Il Giureconsulto agrigentino Giuseppe Lo Presti. stampò a Palermo, nel 1792 una delicata elegia sulla sua città, Agrigento con aprticolare riferimento alla condizione del suo molo che proprio in quegli anni veniva notevolmente trasformato e migliorato
Lo Presti Giuseppe: Memorie agrigentine
Giaceva allor la procellosa,
e molto aprica spiaggia Agrigentina,
Inospita, deserta, e abominosa.
Eolo crucciato allor che, di rovina
Ansioso, veniva a entrar in lotta
Col Saturno Rettor della Marina;
D’Austro, e Scirocco seco lui condotta,
E di Libeccio la Famiglia infesta,
Già sprigionata da l’oscura grotta:
Allora, ahimè, di qual tremore, e mesta
Paura a’ naviganti i cor riempiva
Il mirar tale scena atra e funesta!
A quanti ormai giunti navigli a riva,
Sotto il governo di Nocchier Britanni,
Nettun fremente i curvi fianchi apriva!
Quali jatture allor seguian, quali danni!
E se al naufragio delle tanti Navi
Gli Esteri già ne risentian gli affanni;
Non meno i danni eran pesanti, e gravi
Pe’ trafficanti, e nazional coloni
Che a soffrir ne venian gli effetti pravi:
Mentre volgean più Lume, e Indizione,
E nel granaio intanto vilipesi
Marcian sovente i cereali doni.
Ma quando Carlo ebbe alla fin compresi
Mali sì grandi, si sentì ad un tratto
Nel generoso cor gli affetti accesi.
Statuisce allor, che dal suo erario tratto
Fosse il tesor, onde costruirsi un Porto
Alle Navi onerarie acconcio, e adatto
E, senza punto Egli restar distorto
Dal poter di Nettun, che col suo flutto
Ben si sforzava a vendicarsi il torto,
Non guari andò, che al fin fu già condutto
Con plauso universal d’intero un Mondo,
Dando alla Patria Tuo maturo frutto.
L’Augusto Figlio, che conosce il pondo
D’un opra tal, di provveder non lascia,
Che si cavasse ognor vieppiù in profondo.
Col porto a vista or la passata ambascia
dimentica il Nocchier, che più non teme,
Anzi le vele in la Marea rilascia:
E la nautica Ciurma accorda insieme
D’inni Eleusini il canto, a voce lieto,
Col suon del liuto, che già sbuffa, e freme.
Fernando poi, che di minore pieta
Non à il suo cor per la Patria punto,
Sui vantaggi di lei non mai s’acqueta:
Pel Regno, è ver, Egli provvide appunto,
Che le campestri principali vie
Sian lastricate, (oh grandioso assunto!)
Onde il traffico interno accresce vie-
Più col favor del comodo tragitto
De le merci, o sian estere, o natie:
Ma fra tutte la prima Egli à prescritto,
D’esser costrutta ben tantosto quella,
Che di Agrigento guidi al cammin dritto.
Egli ordinò di farsi la novella
Ad onta di natura adatta strada
A’ Cocchj, che al mar scende, amena e bella;
Acciò la messe della gran contrada
Che nell’ampio granaio si riposta,
Agitamente a trasportar si vada.
E per compirsi si bell’opra, esposta
Al mutuo Ei fece la moneta stessa,
Che nel suo Regio erario sia riposta.
Egli nell’onor pristino à rimessa
Già la fama del pubblico Granaro;
E di più accreditarlo mai non cessa:
Mercé, che da un Legnaggio illustre e chiaro,
Al supremo governo Ei ne prescelse
D’Esimio zelo armato un Genio raro (*),
Che i pravi abusi, e l’empie frodi svelse
Con rinnalzar le prime leggi in piedi,
Onde venne a compir sue imprese eccelse.
(Dall’elegia su’ “Le memorie agrigentine”, del Giureconsulto Giuseppe Lo Presti. Palermo, 1792, pp. 40-42).
(*) L’illustre signor D. Giuseppe Sarzana, marchese di Sant’Ippolito, maestro portolano del regno, il quale, oltre a tanti altri essenzialissimi regolamenti, vantaggiosi alla reale camera, che a’ sistemato ne’ regi granai di Sicilia, fece ristabilire le antiche cariche già abolite, de’ governatori controscrittori, tanto necessarie, per avviarsi alla falsità, e frodi, tendenti al danno di regi banchi frumentari e del pubblico commercio