RELAZIONE TECNICA
Lavori di consolidamento e messa in sicurezza dell’immobile demaniale denominato “Ex Carcere di San Vito”, sito in Agrigento via San Vito 45-47
Scheda Patrimoniale AGD0043.
- Cenni storici
Il convento di San Vito, oggi noto come ex carcere di San Vito, fu costruito, a comune spese del senato agrigentino, per volontà del Beato Matteo Cimarra, nell’anno 1432.
Il B. Matteo, frate dotto e agrigentino di nascita, aveva già completato nel 1430 la costruzione del convento di S. Nicolò (oggi San Nicola) fuori dalle mura della città di Girgenti, ma il suo carisma, era tale che gli Agrigentini vollero fortemente avere la possibilità di avvicinare il Sant’uomo per riceverne i sacramenti ed il conforto della fede. Fu fatto edificare, quindi, a cinquanta passi dalle mura di Girgenti, il convento di San Vito, sulle prime pendici della Rupe Atenea, allora ricoperta di boschiva selva. La data della sua edificazione, 1432, è ricavata da una lastramarmorea, oggi perduta e di cui ci da notizia lo storico Picone.
Nel 1578 il monastero fu affidato da Gregorio XIII ai Riformati e vi trovarono asilo 5 sacerdoti, 5 novizi e 5 laici per un totale di 15 persone.
La fabbrica ha ospitato per ben quattro secoli i confratelli della regola dei Frati Francescani e grazie alla sua ubicazione è stata, per lungo tempo, luogo di preghiera e rifugio per i credenti che andavano in pellegrinaggio in osservanza di riti religiosi; vi regnò il silenzio e la contemplazione e solo nel novembre del 1864, dopo l’acquisizione da parte dello Stato, divenne luogo di sofferenza e asilo per assassini, briganti e ladri.
Nel 1863, infatti, essendo vescovo Mons. Lo Jacono, i frati minori riformati dovettero cedere il loro convento al Governo Italiano, che aveva necessità di usarlo come carcere giudiziario in sostituzione del vecchio reclusorio, allocato nel castello arabo sito nell’immediate vicinanze.
Fu agevole ed economico trasformare le 20 celle allora esistenti, in celle reclusorie; bastò, infatti, munirle di robusti catenacci. Tale uso, sebbene ne abbia trasformato l’originaria struttura, ha però permesso di tramandare, pressoché integro, un monumento che, in caso contrario, sarebbe andato irrimediabilmente perduto.
“Carcere duro” , la cui fama si estendeva in tutta l’Italia tanto che, come si tramanda, i direttori delle carceri del Regno Italico, per calmare i detenuti più irrequieti, usavano minacciarli di trasferimento: “Al carcere di S. Vito di Girgenti, dove l’atrocità di quel reclusorio a breve termine vi farà cessare di vivere”(1). Non erano state proprio queste le intenzioni del B. Matteo Cimarra!
Nel novembre 1996 i detenuti furono trasferiti nella moderna e confortevole struttura della nuova casa circondariale della “Petrusa”. Da allora poche volte le porte dell’ex convento furono aperte, celando all’interno degli alti bastioni le bellezze architettoniche sconosciute alla maggior parte degli Agrigentini, una vera sorpresa per chi ha avuto la possibilità di farne oggetto di tesi.
Della struttura originaria non esistono piante o disegni e solo un attento studio dei restanti elementi architettonici, inglobati in più recenti murature, può consentire una sua ricostruzione ideale. A causa delle numerose manomissioni, dovute ad altra destinazione d’uso, il monastero ha perso molto della sua originaria struttura ed è difficile oggi poter distinguere i vari ambienti monacali.
Grazie agli archi e alle colonne che sporgono da alcuni muri perimetrali di postuma costruzione, ad una prima ricognizione, è possibile subito individuare il chiostro di forma rettangolare con il lato lungo addossato alla chiesa.
Oltre i muri che inglobano archi e colonne, per l’intero perimetro del chiostro, vi era il deambulatorio del quale sono ancora visibili buona parte delle volte a crociera che lo ricoprivano.
E’ probabile che nel piano inferiore fossero collocati gli ambienti di uso comune, mentre le celle, di n° 20, erano allocate nel piano superiore raggiungibile con una scala ad archi rampanti, tutt’oggi esistente.
