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Antichi racconti popolari agrigentini: Le galline nere

19 Novembre 2022 //  by Elio Di Bella

Le disavventure di una moglie che tradiva il marito e pregava affinchè diventasse cieco

Abitavano una volta in un villaggio della Sicilia, un marito ed una moglie, i quali avevano un compare che, come spesso avviene, se la intendeva colla comare.

Il marito era un uomo che non si lasciava posar mosca sul naso; ma, non conoscendo questa tresca, amava grandemente il compare.

Un giorno però gli fu detto che la moglie non solo gli faceva le fusa torte, ma che andava ogni di in chiesa a pregare sempre in questo modo: Santa Lucia , fate diventar cieco mio marito.

Il marito arse di rabbia e di gelosia; ma quel giorno finse di non saper nulla, anzi si mostrò più allegro del solito.

Il domani egli andò a nascondersi dietro la statua di Santa Lucia, a piè della quale sua moglie soleva pregare.

Ella andò, come usava, in chiesa e fece la sua solita preghiera.

Bisogna sapere che la donna avea parecchie galline di color nero, cosi grasse ch’era un piacere a vederle; ad esse ella voleva un gran bene, perché le facevano tante belle uova, un bene tale da non averne mai voluto uccidere alcuna, ad onta del marito che tutte le avrebbe mangiate.

Ora sentendo egli la preghiera della moglie, pensò di coglier, come si dice, due piccioni ad una fava, e accertarsi dell’infedeltà di essa e papparsi le galline.

Cambiatasi perciò la voce, le gridò: Fa mangiare a tuo marito tutte le tue galline nere ed egli diverrà cieco.

La donna, credendo che quella fosse voce divina, si alzò giubilante e, ritornata in casa, tirò il collo alla più grassa delle galline e la cucinò pel marito.

Questi, come se nulla fosse stato, quel dì non la sgridò, ma le fece mille carezze.

Sedutisi a tavola, egli, vedendo la gallina, chiese — fingendosi sorpreso — alla moglie: Perché hai ammazzato questa gallina, mentre, fino a ieri, non volevi neppure che toccassi una penna alle tue galline?

— Che volete, marito mio? rispose ella, cercando di nascondere il suo turbamento, pur troppo, mi sono ora avveduta che queste galline mi costano molto e mi danno poco, e perciò ho deciso di tirare a tutte il collo e di darle a mangiare a voi, a cui voglio tanto bene.

— Ti ringrazio, moglie mia, soggiunse il marito ironicamente, ti ringrazio dell’affetto che mi porti; anch’ io ti amo molto. E si mangiò fino a leccarsi le tigna tutta la gallina, perché la donna, affinché il marito accecasse al più presto possibile, non volle nemmeno assaggiarla.

Finito di mangiare, il marito cominciò a dire : Che ho che quasi non ci vedo più? Mi sento divenir cieco!

E si fregava gli occhi e camminava a tentone.

La moglie facea vista di averne dispiacere; ma come era contenta in cuor suo e come ringraziava Santa Lucia, che avea finalmente esaudito le sue preghiere? E con quale gioia andò a raccontare il fausto avvenimento al compare, il quale ne fu anch’egli lietissimo!

Il marito, accertatosi della tresca, giurò di uccidere la moglie ed il compare, dopo aver mangiato tutte le galline nere.

La donna continuò a tirare il collo alle galline pel marito, il quale di giorno in giorno fingeva di perder vieppiù la vista , finché un dì, mangiatasi l’ultima gallina, egli chiuse gli occhi e si diede a piangere ed a gridare che era cieco.

Proprio in quel punto bussò il compare e la donna, che era fuor dei panni per la gioia, corse ad aprirgli.

Il marito allora, presa una stanga si appiattò dietro la porta.

Il povero compare, mentre entrava tutto allegro, ricevette sul capo un colpo così terribile, che cadde a terra morto.

La moglie cominciò a levare alte grida e a piangere dirottamente, e tra i singhiozzi diceva al marito : Che avete fatto, sciagurato? Avete ucciso nostro compare !

Ed egli, tenendo sempre gli occhi chiusi, con dolore simulato, le rispondeva: Mi pareva il porco

Ma la donna non poteva consolarsi e si strappava i capelli e piangeva, piangeva

E quegli: Mi dispiace assai pel povero compare,

ma lu lagnarici di l’accadutu è spisa inutili

 tempu pirdutu (1).

Per ora pensiamo a nascondere il cadavere; questa notte poi andremo a buttarlo in qualche burrone; perché se viene a saperlo la giustizia, saremo condannati tutti e due.

La moglie, trovando giusto quello che diceva il marito, a poco a poco si acchetò.

Venuta la notte, egli le disse : Caricami il compare sulle spalle ; tu va avanti e guidami, ché io non ci vedo. Povero compare, aggiunse, chi glielo avrebbe mai detto che sarebbe stato ucciso da me, che gli volevo tanto bene! Ma che ci si può fare? Dio ha voluto così.

Uscirono di casa; la moglie camminava innanzi, maledicendo tra sé stessa il marito, questi, tenendo sulle spalle il corpo dell’ucciso, la seguiva

Si come cieco va dietro a sua guida

Per non smarrirsi, e per non dar di cozzo

In cosa che il molesti o forse ancida (2).

Non veduti da alcuno essi uscirono dal villaggio e, fatte più di due miglia per i campi, si fermarono sull’orlo d’un alto burrone, in fondo al quale scorreva rumorosamente un torrente.

Allora il marito gettò il corpo del compare nel burrone; poi, afferrata la moglie per la vita, ad onta delle sue grida disperate, la precipitò nell’abisso.

— Ora sono vendicato! esclamò egli, fregandosi le mani e ritornando al paese.

La dimane si conobbe la sparizione della donna e del compare; ma nessuno sospettò del marito, il quale si mostrava inconsolabile, e andava dicendo da per tutto ch’essi se n’eran fuggiti insieme.

Per qualche tempo si fecero delle ricerche, ma non si seppe mai nulla. E la cosa sarebbe rimasta sempre ignota, se il marito stesso, prima di morire, non avesse confessato il suo delitto.

Da questo fatto ebbe origine il detto comunissimo presso i nostri contadini: dar a mangiare ad uno le galline nere, che significa tradirlo nell’onore coniugale.

Emmanuele Gramitto, Xerri, Racconti popolari siciliani, Girgenti, 1885

NOTE ALLE GALLINE NERE. •

(1 GIOVANNI MELI, A Zu marchisi Simonetti.

(2) DANTE, Purgatorio, c. XVI, v. 10.

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento storia, racconto popolare

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