templi di agrigento
La cinta muraria, che correva lungo il contorno roccioso dell’altopiano per un perimetro di circa 12 km, si impone per chiarezza di tracciato e per unità di concezione tecnica, risultando in parte tagliata nella roccia erta, in parte con strutture riportate. Salvo alcuni interventi di epoca più tarda, riconducibili probabilmente alla ricostruzione timoleontea del IV secolo a. C., la sua datazione si pone pressoché unitariamente nel corso del VI secolo, già forse sin dall’epoca della tirannide di Falaride.
In questo sistema difensivo di potenziamento di un assetto naturale le due colline della Rupe Atenea e di Girgenti costituiscono il caposaldo difensivo settentrionale a cui si appoggiano i lati orientali e occidentali di un quadrilatero (definiti rispettivamente dai valloni dei fiumi Akragas, oggi San Biagio, e Hypsas, oggi Drago), chiuso a sud dalla bassa Collina dei Templi che rappresentava il punto più debole e di più facile accesso.
Nel muro si aprono varie porte (ne sono state riconosciute nove), sempre in corrispondenza di un valloncello o di una depressione naturale. Di particolare consistenza monumentale e di interesse strategico sono: le porte I e II, sul lato orientale, a sud della Rupe Atenea; l’una a sbarrare la testata di un vallone, contraffortato da un poderoso bastione “a tenaglia”, costituito da due settori di muro di spessore notevole che convergono in un massiccio torrione di 8,30X6,80 m; l’altra che sfrutta sapiente- mente una lunga infossatura nella roccia le cui pareti, tagliate a perpendicolo, furono adattate e completate con opere murarie, mentre sul fondo fu fatta passare una strada, ancora oggi seguibile con la carreggiata nella roccia, dai piedi della Rupe Atenea sino al suo sbocco nel vallone di San Biagio. Questa era forse la strada che si innestava sull’arteria di collegamento della città con Gela.
La Porta IV (che oggi si chiama, per lunga tradizione risalente ai Bizantini, Porta Aurea), ora irriconoscibile nella configurazione monumentale, ma egualmente rilevabile nel profondo taglio artificiale, era forse la più importante e frequentata della città: attraverso di essa passava la via che collegava la città con l’emporio alla foce del fiume, così come oggi vi passa la strada che porta alla marina.
La Porta V costituisce il tratto monumentalmente meglio conservato del lato meridionale delle mura ed esalta il tipo dell’apprestamento difensivo, comune alle altre porte e che qui si pronunzia sulla destra, in un possente rientrante obliquo, esteso frontalmente per 25 m, lungo il quale corre la strada che penetra nel Santuario delle divinità ctonie e si collega alla grande arteria est- ovest che margina a nord il santuario medesimo e quello di Zeus.
La Porta VI, ad ovest del Tempio di Vulcano, da cui usciva la strada per Eraclea, sul corso del fiume Drago, sbarrava una valletta naturale con apprestamento difensivo non dissimile dalla Porta V; e la Porta VII, più a nord, rinforzata a valle, a circa 120 m, da un possente baluardo di dimensioni eccezionali ( 15,20 X 12,60 m) collegato al complesso fortificato, costituiva il primo sbarramento di una strada, che in questo punto saliva dal vallone e correva a mezza costa del pendio.