Agli ambienti del piano terra si accedeva dal deambulatorio attraverso delle aperture ad arco che si innestavano nelle coperture a volta a tutto sesto o a padiglione.
La chiesa, demolita quasi totalmente per creare un altro chiostro che desse luce a nuove celle reclusorie, era di notevoli dimensioni e sembra sporgesse da entrambi i lati rispetto al convento. Possedeva 5 altari, di cui non si ha traccia, mentre rimane quasi integro, nella sua magnificenza, il sontuoso portale in pietra dura, modellato dalla luce che si raccoglie nei suoi fregi, angeli, foglie d’acanto, animali e frutti tipici della simbologia cristiana. Con le sue ghiere sviluppantesi su piani diversi, la fascia monumentale scolpita tra i piedritti nel motivo zooforo, il portale ricorda l’architettura normanna e lo stile chiaramontano. Antistante l’ingresso della chiesa era un loggiato, a doppia arcata, che sporgeva alcuni metri.
Al corpo centrale, negli anni, furono aggiunti diversi corpi di fabbrica in grado di ospitare tutte le attività necessarie allo svolgimento della vita carceraria (cucine, refettorio, parlatorio, infermeria, uffici amministrativi, celle di isolamento, caserma, etc.). Elementi di architettura carceraria ottocentesca convivono nella fabbrica del san Vito con elementi di architettura monacale medioevale dando vita a suggestive ambientazioni.
Oggi, totalmente abbandonato, l’ex convento di San Vito insiste su uno dei luoghi più nevralgici della città e si presenta abbandonato ma tutt’ora poderoso, degno di attenzione e di cure per un solerte ripristino.
Con i suoi 2500 mq circa di superficie utile, la fabbrica si offre non solo come elemento di architettura medioevale e luogo di storia, ma anche come futuro perno attorno cui far orbitare le attività culturali della città.
Gestione e manutenzione del bene
La Casa Circondariale di Agrigento, allocata all’interno dell’ex Convento di San Vito, è stata utilizzata dall’Amministrazione della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – fino al 1996.
Con la dismissione definitiva da parte del Ministero della Giustizia, avvenuta nell’ottobre dell’anno 2000, l’immobile, già in condizioni definite “carenti”, veniva riconsegnato all’Amministrazione Finanziaria e, successivamente, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia del Demanio, veniva assegnato in gestione a quest’ultima a partire dal 2001.
Le attività svolte dalla Direzione Regionale Sicilia dell’Agenzia del Demanio, finalizzate ad individuare nuove funzioni per l’immobile in parola, si sono orientate inizialmente verso un progetto che prevedesse l’utilizzo di una porzione degli spazi da parte del Comune di Agrigento, che ne aveva fatto richiesta per allocarvi un archivio civico e ambienti espositivi per eventi culturali cittadini, mentre la rimanente parte sarebbe stata utilizzata dall’Archivio di Stato di Agrigento come propria sede.
Tale intendimento all’utilizzo condiviso, che si sarebbe dovuto formalizzare, già a partire dal 2008, con un Protocollo d’Intesa la cui bozza era stata approvata dagli enti coinvolti, non fu poi conseguito, a causa dell’assenza delle risorse finanziarie necessarie; in particolare la Direzione Generale Archivi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo evidenziava, nel luglio 2015, pur confermando l’interesse all’utilizzo del bene per le finalità istituzionali dell’Archivio di Stato di Agrigento, di non disporre delle risorse finanziarie necessarie a coprire l’ingente importo dei lavori di ristrutturazione.
Intanto, con Decreto del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali del 08.11.2011, Il bene in questione veniva riconosciuto di interesse culturale ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. 42/2004; sulla base di tale provvedimento l’immobile, già appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato, veniva attratto alla categoria del Demanio Storico – Artistico. In base a tale nuova classificazione
l’immobile, per il quale non sono previste – ad oggi – ulteriori possibilità di utilizzo da parte di amministrazioni statali, dovrà essere trasferito alla Regione Siciliana ai sensi dell’art. 32 dello Statuto Speciale.
