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isola Ferdinandea
isola Ferdinandea

L’isola Ferdinandea, note di un contemporaneo

18 Luglio 2019 //  by Elio Di Bella

È noto che nel luglio del 1831, preceduta e seguita da parecchi terremoti, una eruzione sottomarina formava di fronte a Sciacca un’ isoletta che gli Inglesi dissero di Graham, e gli Italiani prima isola Giulia, e poi Ferdinandea, in onore del sovrano allora regnante. Su quest’ isola si ebbe anzitutto la relazione del Prof. HOFFMANN (che primo la visitò), nella lettera al duca di Serradifalco, pubblicata nel N. 101 del Giornale di Scienze lettere ed arti; poi quella di CARLO GEMELLARO. Relazione dei fenomeni del nuovo vulcano. Catania 1831, che raccolse quanto potè dai giornali del tempo; poi ancora una relazione dell’ HOFFMANN, diretta all’ astronomo N. Cacciatore, e pubblicata nel Giornale di Scienze lettere ed arti, N. 106, che miravano a far conOscere ciò che i due scienziati avevan veduto, Più tardi si ebbero la Storia dell’ isola Ferdinandea, di SALV. RUSSO FARRUGGIA, pubblicata a Trapani nel 1831, e il Breve ragguaglio del novello vulcano, di D. SCINA, che vide la luce nelle Effemeridi scient. e lett. del 1832, e più tardi ancora la Storia del vulcano mariNo in Sciacca di DIEGO MAGLIENTI, annessa alla sua Descrizione delle acque termominerali di Sciacca. Palermo 1846, e i riassunti storici compresi da VINCENZO FARINA nel volume su Le terme Selinuntine, Sciacca 1864, e da MARIO CIACCIO nelle Notizie storiche di Sciacca. Sciacca 1900, senza contare gli studi più o meno particolareggiati di tutti i libri di vulcanologia o di meteorologia endogena.

Nonostante questo, sia perchè la massima parte dei libri citati son diventati rarissimi, sia perchè, per rifare con criteri moderni la storia dell’isola Giulia, nulla di quanto i contemporanei ne scrissero devesi tralasciare, noi non riteniamo inutile il pubblicare una breve narrazione che un cittadino di Sciacca, SALVATORE ROSA, scrisse in quel tempo quasi a forma di diario, e che sin oggi è rimasta non solo inedita, ma del tutto sconosciuta agli studiosi.

La forma dello scritto lascia molto a desiderare, e certi giudizi forse non sono oggi accettabili; ma il ROSA, che abitava a Sciacca, conobbe l’Hoffmann quando tornava dalla sua prima escursione ed il Gemmellaro quando sfava per compiere la propria, sicché ebbe cognizioni sufficienti sulla portata scientifica del fenomeno ; e siccome dalla sua città lo segui quasi giorno per giorno, le sue note hanno una originalità non priva d’ importanza, tanto che la prima pagina di esse (allora non scritta per intero} il Gemmellaro pubblicò in appendice alla sua relazione. Pubblicandole quindi nell’ Akragas, crediamo di fare un vero regalo agli studiosi, i quali, speriamo, vorranno anche per questa parte notare i nostri sforzi per dare alla Rivista un carattere del tutto originale.

Il Direttore

Circostanze che precessero e seguirono L’Eruzione Vulcanica in mezzo al mare di Sciacca nel mese di Luglio 1831.

Sin dal 26 Giugno 1831, si parlava in Sciacca di qualche piccola scossarella di tremuoto che da pochi sentivasi, e non vi si faceva caso.

Nel 26 ad ore 13 s’intese una scossa leggiera, ma non fu avvertita per non essere stata generalmente intesa.

Nel 28 giugno s’intese una scossa ad ore Ore 21,15

Id 29 D  altra scossa 13,45

Id 30 D altra scossa 7,-

altra scossa 9,15

altra ad Ore 11,45, più forte delle precedenti c con fragore orribile.

altra ad Ore 3,15, forte e preceduta da una luminosa coruscazione elettrica.

altra ad  Ore 3,45, fortissima, lunga e fragorosa.

altra ad’ Ore 4,15 più leggiera.

