Come si guarda da Roma agli eventi siciliani? Certamente dopo il 20 aprile del ’47 si rinfocolano i timori. In un documento redatto il 2 maggio 1947, il giorno dopo l’eccidio di Portella, da Walter Dowling, consigliere per l’italia dello State Deparment americano, si apprende di timori nelle correnti politiche moderate che “il comunismo è ormai troppo forte perché lo si possa battere in terreno aperto”.
E se nel paese scatta la grande repressione di piazza della Celere, creatura scelbiana, in Sicilia sono banditi e mafia ad assumersi l’incarico di tutela dell’ordine agrario.
Nel biennio ’47-’48 si contano infatti dozzine di caduti, per lo più sindacalisti e capi lega, come Vincenzo Lo Jacono, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Calogero Cangelosi e Vito Pipitone. In questo quadro s’inserisce il seguente resoconto per il ministro Mario Scelba sui dirigenti comunisti uccisi o feriti in Sicilia. A testimoniare quale fosse l’interesse per la materia da parte del Viminale, e indicativo comunque di un certo humus. Non meno significativa è poi l’interpretazione dei moventi, volta a escludere, quando è possibile, la valenza politica delle uccisioni.
C. R.
Ministero dell’Interno – Gabinetto del Ministro
RISERVATISSIMA……………………………………………………………………………… Roma, 13 novembre 1947
Appunto per il Ministro
Il Dott. Cucugliata della Segreteria del Presidente della Regione Siciliana comunica i seguenti dati aggiornatissimi circa gli omicidi e ferimenti in persone di dirigenti o appartenenti al Partito Comunista Italiano nella Sicilia.
– Dirigenti sindacali comunisti deceduti:
1) Rag. Accurso Miraglia – Segretario della Camera del Lavoro di Sciacca – 4/1/46;
2) Azoti Nicolò – Segretario della Camera del Lavoro di Baucina (Palermo) – 22/12/46 – il quale sarebbe stato ammazzato per vendetta, secondo gli accertamenti;
3) Sciortino Filippo – ex dirigente della Federterra – ucciso a Camporeale il 9/9/47 – al momento dell’uccisione non era più dirigente della Federterra e risulta ucciso dal fratello per carattere privato;
4) Maniaci – Segretario della Federterra – ucciso a Terrasini il 22/10/47;
5) Pipitone Vito, ucciso a Marsala.
A questi vorrebbero aggiungere l’uccisione di Milistenna Santi, avvenuto a Regalbuto nel 1944.
Solerino Giovanni, Segretario della Camera del Lavoro di Ioppolo – ferito il 25/11/46 – Le indagini escludono peraltro il movente politico, confermando che trattasi di vendetta per rancori privati.
– Comunisti in genere deceduti:
1) Forno Filippo – ad Aragona il 30/XI/1946 – episodio di malavita;
2) Raia Andrea – a Casteldaccia il 5/8/1944 – appartenente ad una squadra di controllo sul grano – di professione pirotecnico – risilta soppresso per l’azione vessatoria svolta;
3) Castiglione Giovanni e Scaccia Girolamo – deceduti ad Alia il 22/12/46 in seguito al lancio di una bomba contro la casa del Segretario del partito comunista Maggio Giuseppe;
4) Casarubia Giuseppe – ebanista – e Loiacono Vincenzo – contadino – deceduti a Partinico in seguito al lancio delle bombe contro sedi di partiti di sinistra;
5) Macchiarello Pietro – vaccaio – da Ficarazzi – ucciso a Villabate (Palermo) da altro vaccaio, pregiudicato, per interessi privati. Lo stesso segretario della Sezione del PCI esclude il movente politico (occorre tener presente che l’on.le Li Causi lo ha commemorato ufficialmente);
6) Biondo Giuseppe – mezzadro – ucciso a Santa Ninfa il 25/9/46 dal proprietario per questioni concernenti i rapporti di lavoro;
7) Sferrazza Giuseppe – zolfataio – pregiudicato – ucciso a colpi di pistola il giorno 8/5/46 a Serra di Falco dal zolfataio democristiano Lo Nobile Angelo in seguito ad una lite fra avvinazzati;
8) Puntarello Giuseppe – Segretario della sezione comunista di Ventimiglia Siculo – ucciso per errore di persona il 4/12/1945;
9) Santangelo Giovanni, Vincenzo Giuseppe – pregiudicati – uccisi per vendetta il 31/10/1946 a Misilmeri.
