Gradevoli sorprese riserva al viaggiatore incuriosito la strada piedemontana che s’inerpica per i suoi fianchi lisci
II monte Cammarata, avamposto della catena dei monti Sicani che si prolunga verso ovest, è molto interessante sotto il profilo ambientale e paesaggistico.
Visto da nord-ovest, dalla stazione ferroviaria, nelle sue pareti quasi a strapiombo e nella grandiosa severità dell’aspetto, sembra un maniero irraggiungibile e pieno di fascino.
Gradevoli sorprese riserva al viaggiatore incuriosito la strada piedemontana che s’inerpica per i suoi fianchi lisci quasi dolcemente, facendo seguire a brevi rettilinei labirinti di curve e alternandosi quasi di continuo tra campi coltiva a cereali e verdeggianti oasi.
Lo sguardo compiaciuto per il continuo variare della natura è ogni tanto interrotto dal triste aspetto che offrono i fianchi brulli e argillosi dei costoni, testimonianza dell’opera distruttrice delle acque selvagge.
Tuttavia, anche questo contribuisce a rendere più vario il paesaggio che si offre continuamente, sempre con nuovi stati d’animo e nuove emozioni. Al di sopra della zona pedemontana, un anello di verde, che si spinge fin quasi sulla vetta, circonda il monte. Al centro di questo si scoprono le cittadine di Cammarata e San Giovanni Gemini.
Arroccata su un costene roccioso
Arroccata su un costone roccioso, con le sue case grigie e scure di pietra che si arrampicano una sull’altra in un miracolo di spontaneità e di equilibrio, Cammarata, sembra quasi vegliare sul bianco abitato di San Giovanni Gemini, che si estende sul declivio in dolce pendio.
Alle case, con ininterrotta continuità, si sostituisce fin quasi a 900 metri una distesa di ulivi, mandorli, alberi da frutto, gelsi e fichi d’India da cui, ad un tratto, il panorama s’allarga.
A di là di un vallone i cui fianchi appaiono coperti di macchie ricche di un verde quasi argentato, si presenta uno spettacolo di colline aride, di cocuzzoli rocciosi, di ombre color azzurro-rosa.
Lasciata a destra la provinciale per S. Stefano Quisquina e oltrepassando il cancello che delimita il confine dei boschi dell’Azienda Foreste Demaniali, la strada che si percorre comincia a salire con un andare più ripido, segnando un solco deciso sempre stupefacente: piante di diversa grandezza che si associano tra gli alberi.
Ad ogni curva un aspetto nuovo di uno spettacolo con un equilibrio difficil da raggiungere, sentieri non sempre agevoli in terreni pendenti, sorgenti zampillanti che sgorgano dalla rocca coperta da rovi, ginepri e mirti che nascondono ingressi di grotte dentro cui alcune leggende indicano dei tesori,
e sullo sfondo a piu riprese, la cima del monte avvolta in un’atmosfera irreale, quasi misteriosa. La tensione dei fianchi, verso quota 1.100, scompare e gli alberi della corteccia di un intenso color marrone cede il passo ad una piccola la vallata a forma di conca, dall’aspetto sereno.
Un piccolo chalet sullo sfondo di verdi pini
Al centro un piccolo chalet che si staglia caratteristico sullo sfondo verde dei pini.
Fare delle passeggiate lungo i sentieri che si snodano tutto intorno è il modo migliore per “sentire” la montagna, per gustare i paesaggi modellati dal tempo, per respirare la pace e il silenzio mistico, turbati solo dal fischiare del vento o dal cinguettare degli uccelli. Dopo la breve pausa, si riprende a salire con l’ansia e la curiosità di nuove cose.
«A mano a mano che si avvicina» alla vetta, «il bosco si va facendo meno fitto, la vegetazione più scarsa».
Questo limite superiore del bosco, segnato dagli alberi non sempre uguali che si riflettono contro il cielo, si uniforma così bene con l’ambiente circostante da lasciare incantati.
«Come presa da un male incurabile la terra è sempre più brulla, rocciosa; alla bassa vegetazione si sostituiscono i muschi», alla «solitudine, la meraviglia e lo stupore».
La vetta del monte Cammarata è uno dei più eccelsi osservatori della Sicilia. Nell’aria asciutta e rarefatta dell’alta montagna, si rimane ad ammirare estasiati, in un silenzio che sa di raccoglimento religioso, tanta è la vastità e la bellezza del mondo che si può osservare.
Un mondo che è presente, severo ed essenziale, quasi una sintesi di quello che può offrire l’ambiente mediterraneo: cime brulle e aggraziate che dominano i calanchi, ora giallastri ora grigi, per il mescolarsi di erba, sabbia e argilla;
colline color ocra levigate dal vento che alternano a radure di ginestre ampi spazi prativi; verdeggianti macchie medi terranee luccicanti quasi d’argento che interrompono boschi dal colore verde cupo;
paesi scuri come schizzi informi che contrastano con il colore intenso e cangiante del lago Fanàco; selvagge desolazioni di angoli tipicamente dolomitici che richiamano il luccicante biancore dell’abitato di San Giovanni Gemini e Cammarata.
Un po’ distante, verso est, nella sua sommità aguzza, sormontata da un pennacchio di fumo che si perde nell’azzurro del cielo color fiamma: l’Etna.
Salvatore Panepinto