emozione, trasferii il vaso al laboratorio di restauro e la mia collaboratrice mise le mani con i guanti di lattice in fondo al vaso e tirò fuori piccole ossa bruciacchiate da cremazione”, racconta Castellana. Evidentemente le ceneri di Pirandello non erano state completamente riversate nella sua ultima dimora, quando venne fatta l’ultima traslazione.  

Era già questa una sensazionale scoperta, ma l’indagine portò a ben altre novità.

“Feci un controllo accurato e mi accorsi che in fondo al cratere vi erano pezzetti di protesi dentaria”, aggiunge Castellana.

Il professore ne parlò col giornalista  Felice Cavallaro del Corriere della Sera, che pubblicò la notizia del  ritrovamento residuale delle ceneri,   ma più d’uno mise in dubbio che si trattasse dei resti di Pirandello e venne presentata persino un’interrogazione parlamentare con cui  si chiedeva   che i resti venissero comparati con quelli della mamma di Pirandello, sepolta nel cimitero di Porto Empedocle.  

Castella allora decise di agire: pese contatti con eminenti  scienziati per individuare il DNA sui resti cremati residuali di Pirandello in fondo al cratere e comparare il DNA con quello dei discendenti in linea matrilineare soprattutto.

Vennero  ad Agrigento immediatamente  tutti gli esperti che erano stati contattati. “Mi dissero che era problematico ricavare il DNA da resti bruciati, si accorsero tuttavia che vi erano resti di molari grazie a cui c’era la possibilità   ottenere il DNA ”, racconta Castellana.

Il DNA delle ceneri di Pirandello venne confrontato con quello di alcuni discendenti del drammaturgo che furono disponibili al prelievo.  

“Si esaminarono in due laboratori diversi, a Roma a Granada, i campioni. Da entrambe le analisi emerse che il DNA ritrovato nelle ceneri era quello di Luigi Pirandello ma emerse, altresì, che vi erano altri DNA non compatibili. Chiesi spiegazione e la risposta fu: le ceneri del corpo cremato di Luigi Pirandello al cimitero del Verano molto probabilmente si erano mischiate nel forno con altri resti appartenenti ad altre persone! Il forno non era stato pulito.

Uno, nessuno centomila. Ecco la storia. Il vaso di Pirandello fu restituito da me in data 28 giugno 2002 al Direttore della Biblioteca Museo L.Pirandello per la sua esposizione nella casa natale in contrada Caos”, conclude Castellana.

Elio Di Bella

Categoria: Cultura, In 5 MinutiTag: agrigento, luigi pirandello

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