– Iscritti al PCI feriti:
1) Cucchiara Vincenzo – contadino – ferito ad Aragona il 25/11/1946 – episodio di malavita;
2) Mannarà Antonio – Segretario della Sezione comunista di Canicattì – ferito il 9/1/47 – cause inaccertate;
3) Adanno Leonardo, Pitti Salvatore, Silvia Giuseppe e Orfia Gaspare, feriti negli incidenti di Partinico;
4) Rizzo Benedetta – ferita a S. Giuseppe Iato;
5) Alù Salvatore – Vice presidente della Cooperativa agricola di Serra di Falco – ferito il 22/9/47.
Nota di Giuseppe Casarrubea
Leggendo la nota ministeriale si deve tenere presente che la valutazione che se ne deve ricavare è che il ministro Scelba, aveva tanto scarso interesse a sapere come stessero le cose che non badava per nulla all’identità di quei militanti uccisi; storpiava, ad esempio, i loro nomi. Mio padre, Casarrubea, veniva indicato indifferentemente per Carubia, Casarubia o Casabia; Addamo diventava Adanno; Patti si trasformava in Pitti e Salvia in Silvia. Tanto quei nomi non contavano nulla e non contava neanche la loro funzione: da dirigenti diventavano semplici iscritti, mai viceversa.
Il ministro giocava al ribasso anche con i morti e naturalmente tutto l’apparato lo sosteneva. E fin qui piangiamo con un occhio. Quello che invece non è tollerabile è che i mafiosi vengano indicati assieme ai dirigenti o militanti politici e sindacali uccisi o feriti. Ad esempio Gaspare Ofria, sul quale pendevano parecchi processi per omicidio, e, se non ricordo male, anche delle condanne, era stato certamente ferito nell’assalto contro la sede del PCI/Camera del Lavoro del 22 giugno 1947 in cui morì anche mio padre. Ma non per la nobile ragione spiegata dal locale commissario di pubblica sicurezza, ma per quella opposta. E cioè Ofria, braccio destro di Ignazio Soresi, membro di spicco della Massoneria locale e nel giro del capomafia Santo Fleres, era nel gruppo di fuoco degli ignoti (rimasti per sempre tali) che presero d’assalto quella sezione; aveva la funzione di riferimento logistico, indicava ai basisti che si accompagnavano con lui (e che evidentemente non erano di Partinico) le vie da percorrere per l’attacco e la fuga.
Era stato individuato da un ferito, Leonardo Addamo, mentre questi sostava davanti alla sede del suo partito assieme a mio padre e a Lo Iacono. E l’Addamo, per difendersi, aveva estratto la sua pistola – regolarmente denunciata alla ps- e aveva sparato contro l’aggressore. Il commissario, nel redigere il suo bel verbale fece due operazioni semplici: 1) dichiarò che la pistola dell’Addamo era carica, e cioè, che non aveva esploso nessun colpo; 2) incluse l’Ofria tra i feriti senza per niente distinguere tra vittime e carnefici. Il pubblico ufficiale, depistando le indagini e falsificando gli atti ed omettendone altri, faceva il gioco dei criminali. La cosa peggiore è, però, questa: nella storiografia – anche di sinistra- l’Ofria è passato per ben 50 anni come vittima, e tale sua condizione attraversò pure la fase processuale (processo di Viterbo), per la parte civile. Ma a studiare bene le carte le cose stanno in un modo esattamente rovesciato. La stessa cosa possiamo dire per Portella della Ginestra.
Non parliamo, poi, del fatto che tutti i sindacalisti assassinati in quegli anni sono ancora a oggi senza colpevoli. Per citare solo degli esempi, nel caso di Placido Rizzotto, Luciano Liggio fu sistematicamente assolto. Il corpo del sindacalista ucciso, riconosciuto dai familiari, è per lo Stato italiano inesistente, mai trovato; nel caso di Accursio Miraglia, ucciso il 4 gennaio 1947, non si è mai aperto un processo; senza nomi sono poi gli assassini di Calogero Cangelosi, ucciso il 2 aprile 1948 nel paese di Vanni Sacco. E così possiamo continuare per tutto il ventennio successivo, e molto dopo ancora. Consegnare ai posteri quanto meno la verità storica dei fatti è non solo il compito dello storico, è anche il dovere morale di ogni cittadino di buon senso, purchè non abbia la memoria troppo corta.