Nel primo Luglio mattina ad  Ore 7 leggero tremore

Ore 4,     leggero tremore

Nel 2     D.° ad   Ore 7,—      molto forte e con strepito.

D,” ad   Ore 16,—    – alquanto forte e lunga e con un moto oscillatorio da Mezzogiorno a Tramontana.

D.o ad   Ore 22 – – Leggiera.

Successero in detti giorni altre scosse di minore considerazione e da pochi avvertite.

In detti giorni di scosse 1’ Atmosfera veniva agitata da Venti Occidentali turbinosi ed in alcune serate di calmeria s’intese una puzza assai penetrante d’Acqua marina.

Nel giorno 13 Luglio si detesse fondatamente, che il sopradetto Tremuoto ebbe origine da una esplosione Vulcanica sottomarina, che si fe’ vedere da tutti in mezzo al mare di Sciacca, distante dalla spiaggia trentacinque miglia,

a’ Mezzogiorno, in una secca chiamata del Corallo sott’acqua. In sudetto giorno adunque si vidde elevare una gran colonna di fumo bianco, la quale formava poi in alto un ammasso nuvoloso. La sua base era a fior d’acqua, la quale coll’ aiuto di un buon Telescopio si vedeva mancare, e succedersi al momento della sua effervescenza, e sembrava un vapore aeriforme.

Giorni prima si viddero in abbondanza nella spiaggia dei sassilli, qualche pomice ed alcune pietre piombine della natura delle pomici, ma più pondero- se ed intensificate di strati bianchi, e macchie ferruginose. I marinai  s’avevano accorto di tal fenomeno sin dai primi giorni del tremuoto, ma credevano che in quel punto di secca pesci di gran mole rialzavano le acque. Una barchetta che fu a pescare un po’ più da vicino si atterrì del bollimento delle acque, che gorgogliavano straordinariamente, e si convinse del fuoco

che ivi esisteva per la quantità dei pesci morti trovati, e per gli altri palpitanti, e quasi morti, in abbondanza presi.

Verso le ore 14 di sud giorno 13, spirato un vento Meridionale, si fece sentire per tutta la città di Sciacca una puzza di zolfo, e di bitume sì dispiacevole che rendevasi insoffribile alla respirazione.

Nel giorno 14 Luglio la colonna aeriforme si vidde di maggior mole, e si sperimentò altra volta la puzza più acuta, e più penetrante. L’indomani 15 d.° si osservò 1’effetto del Gas acido sulfureo, che anneri gli oggetti di Argento e di Ottone che in diverse case trovavansi più esposti alla sua azione, come altresì diverse stanze bianchite, e dipinte furono spogliate dei colori vegetali, e restarono ove più ove meno macchiate, e scolorite. Diverse canne che si trovavano nei balconi in quella notte si trovarono ricoperte d’una vernice bituminosa e sulfurea simile al Cirume dell’ Orecchie. Cambiò nei giorni consecutivi di aspetto la sud. colonna aeriforme, e si converti in denso e nero fumo della forma di un albero di Pino; in mezzo al fumo la sera incominciarono a farsi vedere frequenti lampeggiamenti, e strisce di luce, simili alle saette.

Il fuoco elettrico inerente oltre modo ai vapori divenendo ridondante nelle parti ove questi erano condensati, esso si slanciava e produceva nel fumo vive e lunghe balenazioni e lo rendeva per lo più fulminante. I tuoni ed i cupi rimbombi che quasi continuamente si sentivano facevano spavento.

L’ Attimosfera di Sciacca avea perduta la sua purezza: un misto continuo d’ umido, freddo, e caldo che alternava aggravava la vita: in ogni momento gli cambiava la temperatura; il cielo nel meglio dei giorni restava ottenebrato, e la luce sembrava piangere la perdita del suo splendore, che non poteva più tramontare nella sua nettezza.

La nuova di un simile fenomeno sottomarino chiamò i primi uomini di Europa ad ammirarlo: una novella Isola che si andava erigendo con del materiale eruttato da quella bocca vulcanica invitava i primi naturalisti a contemplarla con stupore.

