Non appena arrivava un facoltoso viaggiatore a Girgenti, il primo a saperlo era uno dei vari cosiddetti Ciceroni, guide turistiche diremmo oggi che in città si piccavano di sapere tutto sulle bellezze dell’archeologia locale ed un altro era un qualche suo amico tombarolo pronto a piazzare qualche vaso o reperto appena scovato.
Il primo posto dove i ciceroni, portavano i viaggiatori stranieri, era il Duomo per stuzzicare l’appetito.
Lì mostravano un sarcofago in marmo greco, di proporzioni monumentali, su cui era raffigurata in altorilievo la leggenda di Ippolito e Fedra, una delle maggiore curiosità della Sicilia. Tra i primi a mostrarsi entusiasta dinanzi al sarcofago troviamo Goethe, che annota: Non ho mai visto nulla di più superbo. Per me è un modello del periodo più leggiadro dell’ arte greca (invece è di epoca romana).
I ciceroni organizzavano ogni dettaglio della visita e in particolare si facevano da intermediari gli acquisti delle antichità, per niente preoccupati delle leggi del tempo.
Nel 1778 il conte Dominique Denon, segretario francese alla Corte di Napoli, che pure si era si scagliato contro quelli che considerava veri e propri furti di vasi antichi in una lettera scrive entusiasta: Torno in Francia così carico di vasi che non so dove metterli (diventerà il consigliere artistico di Napoleone e avrà l’ incarico di raccogliere in tutta l’ Europa opere d’ arte per arricchire il Louvre).
Altri caratteristici personaggi agrigentini erano pertanto coloro che procacciavano i reperti: i tombaroli.
Il conte De Forbin scrisse: Gli agrigentini speculano sulle ceneri dei loro padri, scavano tombe, ne trafugano i vasi. Io ne ho acquistati parecchi, ma sono disgustato di dover trattare con questi contadini pieni di cupidigia e di malafede. Si passano giornate intere in estenuanti trattative e poi, di solito, è nel bel mezzo della notte che vengono a svegliarvi per accettare le condizioni che avevano rifiutato di giorno.
Il re dei ciceroni agrigentini dell’ Ottocento era Raffaello Politi. Essendo ottimo disegnatore e copiatore di figure di moltissimi vasi passati per le sue mani e poi scomparsi, già con i suoi disegni creava l’entusiasmo degli acquirenti che avvicinava. Era anche colto e sapeva descrivere ciò che conosceva. Politi fece acquistare a Ludwig di Baviera una collezione di quarantasette vasi di proprietà dell’ abate agrigentino Giuseppe Panitteri. Nel 1823 Ludwig visitò la Sicilia e mandò ad Agrigento il suo architetto di Corte, Leo Von Klenze che viene ospitato dall’ abate Panitteri, della cui collezione s’ innamora a prima vista. Entra in azione il mediatore il Politi. Ludwig vuole che l’ esportazione avvenga in piena regola perché contrario al contrabbando. I vasi erano imballati e pronti per salpare da Porto Empedocle, ma c’ era da pagare una tassa alla dogana prima della partenza, ma Ludwig ritenne esosa quella tassa e rinunciò ai vasi. Ma le autorità fecero sapere al principe che per non pagare il dazio poteva chiedere al viceré l’ esenzione. Ma Ludwig ritenne che era umiliante per lui chiedere una simile concessioni. Così decise di far trasportare i vasi via terra fino a Palermo e qui li caricò su un vascello da guerra austriaco ed evitò di pagare la dogana.
di Elio Di Bella