Grazie ad un apposito diploma, il conte normanno Ruggero, concesse al Vescovo di Agrigento, da lui stesso nominato, Gerlando di Besancon, un casale che era abitato in quel tempo da cento saraceni.
Il diploma è stato studiato dal letterato agrigentino Vincenzo Gaglio, nel Settecento, che ritiene che il casale sia quello allora denominato Cathal nel feudo di Cattà. Qualcuno pensa si tratti dell’attuale san Cataldo, ma la questione è piuttosto problematica.
Al tempo del Gaglio, esistevano ancora le rovine del Casale nel feudo chiamato al suo tempo Modaccamo e lo scrittore dice che si trovava a due miglia dal Castello di Raffadali.
I cento abitanti del Casale divennero servi ecclesiastici e furono obbligati a versare al Vescovo la metà dei prodotti della terra.
Grazie a questa donazione i Vescovi di Agrigento divennero baroni del feudo di Cattà.
Tutto questo leggiamo nell’operetta intitolata Breve dissertazione sovra l’investitura di un VillaGgio abitato da cento saracini concessa a S. Girlando ed ai Vescovi di Girgenti di lui successori in forza di un suo reale diploma
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feudo cathal