Il Professore di Geologia in Berlino Sig. Hoffmann, che fu con altri tre amici a visitare la novella Isola, mi riferì quanto segue:

“Le dimenzioni della nuova Isola, secondo le nostre osservazioni, erano a 24 Luglio le seguenti. Il punto più alto dell’ Isola alla parte di levante pareva elevato sopra il livello del mare sessanta piedi di Parigi; sensibilmente meno alto o gradatamente abbassato verso Ponente era 1’orlo Settentrionale del Cratere, che portava ai due suoi fianchi due prominenze ben distinte; assai più bassa era la cintura verso Mezzogiorno, e verso Ponente pareva appena prominente sopra le onde del mare. 11 diametro esterno nella direzione di levante a ponente stimammo a 800 piedi Parigini e l’interno della voragine sarà poco minore, forse 600 piedi : il giro adunque di tutta l’Isola nuova non sarà minore di un mezzo miglio italiano.

Li getti di scorie e di ceneri cacciati talvolta da tutto il diametro del Cratere erano cacciati forse sino a 600 piedi nell’aria, e la colonna intiera del fumo si elevava 1800 fino a 2000 piedi sopra il livello del mare”.

Il Dottor D. Carlo Gemmellaro da Catania a 10 Ag. andò ad osservare la novella Isola e mi riferia ad un dipresso quanto il Sig. Hoffmann mi aveva rapportato, solamente ritrovò la medesima assai più elevata sopra il livello del mare e che getti nuovi di scoria e ceneri aveano comincialo a formare alla parte di Tramontana dell’isola un’appendice di terra che  formava un seno.

II resto delle eruzioni non si poteva capire se non si vedeva, gli scherzi che il fumo presentava eran un bel vedere; la cintura del Cratere verso Mezzogiorno era niente rialzata sopra le onde del mare, e cominciando l’eruzione si vedeva prima dalla tale parte sgorgare, una quantità di acque fangoso, e quindi si vedeva uscire dal cratere un fumo nero e fuliginoso, il quale elevato ad una certa altezza si discaricava delle ceneri e scorie eruttate formando una pioggia infuocata e variata di colori, che cadeva sopra l’isola, ed il fumo sgombro di tali corpi vulcanici si elevava bianchissimo come il cottone, in una altezza esterminata.

A tutti li 14 Ag. il fumo continuava a farsi vedere sebbene in meno densità.

Nel giorno 15 non si vidde più fumo e si attribuiva alla gran nebbia che adombrava l’attimosfera, quando in simili giorni ottenebrati sempre vedovasi, perchè la colonna del fumo avanzatasi assai in alto e dava segno di sua permanenza. Da tale epoca cessò la sua eruzione visibile da Sciacca.

Alcuni paesani vollero andarvi ed osservarono che non più eruttava il Vulcano. ma solamente esisteva in quell’isola un debole fumo che sollevatasi a poca altezza della superficie tutta ed un leggiero calore che gli permise di avvicinarsi a segno da piantarvi un remo di barca in quella spiaggia. A 19 Ag. ricomparve il fumo ma in puoca quantità, ed appena visibile ad occhio nudo. A 23 d’ Ag. si scoprì alla parte occidentale dell’Isola un’altra punta ben grande che scoprivasi senza verun aiuto. Al 24 Ag. alcuni paesani in compagnia di alcuni Sig. Inglesi approdarono in d. Isola e vi salirono sopra. L’ingresso per la spiaggia che intermediava le due punte di levante e ponente nell’estenzione di un terzo di miglio alla volta che guardava il Nord, da dove inoltrati nella parte di levante ed arrivati quasi alla media regione si presentarono alla loro vista due gran laghi, uno di maggiore estensione da circa 100 passi di circonferenza, e l’altro più piccolo di 40, che fra loro comunicavano per mezzo di un canale. L’acqua nel primo contenuta era di un colore giallastro, e quella del secondo di un giallo lordo e carico; gli orli di detti laghi erano variamente colorati da una materia che vi si attaccava rossastra; le dette acque erano bollenti e gorgoglianti, e dagli stessi si alzava per aria a palle un fumo bianco. Nella appendice della punta che guardava levante alla direzione di mezzogiorno e libeccio, si vedeva una fenditura da dove usciva un fumo denso e nero e soffocante per la puzza, ed un pò più distante di detta fenditura sgorgava una quantità d’ acque calde e spumanti che precipitavansi a mare.

