Con il decreto firmato il 17 giugno 1860 da Giuseppe Garibaldi, quale dittatore, e da Francesco Crispi, come segretario di stato all’interno e della sicurezza pubblica, i Liguorini vennero espulsi dalla Sicilia.
La loro casa agrigentina fu subito invasa «da gente armata, dichiarando tutti i Padri in stato d’arresto e li custodirono a vista nelle proprie celle, interdicendo l’entrata in convento anche alle personalità più ragguardevoli della città… I rigori e le vessazioni erano inflitti per ordine di un certo Giuseppe Belli… il quale era stato nominato presidente della Commissione per la consegna dei beni immobili e mobili di quella Casa…
Finalmente, dopo 14 giorni di prove, di umiliazioni e di vessazioni. …il 7 luglio tutta la Comunità, circondata dalla guardia nazionale e sotto la scorta d’uno dei membri della commissione, fu condotta alla marina di Girgenti (Porto Empedocle), dove ebbe un passaggio sopra un piccolo bastimento che faceva vela per l’isola di Malta».
Espulsi i Liguorini, i locali di loro proprietà ed anche la Biblioteca, che non apparteneva loro, vennero posti sotto sigillo perché non si volle distinguere tra la proprietà dei religiosi e della Biblioteca.
La cosa, però, non durò a lungo perché tutti in città conoscevano la natura giuridica della Biblioteca e chi non aveva prevenzioni ideologiche o interessi personali, vedeva chiaramente come stavano le cose.
Il 22 novembre 1860 il direttore dei Rami e Diritti Diversi di Agrigento aveva chiesto alle autorità superiori, per uso di ufficio, i locali della casa religiosa e circa la Biblioteca aggiungeva: «I Liguorini non erano che amministratori, durante la loro esistenza, giusta il testamento del Fondatore, il fu mons. Lucchesi Palli… Intanto sono ancora sotto suggello le stanze tutte di detto edificio e con esse la Biblioteca, col pregiudizio della pubblica istruzione;
i deputati ne reclamano la re-mozione con la consegna di ciò che gli appartiene, siccome fu praticata nel 1848 quando avvenne la prima repressione dei Liguorini… giacché invero trovo ben ragionevole la domanda per dar comodo alla gioventù studiosa, ora più che mai, stante la verificata apertura di questo rispettabile liceo».
Furono molte le proposte per utilizzare la casa dei Redentoristi perché, oltre la Direzione dei Rami e Diritti Diversi, altri enti ed uffici la desideravano.
Prima di decidere se stabilire nei locali dei Liguorini la direzione provinciale dei RR e DD, la conservazione delle ipoteche, il ginnasio-liceo e l’ufficio del registro, Gaetano Daita, direttore generale di Palermo dei RR e DD, il giorno 11 dicembre 1860, chiese al direttore provinciale se i locali erano adatti al liceo che vi si voleva impiantare e aggiunse:
«Per quanto poi concerne la Biblioteca ella disporrà che tosto vegni [sic] riaperta al pubblico facendone esatta e circostanziata consegna ai deputati della stessa, previo verbale che mi farà tenere onde così non dare da nostro canto alcuno inciampo alla pubblica istruzione».
Come si vede, al direttore generale di Palermo e a quello provinciale dei Rami e Diritti Diversi la posizione giuridica della Biblioteca era chiarissima, almeno dagli ultimi mesi del 1860.
VERSO LA RICONSEGNA?
Presso il direttore generale dei RR e DD si dovettero rinnovare le insistenze per collocare il liceo dai Liguorini poiché, il 5 gennaio 1861, così gli scriveva il direttore provinciale di Agrigento:
«Il locale della casa (dei Liguorini) componendosi da tre angusti corritoi e da un numero di celle monacali… non è, a mio vedere, niente capace al premesso uso, trovandosi sito all’ultimo piano dell’edificio… non sarebbe niente adatto al comodo di liceo, anche se si volesse fare una spesa positiva…».
Suggeriva di stabilire il liceo nel seminario e circa la Biblioteca aggiungeva:
«Sulla riapertura della Biblioteca poi, per la quale chiedendole la favoritami autorizzazione provocai l’altra insieme reclamata dalla Deputazione, cioè della consegna di tutto ciò la riguarda, di che ella non fa nessuna menzione, sarebbero i beni segnati n. 3.10.37 del Piano de’ carichi che accompagnai allo stato attivo e passivo dei detti ex Liguorini sommessole nei miei rapporti del 29 ottobre ultimo n. 594 e le case indicate ai n. 56 al 60 col fabbricato sovrastante alle stesse egualmente indicate nel piano medesimo. Mi è forza ripetere le mie preghiere onde degnarsi provvedere, mentre la Deputazione colla riapertura della Biblioteca insiste averne il possesso… come cosa pertinente alla propria amministrazione».
