Spiegazione d’ alcuni antichi monumenti scoverti nella Città di Girgenti
Celebre si è la memoria de’ Cavalli Siciliani presso gli antichi Storici, e Poeti per il valore da essi addimostrato ne’ giuochi così della nostra sola, come pure della Grecia, e di Roma; scrivendoci per l’appunto Oppiano (a):
Equorum autem quotcumque educavit immensa tellus
Celeberrimi Siculi, Lilibeum quique depascuntur,
et tricipitem montem, ubi operimentum Enceladi.
E poco dopo soggiunge:
Mauris velociores Siculi, sed Siculorum animo
Et caesii sunt , & eximie oculis micantes,
Et Soli ferunt magnum rugitum Leonis
(a) Oppian. de Venat, lib. 1
Quindi si fu, che i nostri antichi Siciliani mercè il valore, e la velocità de’ proprj destrieri spesse fiate ritornavano vittoriosi da’ giuochi , onde ne è rimasta eterna la ricordanza in Pindaro, e in Ateneo, Laerzio, ed in altri gravi Autori, i quali celebrano più d’ogn’ altro i di loro condottieri Jerone, Ligdamo, ed Egesia Siracuani Psaumido Camarineo, Terone, Senocrate, Mida, Empedocle, Eseneto, ed altri Agrigentini, Ergatele Imerese, e Cronio Etneo.
Or tra tanti Siciliani Cavalli ottennero presso gli antichi il primo vanto quei della Città di Girgenti, nella quale tanta quantità se ne nudriva, che di Eseneto riferisce il nostro Diodoro (Diodorus lib. 13. n.376. f. 608, ex recentione Weselingii Amstelodami 1746), come ritornato vittorioso da’ giuochi olimpici, entrò nella sua Città sopra un carro magnifico, accompagnato da trecento carrette guidate tutte da bianchi Cavalli. A sì gran numero di Cavalli in Girgenti nudrito alluse di sicuro Virgilio, qualora scrisse
(b): Arduus inde Agragas ostentat maxima longe
Moenia, magnanimum quondam generator equorum. (Virgilius Æneid, lib. 3).
Difatto così l’espose il suo antico Commentatore Servio: Secundum Pindarum quondam Agrigentini equos ad agones Graecia mittebant, qui inde victores revertebantur; e nella steffa guisa Farnabio : In editissimo monte situm Agrigentum, unde equi nobiles missi ad agones Græciæ.
Non dee dunque recar meraviglia, se mancati in Cappadocia i cavalli, ne fu ristorata la mancanza con quelli della Città di Girgenti, secondo l’Oracolo Delfico avea pronunziato, per sentimento de’ stolti Gentili:
Cum in Cappadocia greges equorum perissent, Delphici Oraculi responso, adduxerunt equos de Agrigento, et reparavere meliores;
così ci scriffe l’isteffo Servio (Servius in Virgil.lib.3.Æneid.f.264.), e da lui lo copiarono GiomBattista Pio (Pius Annot.cap.4.), Celio Rodigino (Rodigiaus Antiqu.left.lib.18.cap.30), Tomaso Demstero (Demiterus Suppl.ad Rofinum lib.5.cap.5) , ed il nostro Fazzello (Fazellus Dec.1.lib.6.cap.1) Fabretti
Grati intanto gli Agrigentini a sì nobili, e generosi destrieri, per eternare la fama delle loro vittorie, vollero effigiarli in marmi, in metalli, e in vasi figurati, de’ quali un frammento si è quello, di cui mi sono accinto di ragionare.
Fu saggia osservazione degli eruditissimi Monsignor Fabretti (Inscript, antiqu. cap. 5. #. 216. , & cap. 8. n. 15.), dell’ Abate Bianchini (Bianchini Prologom, in Tom.3.Anastas. Bibliot) di Monsignor Boldetti (Boldetti de Sacri Gemeterj lib.1, e 2. in mol ti luoghi), del Senator Buonarruoti, ( Buonarruoti Vetri Cimiteriali Tav. 27.fig. 1.pag. 178 , efegu., e Tav. 9.fig. 2. pag. 209. segu.) e di altri celebri Antiquarj, ritrovarsi di sovente nelle catacombe iscrizioni, e vetri degli antichi Cristiani dipinti cavalli in corso, o carrette, in quei sepolcri effigiati, o racchiusi in memoria de’ di loro Padron, o Governadori che forse vittoriosi più volte restarono ne’ pubblici giuochi, o pure erano aggregati a’ Collegi, e famiglie delle giumente, e sacra stalla, o al corso pubblico, o al circo sopraintendevano. Che ne sia però di queste figure di cavalli ne’ cimiterj cristiani dipinti, potendosi ancora credere un segno simbolico di quel corso ordinato al suo Timoteo, ed a tutti i Cristiani dal Santo Apostolo Paolo, egli è certo, che dall’antica gentile superstizione non solo i cavalli, e giumenti si veneravano, ma inventossi pur anche una Deità per così chiamarla, cavallina da loro nelle stalle collocata; onde ne meritarono i giusti rimproveri da Tertulliano, che così loro rinfacciava (Tertullianus Apologet. cap. 16. Antiqu. Roman. Grevii f. 862. Giuseppe Laurenzio Varia Sacra Gentilium cap. 4. in Tom.7.Gronoviif. 158. il Giraldi Syntag. Deo rum 1.f.44. , ed Adriano Turnebo Adverf.lib. 24.cap.4.f.811 ., &fequ.): Vos tamen non negabitis jumenta omnia, &cunctos cantherios cum sua Epona coli a vobis,
e pressocchè colle stesse formole da Minucio Felice (a):
Quis tam stultus qui hæc colat ? quis stultior qui hæc coli credat , nisi quod vos , &totos asinos in stabulis cum vestra Hipona consecratis? (Minucius in Octavium . Desiderius Heraldus Adnot. in hunc locum pag. 91. Panvinius de Ludis Circenfibus inTom. 10, Grevii f, 110., &sequ)