Nelle more del trasferimento alla Regione Siciliana, l’Agenzia del Demanio ha avviato alcune iniziative, comunicate agli enti territoriali interessati (Regione e Comune), finalizzate ad individuare dei percorsi di rigenerazione e riuso dell’immobile, in linea con il sistema dei vincoli vigenti e con gli interessi pubblici tutelati dai suddetti enti.
In particolare, l’ex Convento di San Vito è stato proposto dall’Agenzia del Demanio, nel 2016, tra i beni suscettibili di valorizzazione nell’ambito delle iniziative inquadrabili nel Masterplan per il Mezzogiorno/Patti per il Sud, per i quali si è proceduto ad effettuare specifici studi di fattibilità, oggi in fase di conclusione ed approfondimento.
Lo scorso 14 marzo, inoltre, è stato sottoscritto a Palermo un accordo tra la Direzione Regionale Sicilia dell’Agenzia del Demanio e gli Assessorati Regionali interessati (Territorio e Ambiente; Beni Culturali e Identità Siciliana; Economia; Turismo, Sport e Spettacolo), per la costituzione di un tavolo tecnico operativo finalizzato ad avviare, nell’ambito del Progetto “Valore paese – Dimore”, iniziative concrete per la valorizzazione di diversi immobili di proprietà pubblica presenti sul territorio regionale, tra i quali è compreso anche l’ex Convento di San Vito di Agrigento.
Entrambe le iniziative convergono verso l’obiettivo di procedere alla valorizzazione del patrimonio pubblico, anche attraverso il coinvolgimento di capitali privati, che mirino alla fruizione dei beni culturali e paesaggistici, nel rispetto delle identità territoriali interessate. Esempi virtuosi in tal senso sono costituiti dalle iniziative portate avanti negli ultimi anni dall’Agenzia del Demanio sui fari e gli edifici costieri, che hanno riscosso un notevole successo ed hanno portato a sottoscrivere proprio in Sicilia, nelle settimane scorse, le prime concessioni di valorizzazione in favore di soggetti aggiudicatari a seguito di una gara pubblica nazionale.
Riguardo agli interventi più immediati volti alla salvaguardia del bene ed all’eliminazione delle paventate situazioni di rischio legate alle infiltrazioni d’acqua nei muri perimetrali della struttura, la Direzione Regionale Sicilia dell’Agenzia del Demanio ha già condotto i primi interventi di messa in sicurezza, con la rimozione delle piante spontanee cresciute all’interno e sulle murature
perimetrali, liberando e ripristinando tutti i canali di scolo.
Stato attuale di degrado
Le conseguenze della insufficiente manutenzione hanno portato al progressivo degrado del compendio. Nel corso degli ultimi anni diversi sono stati gli interventi manutentivi eseguiti finalizzati alla messa in sicurezza del bene, in particolare si è intervenuto nella estirpazione delle piante
infestanti cresciute spontaneamente nei paramenti murari, nella messa in sicurezza degli elementi pericolanti e nella pulizia dei canali di scolo. Nel corso dell’ultimo periodo a causa dei forti eventi piovosi verificatisi si sono formate delle grosse macchie di umidità causate da infiltrazioni dell’acqua piovana nel paramento murario nord ovvero quello prospiciente la via Alcide De Gasperi.
Tale problematica, stante il grave stato di conservazione del manufatto ha indotto il comune di Agrigento a transennare l’area sottostante impedendo così sia la sosta dei veicoli che il passaggio pedonale. Lo stesso comune ha inoltre segnalato la necessità di un intervento risolutore al fine di mettere in sicurezza il bene e rendere fruibile quindi lo spazio sottostante.
Nel manufatto in oggetto qualche decennio addietro, quando era ancora in funzione la struttura carceraria è stato effettuato un importante intervento di consolidamento e ripristino di una grossa porzione dovuta ad un crollo improvviso. Il muro risulta infatti ricostruito con parti anche in cemento armato. I giunti di collegamento fra le varie sezioni risultano ormai in gravissimo stato di ammaloramento. Si notano inoltre, evidenti lesioni lungo il camminamento posto a coronamento del muro che un tempo serviva alle guardie per avere una visione ampia degli dei cortili esterni. Si nota altresì una decoesione dei conci componenti il muro dovuta alla polverizzazione della malta dei giunti di collegamento. Si notano inoltre nei conci soprattutto della parte bassa del paramento murario fenomeni di erosione e corrosione alveolare causate della azione meccanica dell’acqua congiuntamente con l’erosone eolica.