L’altra punta dell’isola, che corrispondeva a ponente, presentava un agevole e comoda salita dal punto della spiaggia alla sua sommità, la quale era un pò meno di quella di levante. La medesima punta era stata il prodotto delle ultime eruzioni e getti di lava che ebbero luogo dalli 16. Ag. in poi, allorché cessò il fumo e cominciò quasi ogni giorno un denso pulverone ad ottenebrare 1’Attimosfera e ad ecclissare il sole. La lava che aveva formato detta Isola, secondo i saggi che ci condussero, era una lava nera, a grana fine, che conteneva molti cristalli di feldspato a scagli e rotondi, più o meno abbondanti in ragione della screpolatura, ed era assai dura e pesante.

Questo è ciò che si potè osservare, risultato di un primo ed ultimo azzardo favorito da tante circostanze che per brevità si tralasciano.

Un pesce spada ben grosso, ed un scormo arenati nella spiaggia dell’ Isola coronò 1’azzardo dei detti esploratori, all’arrivo dei quali una tortorella che trovavasi nella sommità dell’ Isola anche li salutò e parti.

Nulla di nuovo presentò il Vulcano nei giorni consecutivi e solamente a stento si vedeva un tenue vapore. Nel giorno 16 Sett. ad ore 21  s’ intese una scossa di tremuoto preceduta da un cupo tuono sotterraneo e quindi li soliti muggiti.

A 26 Sett., alle ore 10 e mezzo, vi fu un’ altra scossa con strepito e fragore: agitava in detto giorno 1’ Attimosfera un vento di levante scirocco che spaventava. L’ Isola restava avvolta in un denso vapore e si rendeva invisibile. La notte del 26 fu orribile pei continuati lampeggiamenti e tuoni che perdurarono quasi fino a giorno con pioggia. La sera del 27 continuate corruscazioni elettriche si viddero alla direzione del Vulcano, e l’indomani 28 Sett., col favore di una lente, si osservò che la parte dell’ Isola che corrispondeva alla volta di levante non più esisteva, ma solo un visibile vapore innalzavasi dal sito di quella dissipata punta. Per tutto quasi il mese di Ottobre si vedeva la sola punta di ponente rimasta intiera, ed alcuni che ebbero 1′ aggio di passarvi da vicino rapportarono che una gran caldaia d’ acqua bollente si estendeva in tutto il piano ove esisteva la dissipata punta di levante e toccava 1‘orlo della punta di ponente. In seguito di che non si potè ottenere notizia alcuna e la punta rimasta dell’isola non più si potè scoprire, essendo stata arrasata come la prima. Nel giorno 15 Dic. vi fu una piccola scossa di tremuoto ma non appresa. Nel 16 d. alle ore 11, se n’intese un altra assai strepitosa. Una barca che veniva di Pantelleria assicurò avere inteso quasi alla stessa ora dei gran toneggiamenti come a cannonate. Nel sudetto giorno fece vela da Sciacca per la volta del Vulcano un schiabecco con degli Uffiziali del Genio mandati dal Governo per fissare l’esatta topografica posizione del med.°, ed arrivati al luogo trovarono che 1’ Isola non esisteva più e neppure eravi vestigio alcuno della istessa; fatte intanto delle osservazioni, rinvennero il piano dell’isola ribassato sottoacqua da due a palmi a venti, ove più ore meno, e ritornarono delusi nella loro aspettazione.

La detta Isola non poteva aver durata; la sua base non incontrò un appoggio fermo, mentre si cumulò sul circuito del cratere che secondo Hoffmann la parte interna della voragine non era minore di 600 piedi parigini, quindi si fabbricò sulla detta voragine otturata in seguito detti getti di scorie e ceneri che formarono come una volta, quale non essendo stata sufficiente a sostenere quella gran mole, cessò e profondò l’ Isola, ingoiandosi la voragine ciò che aveva eruttato per lo spazio quasi di cinque mesi, e ci privò del piacere di un tale straordinario fenomeno.

SALVADORE ROSA. L’ISOLA GIULIA NOTE D’ U N CONTEMPORANEO

IN AKRAGAS, GENNAIO-GIUGNO 1913, VOL II, GIRGENI 1913

Categoria: Storia ComuniTag: isola ferdinandea

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