Anche il primo preside del liceo di Agrigento, sac. Gaetano Gallo (nel gennaio o febbraio del 1861 ) chiese al direttore dei Rami Riuniti di fare aprire la Biblioteca poiché, il 28 dicembre 1860, il Consiglio di Stato aveva accordato «la casa dei Liguorini ad uso di Liceo spinto unicamente dal vantaggio che ivi si trova la pubblica Biblioteca Lucchesiana.
Intanto quella Biblioteca da un anno serrata è in preda agli animali i più schifosi e i più nocivi che si abbia la società e pasto di insetti e tignuole. Io mi rivolgo a lei che, caldissimo di amor patrio, non lasci che di più si consumi quell’opera cotanto grande e benefica».
In margine della lettera il direttore annotò la risposta: «Si stabilisca il giorno di giovedì per rimuoversi i sigilli e si scriva ai deputati per farsi la consegna. Si riscontri al presidente del liceo nei medesimi sensi. Ma non se ne fece nulla perché al Comune di Agrigento si cercava di trarre profitto dalla situazione per mettere le mani sulla Lucchesiana e perciò se ne ritardava, con tutti i cavilli possibili, la riconsegna.
Il 4 marzo 1861 il direttore provinciale dei RR.e DD così scriveva alla Deputazione: << Chiamati a me gli antecedenti sulle pendenze della casa degli espulsi Liguorini di Girgenti…ho rilevato che il sig. Direttore Generale dei RR DD (di Palermo Gaetano Daita) ha disposto di riaprirsi al pubblico la biblioteca Lucchesiana facendosene esatta e circostanziata consegna alla Deputazione della stessa, previo verbale.
Mi è piacevole quindi darlene conoscenza pregando le SS.LL per stabilire l’occorrente in adempimento della premessa disposizione>>.
Poiché il segretario generale del Dicastero dell’istruzione pubblica, con lettera del 18-6-1861 aveva scritto alla Deputazione chiedendo di trasmettergli «uno stato contenente un brevissimo cenno sulla fondazione, sui manoscritti e sulle collezioni pregevoli della Biblioteca e sulle ore e i giorni in cui era aperta», il tesoriere can. Eraclide Lo Presti gli chiese la riapertura della Biblioteca per potere rispondere alle domande del Ministero.
Chiese ancora che fossero presenti i Signori Giuseppe Belli e Gaetano De Luca «per riconoscere l’integrità dei suggelli apposti dalla commissione di cui essi fecero parte».
Il 27 giugno 1861 il direttore provinciale dei RR è DD scriveva alla Deputazione di avere stabilito il giorno 29 giugno, dalle ore 14 in poi, per la riconsegna e riapertura della Biblioteca e invitava ad essere presenti. La stessa comunicazione veniva fatta a Giuseppe Belli e Gaetano De Luca e al sindaco di Agrigento.
Ed ecco il verbale della consegna:
«Il 29 giugno 1861, ore 15, nella sala di ingresso dell’appartamento della Biblioteca Lucchesiana, sono presenti: il sindaco Baldassare Drago, gli assessori Pietro Giuseppe Lo Presti e Gerlando Agozzino con Paolo Xerri segretario comunale; erano anche presenti il direttore provinciale dei RR e DD e i signori Gaetano De Luca, Giuseppe Belli e il baronello Giovanni Celauro, come membri della Commissione che aveva apposto i suggelli alla casa dei Liguorini; e i canonici tesorieri Eraclide Lo Presti, Salvatore Romano, Francesco Di Stefano per la Deputazione per procedere alla riapertura della Libreria. Visto l’ufficio di questo medesimo sig. Direttore (dei RR e DD) del 27 cadente giugno col quale ci ha fatto conoscere essere destinato il giorno di oggi per la riapertura della Biblioteca , dietro il relativo permesso ricevutone dalla Direzione Generale…proceduto essendosi dai Signori componenti la commissione alla verifica dei suggelli, essi hanno dichiarato di trovarsi integri e non alterati in nessun punto; per lo che li abbiamo rimosso e con la chiave consegnata al municipio di quel tempo, dopo l’approvazione di essi, abbiamo aperto la porta di ingresso che immette nell’anti libreria ove…>>
La copia del verbale conservato nell’archivio della Lucchesiana termina così e non sappiamo se fu completato o sopravvennero fatti nuovi che lo impedirono.