Che se tutti gl’Idolatri un culto sì empio, e superstizioso abbracciarono, con più di ragione creder lo possiamo de’ nostri Siciliani , ben sapendo aver essi agl’innumerabili Numi venerati da ogni idolatra nazione aggiunti ancora i suoi proprj; onde poi ne è andata ricca, e satolla l’antica Mitologia, ed i libri de’ più ingegnosi, ed eruditi Poeti . E che sia in verità come l’ò divisato, per ritornare alla sposizione del nostro vate figurato; non pochi sono i sepolcri di marmo, e gl’ antichi monumenti nella nostra Sicilia, in cui o i cavalli vengono effigiati con al di sopra il Cavaliere in atto di correr la lancia, o le carrette da generosi destrieri guidate. Ne è ripiena di medaglie con simili simili figure l’erudita opera del nostro Filippo Paruta, continuata dal Signor le Seine , e dal celebre Avercampe, ed altre ancora fe ne potrebbe roaggiungere; basta a me riferirne di passaggio due sole inedite del Museo Martiniano, in una delle quali di bronzo espressato viene un destriero in atto di correre, e sotto di esso una piga , e nel rovescio una testa di giovane coverta di celata con la greca iscrizione KAMAPINAIN ; testa a mio parere di Psaumide cotanto celebrato da Pindaro ( Pindarus Olimp, ode 4., &5.) . Nell’altra poi d’argento un granchio si vede, simbolo della Città di Girgenti, e nel rovescio un cavallo in atto di correre con al di sopra una stella. Conservasi pure nell’istesso Museo un piccolo cavallo di bronzo indorato, ed ornato di sella, ed un donario di creta, che rappresenta un giovane pressocchè ignudo, assiso fu di un cavallo, entrambi discoverti con non poche altre anticaglie nella stessa Città di Girgenti.
Or ciò posto, chi non si avvede, che il dipintore del nostro vase non altro volle espressarci, se non se qualche vittoria colle carrette guidate da’ cavalli Agrigentini, riportata da un gran Campione ne’ Circi di Sicilia, ovvero ne’ giuochi olimpici della Grecia, e così forse quella da Noi sopra descritta di Eseneto? Che sia ciò vero, lo possiam confermare con un altro vase figurato ben grande, rinvenuto nella Città di Terranova, antica Callipoli, o Gela, o Eraclea, secondo varj nostri Storici congetturano, non molto distante da Girgenti, che di presente conservasi nel nobile Museo Salnitriano de’ Padri Gesuiti. In esso addunque nell’ordine superiore (essendo per mezzo d’una linea diviso il campo del vase in due parti) si osservano varj guerrieri sopra generosi cavalli assisi , avendo in mano le lancie, in atto di arrivare alla meta disegnata nell’ isttsso vase ; al disotto poi varj Uomini ignudi si vedono, che con alcune Donne intrecciano danze, e carole, in tal guisa espressandoci i festini, co’ quali onoravansi i vittoriosi Giuocatori dal Poeta Pindaro, e da suoi scoliasti descritti.
Che se alla fine del culto superftizioso a’ caval portato dagli Agrigentini menzione alcuna ricercasi, ce ne porgono chiara testimonianza Diodoro (Diodorus Siculus Hift. lib. 13. edit. Supra cit. f.607.), Plinio (Plinius Hift.naturalis lib.8.cap.42 ), e Solino (Solinus Polhist.cap.46.) , e da essi Alessandro di Alessandro (Alexander Dier.genial.lib.6.cap.14.), il Gutero (Gutherus de Fure Manium lib. 2. cap. 37. in Tom. 12.Greviif.1257. , &fequ.), Gio: Andrea Quesnstedio (Quesnstedius de Sepultura Vete. cap. 14. in Tom. 11.Gronoviif.1315., &ſequ.), il P. Pomei (Pomei Libitina.feu defunerib.c.9.§.1.f.251 ;) , ed il dotto P. Arduino (Harduinus, Adnot.in Plinium loc. cit. Tomo I f. 466 edit Paris 1722). Per non tant’oltre dilungarmi, mi contento di riferirne soltanto le parole di Solino: Agrigentina regio frequens est equorum sepulcris, quod supremorum munus meritis datum creditur. Voluptatem his in esse Circi spectacula prodiderun. Quidam enim equorum cantibus tibiarum, quidam saltationibus, quidam colorum varietate, nonnuli etiam accensis facibus ad carsum provocantur, Affectum equinum lacrime probant
Il padre Vincenzo Cimarelli (Cimarelli Risoluz. Filosof.cap. 14), che fiorì sul principio dello scorso secolo, attesta, che tuttavia nel suo tempo si vedono le vestigia di questi sepolcri, e de’ nostri tempi ancora ce l’assicura il Signor Barone Salvadore Ettore nella lettera da lui indirizzata al P. D. Giuseppe Pancrazio il quale la trascrisse nel Tom. I delle Antichità Siciliane f.40
“L’ultimo monumento espresso nel rame si è un capriforme, scoverto anche in Girgenti, per la spiegazione del quale mi rimetto a quanto sarà per dirne l’erudito P. Lettore D. Salvatore Maria Di Blasi Decano Cassinese nella sua dissertazione Sopra i creduti lacrimatori degli antichi, che presto stamperemo in queste Memorie
Domenico Schiavo, Spiegazione d’alcuni monumenti scoverti nella città di Girgenti in Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia Tomo secondo, parte prima, Palermo 1756