
Una figura mitica, ormai quasi scomparsa quella del “Guardiano del Faro”. Ma la Sicilia, che è circondata dal mare e domina al centro del grande Mediterraneo, deve moltissimo ai fari e ai suoi guardiani e non deve dimenticarli.
Un libro, riccamente corredato da notizie storiche ed immagini, è stato dedicato a questi celebrati protagonisti, quei guardiani dei fari abituati a sfidare la furia del mare e a svolgere la loro opera in posti spesso inaccessibili o comunque difficili da raggiungere, per cui sono giustamente diventati leggendari per il loro coraggio, per la capacità di resistere alle intemperie ed ai disagi.
“C’era una volta… il guardiano del faro” è il titolo dell’ultima fatica dello storico agrigentino Gaetano Allotta. Un volume di circa 150 pagine che verrà presentato il prossimo 14 novembre, alle ore 17, nel salone della Torre Carlo V a Porto Empedocle. Oltre all’autore interverranno il Capitano di Fregata Gennaro Fusco, Comandante la Capitaneria di Porto Empedocle e il capitano di Fregata F. Bruno de Luca, comandante zona fari della Sicilia.
Poesia, storia, letteratura, si intrecciano nell’opera di Gaetano Allotta, che metta al centro la vicenda umana del «guardiano del faro», quest’uomo che, con la sua famiglia, in posti spesso inaccessibili, si sacrificava per assicurare la sicurezza della navigazione: eroe silenzioso.
Una città della provincia agrigentina in particolare ha legato la sua storia al suo faro e ai guardiani del suo faro, Licata. La storia dei fari cammina di pari passo con la storia delle grandi avventure per mare, questo è molto vero nel caso di Licata, il cui simbolo è costituito proprio dal caratteristico faro, svettante dalle banchine, che, fino ad alcuni decenni fa, costituiva con il suo porto un notevole polo di esportazione dello zolfo e del grano, per cui i traffici erano intensissimi. Con i suoi 40 metri di altezza il faro di Licata è uno dei più alti d’Europa e la sua luce è visibile per circa 38 km. Abbiamo inoltre sul litorale agrigentino il faro di Capo Rossello e quello di Capo San Marco a Sciacca oggi con funzionamento elettronico.
Il faro di Monte Rossello è situato nello stesso punto in cui nei secoli passati era stata costruita una torre di avvistamento in difesa della costa dalle incursioni barbaresche. La torre venne demolita per essere sostituita dal faro.
Allotta dedica alcune pagine anche al “fanale” di Lampione, oggi alimentato da pannelli solari e ai fari di Capo Grecaci a Lampedusa e di Punta Beppe Tuccio a Linosa. “Nell’isola più grande prestano attualmente servizio tre fanalisti (Antonio Maggiore, Giuseppe Noto e Carlo Randazzo) che provvedono alla manutenzione, oltre che del faro principale, di diversi altri segnali; a tal fine, dispongono di una motobarca, specialmente per il controllo del fanale di Lampione, una volta alimentato a gas e qui debbono possedere, tra l’altro, adeguata preparazione marinaresca per condurre l’imbarcazione”, si legge nel testo di Gaetano Allotta.
“A Linosa presta servizio il fanalista Raimondo Belviso, che vive con la famiglia nel fabbricato demaniale del faro, a contatto con la natura ed in un lembo di terra bellissimo per i suoi colori, per i suoi simpatici abitanti, per la sua agricoltura ancora praticata, per le sue caratteristiche casette variopinte”, aggiunge Allotta.
Pochi conoscono i sacrifici dei guardiani dei fari:
“Mi racconta Antonio Taccone, che ha prestato servizio anche a Lampedusa ed ultimamente a Cozzo Spadaro di Porto Palo di Capo Passero, che una volta, a causa di un guasto, si decise a operare manualmente, per tutta la notte, assicurando in tal modo il lampeggiamento del fascio di luce, e quindi la necessaria sicurezza per i naviganti” è una delle molte testimonianze raccolte da Allotta.
Un altro guardiano, quello del faro di Punta Libeccio nell’isola di Marettimo, Bonaventura Venza, nel parlare del suo lavoro, della sua vita, scandita dall’intermittenza della luce, concludeva malinconicamente “dopo di me quella luce rimarrà senz’anima”.
Oggi, infatti, i fari tradizionali sono in corso di sostituzione in tutto il mondo con altri impianti. Sono destinati a diventare “luci senza anima”.
Elio Di Bella