Intervento di consolidamento e messa in sicurezza
Vi è stata una proficua collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento, per avviare il percorso di analisi della struttura monumentale nonché di soluzioni progettuali attraverso l’utilizzo di tecniche non invasive finalizzate alla salvaguardia, tutela e alla conservazione del bene di grande valenza storica-artistica.
Le tecniche di intervento proposte oltre ad essere, tra l’altro, molto utili per ottenere indicazioni sulle genesi delle macchie di umidità presenti in alcune porzioni del muro, mirano ovviamente ad eliminarne la causa, risultando non invasive sia dal punto di vista meccanico che anche da quello visivo, le relative attività, come detto, sono state concordate con la Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.
Obiettivo dell’intervento è anche quello di consolidare e ridare solidità al paramento murario lato nord tramite l’applicazione di prodotti capaci di penetrare in profondità e migliorare la coesione del materiale degradato e l’adesione fra questo ed il substrato sano. Operazione eseguita mediante la rimozione degli elementi esterni fortemente degradati e disgregati mediante controllo palmo a palmo, successiva pulizia delle superfici con lavaggio di acqua a pressione e getti d’aria, scarnificazione dei giunti di allettamento inconsistenti, sostituzione degli elementi dismessi con nuovi elementi murari in conci di calcarenite, provenienti dalle demolizioni e/o nuovi, collocazione di questi con malta di calce idraulica, stilatura dei giunti e riempimento di piccole cavita con l’utilizzo di analoga malta compreso la sarcitura e sigillatura di lesioni di qualsiasi tipo.
Con lo scopo di rallentare i processi di deterioramento verranno applicati protettivi chimici sulla superficie alterata la quale si rende necessaria ogni qual volta si siano individuati come fattori che generano il degrado, agenti esterni alla superficie stessa (inquinanti atmosferici; condensazione di umidità ecc.). I prodotti utilizzati saranno idrorepellenti acrilici, trasparenti, reversibili, che abbiano buona permeabilità al vapor d’acqua, compatibilità con il materiale lapideo di supporto, buona stabilità ai raggi U.V., che non alterino la cromia originale, dati a pennello o a spruzzo con irroratori a bassa pressione. Verrà eseguita la listatura dei giunti, da eseguirsi con malta a base di calce idraulica, inerti selezionati e, depolverizzato di coccio pesto, pigmentati con terre naturali fino al raggiungimento della cromia originale. Verranno inoltre rimossi con l’ausilio di vibroincisore o microscalpello i giunti realizzati in murature di pietrame a facciavista o similari e la pulitura dei conci dal materiale residuo.
Preliminarmente alle operazione descritte si provvederà al diserbo chimico di vegetazione superiore inclusa la estirpazione manuale ad essiccazione avvenuta; consolidamento con silicato di etile nelle aree che presentano fenomeni di decoesione o disgregazione;rimozioni di scialbi; rimozione di elementi metallici quali perni staffe etc.; sarcitura di piccole lesioni compreso il taglio a coda di rondine, e la suggellatura con pezzi di mattoni o pietra calcarea; rimozione di strati di malta erosa o decoese successiva risarcitura e stilatura delle parti mancanti con malta costituita da calce
idraulica, sabbia o aggreganti minerali di granulometria e colorazione simile a quelle esistenti. Ad indurimento della malta si provvederà alla pulitura e/o tamponatura delle superfici
Sarà inoltre necessaria la realizzazione del ponteggio lungo tutto il paramento murario.
Interventi tecnici accessori
Ad integrazione degli interventi descritti al paragrafo precedente, tra le somme a disposizione della Stazione Appaltante è previsto un capitolo dedicato alla verifica e al monitoraggio della umidità presente nella muratura attraverso l’ausilio di strumentazione tipo termocamera con lo scopo di individuare aree o venature di umidità presenti. Per l’utilizzo della apparecchiatura verrà incaricatopersonale specializzato.