Il 17 luglio 1861 il provinciale scriveva al direttore generale dei RR e DD: «Pregiomi manifestarle che, ai termini della di lei disposizione …il giorno 29 del finito mese fu riaperta (nel senso che furono tolti i sigilli?) la Biblioteca Lucchesiana e consegnata ai deputati della stessa chiamati dal pio testatore. Tostoché sarà terminato il verbale dell’intero… (le parole che seguono sono illeggibili per l’umidità) esiste nella stessa, mi darò il bene di trasmetterle copia del su indicato verbale».
Questa minuta del direttore provinciale non fu completata perché, nelle more della compilazione dell’inventario, il Comune di Agrigento occupò la Biblioteca.
L’OCCUPAZIONE DEL COMUNE DI AGRIGENTO
Il 9 gennaio 1862 il sindaco di Agrigento Baldassare Drago, scriveva al direttore provinciale dei RR e DD che nel marzo del 1861. per mezzo del prefetto, il Comune aveva inviato al governo «lo stato delle rendite e caseggiati appartenenti a questa Biblioteca Lucchesiana redatto d’accordo tra me, il ricevitore dei RR e DD e l’ingegnere comunale» ….fu emessa ministeriale del Dicastero Finanze del 12 settembre u.s. n. 6569 …con essa il governo, inteso l’avviso del procuratore generale della G.C. dei Conti, emesso dietro 1 esame dei titoli sopra accennato, concludeva nel seguente modo: «Resta dunque dichiarato che le rendite e le cose donate da mons. Lucchesi Palli alla Biblioteca sono proprietà di quel comune e che l’amministrazione dei RR e DD che ne ritiene indebitamente il possesso debba farne restituzione al municipio di Girgenti…».
E concludeva: «la prego a procurare al più presto la debita esecuzione degli ordini del Governo con la consegna delle cose e delle rendite e dei titoli inerenti, dichiarando che, per qualunque ritardo sarà frapposto allo eseguimento di cotali ordini, non intendo incorrere in veruna responsabilità morale verso i miei amministrati che reclamano l’apertura della Biblioteca».
Così, volutamente, continuava l’equivoco, o meglio lo si radicava di più, provocando, anche in tono minaccioso, un’errata interpretazione della decisione ministeriale che i beni appartenenti alla Biblioteca fossero di proprietà del Comune. La Biblioteca venne così occupata dal Comune di Agrigento il 20 giugno 1862.
Nella comparsa della causa per la sua restituzione, intentata dai deputati, così vengono riassunte queste vicende:
«Immediatamente dopo l’espulsione dei Liguorini il Demanio si imposessò dei loro beni e dell’edificio stesso della Biblioteca, ritenendolo di loro proprietà. Il municipio di Girgenti propose reclamo per ottenere la restituzione della Biblioteca, del medagliere e di tutto ciò che era stato assegnato per patrimonio della detta Biblioteca con suddetti atti di donazione; ed eseguitasi dal Demanio la reclamata restituzione, per farsene consegna ai deputati suddetti, il municipio, invece di rimettere il tutto nelle mani dei detti deputati fidecommissarii, giusta le prescrizioni del Donante, si piacque ritenere ed amministrare il tutto da sé, senza tener conto dei deputati, violando così flagrantemente le disposizioni del pio Benefattore».
Non si saprebbe quindi come qualificare, se, cioè, frutto di vera ignoranza o ricerca di un alibi, o patetica protesta contro la prepotenza del fatto che calpesta il diritto, la lettera del 19 agosto 1862 con cui il direttore generale dei RR e DD, G. Daita, chiedeva al direttore provinciale di Agrigento «il verbale di consegna della Biblioteca Lucchesiana, la quale consegna, essendo stata cominciata nel mese di luglio del precedente anno… doveva, senza dubbio, essere compiuta, dopo circa un anno.
Non avendo ella riscontrato l’ultimo accennato mio foglio relativo a questo, la interesso a darmene conto con premura».
All’equivoco sulla proprietà pubblica o del municipio si aggiungeva – quasi come una beffa – anche quello della consegna ai deputati o al municipio.
D.D.G.
articolo pubblicato sul settimanale L’Amico del Popolo 16 settembre 2001