Dopo oltre quindici anni di scavi nel Complesso funerario di Harwa e Akhimenru, a Luxor, un team di archeologi italiani ha realizzato scoperta di grande rilevanza storica: si tratta delle tracce archeologiche della cosiddetta “Epidemia di San Cipriano” che tra il 251 e il 270 d.C arrivò a mietere 5.000 vittime al giorno nella sola Roma e che in quegli anni si è abbattuta sulla Sicilia e quindi anche nella romana provincia di Agrigentum.
Il ritrovamento effettuato nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru è già stato considerato dagli esperti eccezionale. I dettagli della scoperta archeologica verranno illustrati nel corso della conferenza stampa che si terrà domani, giovedì 26 giugno alle ore 10:30, presso la Sala del Consiglio dell’Università Kore – sede del Rettorato.
I resti ritrovati sono quelli di alcune delle numerose vittime di un’epidemia che colpi molti paesi del Mediterraneo. I ricercatori l’hanno potuto apprendere grazie ai testi ritrovati di San Cipriano, vescovo di Cartagine e scrittore, che descrisse quella epidemia come la fine del Mondo. Gli scheletri erano ricoperti da uno spesso strato di calce, storicamente utilizzato come disinfettante ed accanto a loro vi erano i resti di un falo’ utilizzato per bruciare le persone colpite dalla peste. Gli scienziati moderni ipotizzano che si trattasse di qualcosa simile al vaiolo o morbillo, morivano circa 5000 persone al giorno solo nella città di Roma e da questi dati si puo’ comprendere meglio perchè l’impero romano perse vigore e la sua caduta fu molto rapida in quell’epoca.
Il team degli archeologi è diretto da Francesco Tiradritti, archeologo e docente di Egittologia presso l’Università Kore di Enna.